Negli ultimi anni, nel trattamento dei tumori solidi è aumentato l’impiego di terapie a bersaglio molecolare come inibitori diretti del vascular endothelial growth factor - VEGF (bevacizumab), inibitori tirosin-chinasi del recettore per VEGF (VEGFR-TKI: sunitinib, sorafenib, pazopanib) ed inibitori della trasduzione del segnale come mTOR (everolimus, temsirolimus); la loro azione riduce la neo-vascolarizzazione e la crescita tumorale (figura 1).
La tossicità renale delle “terapie target” rappresenta un problema emergente, non solo per il loro sempre più esteso utilizzo ma anche per la maggior sopravvivenza dei pazienti e di conseguenza una maggior durata di queste terapie. Vari meccanismi patogenetici del danno renale sono ad oggi ipotizzati.
Il coinvolgimento renale è frequente (circa 8-30% dei casi), maggiore nei pazienti con carcinoma renale in alcune casistiche; in genere è rappresentato da proteinuria non nefrosica (in particolar modo in corso di bevacizumab) e nella maggior parte dei casi è causato da forme di microangiopatia trombotica secondaria.
Le linee guida non prevedono sospensione dei farmaci per proteinurie fino a 2 g/24h, ma sempre più frequentemente sono descritte glomerulopatie secondarie, in alcuni casi anche persistenti all’interruzione del trattamento.
Descriviamo 13 pazienti consecutivi (8F, 5M; età media 63±16 aa) trattati con TT per neoplasie metastatiche (figura 2), inviati dai colleghi oncologi dal giugno 2012 all’ambulatorio di nefrologia per la comparsa di un evento avverso renale.
CARATTERISTICHE ALLA PRIMA VISITA E AL FOLLOW-UP MOSTRATE IN FIGURA 3
LA TIPOLOGIA DI DANNO RENALE COSI’ RAPPRESENTATA:
Follow-up medio dalla prima visita nefrologica: 7,5 mesi
In tutti i pazienti nei quali è stato deciso di modificare la TT (n=8/13) (con riduzione delle dosi nel 37% dei casi -3/8 pz- e sospensione nei restanti 5 casi) abbiamo osservato una regressione del coinvolgimento renale: riduzione media della creatininemia di 0,5 mg/dl e/o riduzione media della proteinuria delle 24h di 1,5 g, in un tempo medio di 4 mesi (range 2-6 mesi).
Dei 5 pazienti nei quali si è deciso di sospendere la TT, è stato possibile riprenderla poi in 2 casi, in un tempo medio di 4,5 mesi.
Nei restanti 3 pz l’evento avverso renale non ha consentito la ripresa della terapia.
Non si sono verificati decessi nel periodo di osservazione.
In questa iniziale casistica, la complicanza più frequente in corso di “target therapy” per cui è stato richiesto l'intervento del nefrologo è stata l’insufficienza renale isolata (54%); in minor misura la proteinuria isolata (31%) o entrambe le complicanze (15%).
La comparsa di proteinuria isolata sembra essere legata prevalentemente agli inibitori VEGF (bevacizumab, 80% dei casi), mentre l’insufficienza renale isolata maggiormente ai VEGFR-TKI (sunitinib, pazopanib, 75% dei casi) e agli inibitori di mTOR (everolimus, 67% dei casi).
! Il coinvolgimento renale nei pazienti oncologici in TT può essere comunque multifattoriale (presenza contemporanea di disidratazione, anemizzazione, utilizzo di Ace-inibitori, FANS, diabete): solo un’ accurata diagnosi differenziale iniziale permette di attuare modifiche mirate alla TT nel singolo paziente ¡
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