L’effetto della modalità di dialisi sugli outcomes del trapianto renale è ancora oggi oggetto di dibattito. Se da un lato alcuni autori negano l’esistenza di una reale influenza, altri invece suggeriscono che la dialisi peritoneale favorisce l’immediata ripresa funzionale dopo il trapianto, probabilmente contribuendo ad un miglior bilancio idrico. (Guillou PJ, Will EJ, Davison AM, Giles GR. CAPD a risk factor for renal transplantation? Br J Surg 1984; 71:878-80) [1], (Rubin J, Kirchner KA, Raju S, Krueger RP, Bower J. CAPD patients as renal transplant patients. Am J Med Sci 1987, 294:175-80 [2]), (Van Biesen W, Vanholder R, Van Loo A, Van Der Vennet M, Lameire N. Peritoneal dialysis favorably influences early graft function after renal transplantation compared to hemodialysis. Transplantation 2000; 69:508–14 [3]), (Guillou PJ, Will EJ, Davison AM, Giles GR. CAPD—a risk factor in renal transplantation? Br J Surg 1984; 71:878–80 [4])
Nel nostro studio abbiamo voluto valutare l’influenza della modalità dialitica pre-trapianto sulla funzione renale precoce e tardiva in un gruppo di pazienti sottoposti a trapianto di rene da donatore deceduto provenienti dalla dialisi peritoneale comparandola con quella di un gruppo di pazienti provenienti dall’ emodialisi prestando particolare attenzione alle complicanze precoci e tardive, principalmente a quelle di natura infettiva.
Lo studio è stato condotto presso l’UOC di nefrologia 2 con trapianto di rene dove ha sede il centro trapianti di rene “Leonardo Sciascia”. Nel centro trapianti che ha cominciato la sua attività nel 1993, sono stati eseguiti fino ad oggi 477 trapianti di rene. 91 riceventi provenivano dalla dialisi peritoneale , 11 da gennaio 2012 ad oggi.
La nostra è un’analisi retrospettiva formulata analizzando i dati raccolti dai pazienti trapiantati presso la nostra U.O. nel periodo dal primo Gennaio del 2000 al 31Dicembre del 2010 (N=423): abbiamo selezionato 38 pazienti in dialisi peritoneale che hanno ricevuto un trapianto di rene da donatore deceduto e li abbiamo messi a confronto con altrettanti pazienti in emodialisi .
Il gruppo di confronto è stato selezionato scegliendo il paziente in emodialisi sottoposto a trapianto di rene, presso questo centro, consecutivo o contemporaneo in ordine temporale al paziente proveniente dalla dialisi peritoneale. Abbiamo valutato le differenze cliniche dei pazienti in PD e in HD al momento dell’iscrizione in lista e il loro impatto sul case-mix con particolare attenzione all’anzianità dialitica. Abbiamo analizzato il decorso post-operatorio di entrambi i gruppi prestando particolare attenzione alle problematiche chirurgiche, ai giorni di DGF e alle infezioni. Sono state studiate le differenze in termini di ripresa funzionale, funzione renale a breve e lungo termine e gli episodi di rigetti acuti e cronici.
Per garantire un periodo minimo di osservazione clinica, abbiamo raccolto i dati fino al 31/12/2011 con una media della durata del follow-up di 50+/-32.8 mesi per i pazienti in DP e 53+/-36.5 mesi per i pazienti in HD.
Queste sono le caratteristiche cliniche dei nostri pazienti. I paz. in dialisi peritoneale sono più uomini che donne, stessa età media, età media al trapianto e stesso BMI.
Il follow-up è risultato un po’ più lungo per i pazienti in emodialisi.
I pazienti di entrambi i gruppi presentavano la stessa anzianità dialitica con una media di 71+/-62 mesi in dialisi peritoneale è 75+/-67.9 mesi per i pazienti in emodialisi.
Abbiamo quindi analizzato le caratteristiche dei donatori e del trapianto: l’età media dei donatori che era pressocchè omogenea, il numero dei mismatch sostanzialmente uguale, e i tempi d’ischemia che sono risultati minori per i pazienti in dialisi peritoneale verosimilmente perché i pazienti in dialisi peritoneale sono sempre pronti al trapianto, salvo infezioni intercorrenti (fig.2).
