L’epatite colestatica fibrosante (fibrosing cholestatic hepatitis, FCH) correlata a HCV (FCH-C) si caratterizza per l’elevata carica virale che causa diretta epatotossicità, progressiva insufficienza epatica e morte. Di recente, il sofosbuvir, nucleotide orale inibitore della polimerasi-NS5B, si è rivelato un farmaco efficace per il trattamento interferon-free dell’infezione cronica HCV. Non ci sono però segnalazioni che ne documentino l’efficacia nella FCH-C dopo trapianto renale.
Riportiamo il caso di un ricevente di trapianto renale positivo per HIV-HCV che ha sviluppato una FCH-C correlata, trattata con sofosbuvir.
Un uomo di 47 anni, portatore di trapianto renale da 40 giorni, con funzione renale stabile (creatininemia 1,7 mg/dl) in terapia con ciclosporina (CYA), micofenolato mofetil (MMF) e metilprednisolone, veniva ricoverato per il progressivo deterioramento della funzione epatica. In anamnesi: infezione cronica da HCV, infezione da HIV in terapia antiretrovirale (viremia indosabile da 6 anni), e collapsing-FSGS in ESRD da 11 anni. Al momento del trapianto l’HCV-RNA era 265.400 IU/mL. All’atto del ricovero il paziente mostrava il rialzo della bilirubina (da 2,8 a 5.8 mg/dl), delle gamma-GT 461 IU/L, delle ALT 577 IU/L, e della viremia (HCV-RNA 69.326.200 IU/mL). La biopsia epatica evidenziava un quadro di FCH con inclusioni virali intracellulari. Si dimezzava la posologia della CYA e si sospendeva il MMF. Seguiva un progressivo miglioramento della funzione epatica. Tuttavia, rimanendo la viremia ancora elevata, dopo due mesi si avviava trattamento con sofosbuvir (uso compassionevole) + ribavirina. Dopo 4 settimane di tale terapia l’HCV-RNA diventava indosabile e gli indici di funzionalità epatica rientravano stabilmente nella norma. Terminate le 12 settimane di terapia, anche la funzione renale si manteneva stabile, e si decideva di riprendere MMF e dosaggi standard di CYA.
La terapia interferon-free basata sul sofosbuvir può essere un efficace e sicuro approccio per la FCH-C nel trapianto di rene.