Il cuore ed il rene sono due organi strettamente dipendenti l’uno dall’altro, i sia in termini strutturali che funzionali, la comparsa dell’insufficienza renale cronica , innesca parallelamente cambiamenti a livello cardiaco e viceversa. Nella malattia renale cronica , la dipendenza tra questi due importanti organi è amplificata, e i loro cambiamenti hanno un importante peso sugli outcomes dei pazienti. Infatti, nei pazienti con CKD, l’ipertrofia ventricolare sinistra è uno dei predittori più potenti di mortalità ed eventi cardiovascolare. E’ noto che il rene rende la vitamina D attiva ma nello stesso è un organo bersaglio di questo ormone, recentemente sono stati idendificati i recettori della vitamina D a livello del miocardio.
Nella prima parte del mio intervento, vedremo, i differenti effetti della vitamina D sul cuore, partendo dai modelli sperimentali, passando attraverso osservazioni di scienze di base e concludendo con dati sulla popolazione.
La vitamina D è un potente inibitore della sintesi delle renina sistemica , i ratti knockout per i recettori della vitamina D sviluppano ipertrofia ventricolare sinistra ed ipertensione arteriosa. In questo studio, l’obiettivo era , quello di valutare il ruolo del sistema renina –angiotensina nello sviluppo dell’ipertrofia ventricolare sinistra, quantificando con metodi di immunocolorazione e con la PCR real-time l’espressione a livello dei cardiomiociti della renina e dei recettori dell’AT-1°. Qui, vi presento due modelli di ratti, uno knockout per i recettori della vitamina D cardiaci e l’altro di controllo. Nel modello knockout per i recettori , l’espressione dell’RNA messaggero era significativamente aumentato cosi come le dimensioni dei cardiomiciti.
Dal modello sperimentale passiamo all’uomo. L’obiettivo di questo studio era , quello di valutare l’effetto della vitamina D, sull’ipertrofia ventricolare sinistra in pazienti affetti da iperparatiroidismo secondario in trattamento emodialitico. L’ipertrofia ventricolare sinistra, era definita in base alla massa ventricolare sinistra indicizzata alla superficie corporea e l’iperparatirodismo secondario, come PTHi > di 450 pg/ml. 15 pazienti venivano trattati con calcitriolo alla dose di 2 mcg ev a fine dialisi per due vv/settimana ed osservati per 15 settimane, mentre l’altro era il gruppo di controllo. Come si può osservare, la massa ventricolare sin si riduceva significativamente nel gruppo trattato con calcitriolo, da 178 a 155 gr/m2, mentre rimaneva pressocchè invariata nel gruppo di controllo. Parallelamente, nel gruppo trattato si osservava una riduzione significativa del PTHi e de livelli plasmatici di renina e ANP.
L’importanza dell’ecocardiografia è ben nota ai Nefrologi. A parte la stima della massa VS questa metodica permette un’accurata misurazione della funzione ventricolare sx (la frazione di eiezione) e del volume atriale sx. In questo lavoro noi abbiamo analizzato il rapporto tra volume atriale e la sopravvivenza in una coorte di pazienti in trattamento dialitico ed abbiamo trovato che la mortalità era significativamente maggiore nei pazienti con volume atriale sx aumentato (terzo tertile) rispetto a quella dei pazienti nel primo tertile (che avevano un volume atriale relativamente più piccolo) e questa associazione era indipendente dalla massa e dalla funzione VS. Inoltre, in uno studio longitudinale nella stessa coorte un aumento di 5 ml/anno di volume atriale sx si associava ad un incremento di circa l’80% del rischio relativo di eventi CV fatali e non fatali.
Questi dati sono stati confermati anche in studi su pazienti in trattamento dialitico peritoneale e nei portatori di trapianto renale.
Ma l’ecocardiografia non è sempre facile da ottenere in tempi accettabili, pertanto negli ultimi anni i ricercatori hanno intensificato lo studio dei biomarcatori cardiaci che permettano di stratificare e monitorare il rischio CV connesso alle alterazioni morfo-funzionali cardiache nei pazienti in dialisi. I principali biomarcatori identificati sono l’ANP e il BNP rispettivamente espressi maggiormente a livello dell’atrio e del ventricolo.
In questo studio abbiamo esaminato nei pazienti in dialisi il rapporto tra BNP e il volume atriale sx. Come potete osservare il BNP erano strettamente associati al volume atriale. Infatti circa il 40% della variabilità nei livelli circolanti di questo biomarcatore è spiegata dalla variabilità del volume atriale sx. Ma non solo, guardando ai dati longitudinali è emerso che il BNP coglieva le variazioni del volume atriale sx. Cioè, livelli più elevati di BNP si associavano ad un aumento più marcato del volume atriale sx.
Quindi nella malattia renale cronica, la riduzione dell’espressione dei recettori della vitamina D a livello renale si associa ad un aumentato rischio cardiovascolare. Questo rappresenta il razionale di partenza per uno studio clinico randomizzato per guardare gli effetti della vitamina D sul cuore.
Quindi entriamo nel cuore dello studio PRIMO cercando di evidenziare quelli che sono tutti i suoi punti di forza, rispondendo alla domanda se la vitamina D attiva, ovcvero il paracalcitolo riduce l’IVS, la disfunzione diastolica e gli eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia renale cronica stadio 3-4 con normale FE.