Dai dati da noi raccolti abbiamo analizzato le differenze cliniche in termini di case mix che è risultato, nei pazienti in dialisi peritoneale, più basso sia all’atto dell’iscrizione in lista ma soprattutto al momento del trapianto.
La ripresa funzionale è stata valutata in termini di DGF: i pazienti in dialisi peritoneale hanno avuto minori giorni di DGF mostrando più frequentemente un’immediata ripresa funzione rispetto ai pazienti in emodialisi; i nostri risultati confermano quanto affermato dalla letteratura, verosimilmente nei soggetti in dialisi peritoneale si ha l’assenza dell’ ipoperfusione del rene trapiantato dovuta all’UF della seduta dialitica pre trapianto [ Van Biesen et al. Transplantation 2000; 69:508-514 [3]] o dall’ assenza dell’ infiammazione acuta data dall’incompatibilità della membrana dialitica usata subito prima dell’intervento [Van Loo et al. J Am Soc Nephrol 1998; 9:473-481] o per i minori tempi di ischemia fredda che si hanno nei pazienti in dialisi peritoneale, in quanto questi, salvo infezioni intercorrenti, possono essere sempre considerati costantemente depurati e quindi pronti per l’intervento chirurgico di trapianto .
Inoltre spesso i pazienti in dialisi peritoneale, presentano una valida diuresi residua che aiuta nell’immediato post trapianto ad evitare le urgenze dialitiche [Rottembourg J, Allouache M, Issad B, et al: Outcome and follow-up on CAPD. Contrib Nephrol 89:16–27, 1991 [5], [Misra M, Vonesh E, Van Stone JC, et al: Effect of cause and time of dropout on the residual GFR: A comparative analaysis of the decline of GFR on dialysis. Kidney Int 59:754–763, 2001] [6] (full text)
Abbiamo analizzato la funzione renale a lungo termine valutando la creatininemia media e la proteinuria media che erano inferiore nei pazienti del gruppo proveniente dalla dialisi peritoneale rispetto a quelli provenienti dall’emodialisi (creatininemia DP vs HD: 2.166± 2.5mg\dl vs 2,24 +/-2.63 mg\dL; proteinuria DP vs HD: 0,178 ± 0,259 g/24h vs 0,252 ± 0,270 g/24h).
Non sono state registrate differenze significative sull’incidenza di complicanze quali infezioni della ferita chirurgica, nè linfocele, né incremento delle infezioni virali (fig.4).
Abbiamo analizzato la sopravvivenza del graft a tre anni: da questa analisi, condotta sull’intero gruppo di pazienti, non ripulito dei tre episodi di perdita immediata del graft per complicanze chirurgiche; risulterebbe che chi appartiene al gruppo di dialisi peritoneale ha un rischio di avere, a tre anni dal trapianto, un organo non funzionante 1,2 volte più elevato rispetto al gruppo degli emodializzati, ma la "p" non risulta significativa per cui, non sembrano esserci differenze sostanziali tra i pazienti emodializzati e quelli in dialisi peritoneale in termini di outcome del trapianto in linea con quanto detto con la letteratura fino a oggi (fig.5).
Come per la sopravvivenza del graft, anche per quella del ricevente abbiamo visto che gli appartenenti al gruppo di dialisi peritoneale hanno un rischio di morte a 5 anni di 1,2 volte più elevato rispetto al gruppo degli emodializzatima anche in questo caso la "p" non risulta significativa (fig.6).
Tuttavia riteniamo che il dato sia stato sostanzialmente alterato dai tre episodi di insuccesso dovuto a complicanze chirurgiche precoci, per cui l’ampliamento della casistica e l’allungamento del follow-up potranno ridurre i bias e dare forza scientifica ai risultati ottenuti.
[1] CAPD a risk factor for renal transplantation?
[2] CAPD patients as renal transplant patients.
[3] Van Biesen W, Vanholder R, Van Loo A et al. Peritoneal dialysis favorably influences early graft function after renal transplantation compared to hemodialysis. Transplantation 2000 Feb 27;69(4):508-14
[4]
[5] Rottembourg J, Allouache M, Issad B et al. Outcome and follow-up on CAPD. Contributions to nephrology 1991;89:16-27
[6] Misra M, Vonesh E, Van Stone JC et al. Effect of cause and time of dropout on the residual GFR: a comparative analysis of the decline of GFR on dialysis. Kidney international 2001 Feb;59(2):754-63 (full text)
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