Velocemente vi ricordo il protocollo: pazienti in CKD 3-4 e GFR tra 15 e 60 ml/min, e IVS lieve moderata diasgnosticata all’ECO e PTH tra 50 e 300 pg/ml. Quindi dopo lo screening, i pazienti venivano studiati con la Rmcardiologica e sottoposti a prelievo ematico, quindi randomizzati ad assumere paracalcitolo o placebo. Dopo 24 e 48 settiamne ripetevano RM, eco e biomarcatori.
Questi gli end-point previsti.
Lo studio prevedeva la misurazione della massa sia con la RMN , che è una misura diretta , sia con l’eco , che invece stima la massa.
Nell’analisi è stata utlizzata la misura diretta, perché come dimostra questo lavoro, vi è un certo errore nella stima della massa con l’eco rispetto alla RMN.
Sono stati scrinati circa 800 pz, per vari motivi tanti sono stati esclusi fino a randomizzare 227 pz. Di questi 115 a paracalcitolo e 112 al placebo. Come già avete visto sono arrivati a 24 settimane circa 100 pz per gruppo e circa 90 a 48 settimane.
Qui vi mostro le caratteristiche di base. I due gruppi erano paragonabili, a parte una lieve differenza in termini di filtrato, il gruppo in paracalcitolo aveva un GFR lievemente più basso rispetto al placebo, sia se misurata con la creatinina che con la cistatina la differenza mediamente si aggirava introno a 5 ml/min
E passiamo ai risultati. Il PTHi si riduceva significativamente e rimaneva ben controllato per tutta la durata dello studio.
Come già avete sentito, l’end point primario era negativo, la LVM rimaneva costante nel gruppo trattato. Se ci spostiamo nel gruppo di pazienti con IVS, la differenza si assottiglia ulteriormente.
Allo stesso modo la funzione diastolica non migliora nel gruppo trattato in maniera significativa.
Ma passiamo ai punti di forza. Vi ricordo che il BNP è un affidabile biomarcatore di massa e funzione cardiaca, come potete osservare, nel gruppo tratattato con paralcitolo, i livelli di BNP si mantengono pressocché costanti mentre aumentano nel gruppo placebo placebo.
La differenza diventa statisticamente significativa quando ci spostiamo nel gruppo di pazienti con IVS.
Passiamo adesso al volume atriale sx. Come fa notare il grafico, il trattamento con paracalcitolo lo riduce significativamente, ma non solo, la differenza è sostanziale, dato che in termini numerici è dell’ordine del 9%. La differenza si mantiene anche se ci spostiamo nei soli pazienti con IVS.
Nel contesto dello studio Primo, la componente muscolare, cioè lo spessore parietale non ha subito alcuna variazione, mentre il volume si è ridotto.
Come si può spiegare questo fenomeno? può dipendere da una riduzione delle condizione di carico dell’atrio sinistro, come una riduzione del volume circolante,
ma tuttavia nello studio Primo non vi è alcuna differenza di variazione ponderale tra i due gruppi ed il controllo pressorio era identico.
Secondo può essere aumentata la compliance ventricolare.
Siccome abbiamo escluso la prima causa, l’unica spiegazione è che sia aumentata la compliance del volume ventricolare sinistra.
Anche in termini di ospedalizzazioni cardiovascolari il paracalcitolo ha mostrato la sua efficacia. 8 ospedalizzazioni nel placebo a fronte di una sola nel gruppo trattato con una p significativa.
Gli elementi avversi erano paragonabili nei 2 gruppi anche se nel gruppo trattato con paracalcitolo vi era una maggiore incidenza di ipercalcemia.
Infine occupiamoci della funzione renale, abbiamo sentito che l’eGFR si riduceva maggiormente nel gruppo trattato rispetto al placebo
Ma Agarval nel 2011 aveva mostrato come l’attivazione dei recettori della vitamina D nel breve periodo inducevano un aumento della creatininemia senza effetti sui livelli di filtrato glomerulare
Infatti se rivediamo il filtrato misurato a partire dalla cistatina, non vi era alcuna differenza nei due bracci di trattamento.
Chromosome 12, intron 8
L’ipotesi che gli elevati livelli di ANP e BNP nei dializzati dipendano principalmente dalla ridotta o abolita clearance renale è di fatto superata. In questo lavoro del nostro gruppo, noi abbiamo paragonato i livelli circolanti di ANP e BNP nei pazienti in dialisi e in un gruppo di soggetti sani. Come potete osservare i pazienti in dialisi con ipertrofia ventricolare sinistra avevano livelli di ANP e BNP che erano circa quattro volte maggiori di quelli dei soggetti normali mentre i pazienti in dialisi senza IVS avevano dei livelli circolanti di ANP e BNP solo lievemente aumentati rispetto a quelli dei soggetti normali. Ciò dimostra che le alterazioni del VS, piuttosto che il semplice accumulo dovuto ad una ridotta o abolita clearance renale, sono i maggiori determinanti dei livelli circolanti dei peptidi natriuretici nei pazienti in dialisi. A conferma che elevati livelli di ANP e BNP hanno una comune base patofisiologica vi è il fatto che…
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