La nefropatia da mezzo di contrasto iodato (CIN) è stata riportata con un’incidenza da 0,6 a 2,3%, prevalentemente dopo indagini arteriografiche. Il presente studio si ripropone di valutare il rischio di CIN nella pratica clinica quotidiana, studiando prospetticamente pazienti sottoposti a indagini contrastografiche e.v. arruolati consecutivamente.
Sono stati studiati 611 pazienti (255 donne, 356 uomini, età 66 ± 13) sottoposti a indagini contrastografiche e.v. con mdc scelto dal radiologo in base al tipo di indagine e al quesito diagnostico. Sono stati analizzati: a) mdc utilizzato e quantità; b) comorbidità; c) terapia associata; d) storia di nefropatia; e) creatininemia e VFG (formula MRDR) prima e dopo l’esame radiologico. La CIN è stata definita come riduzione del 25% del VFG nelle 24 ore successive all’indagine. I pazienti con insufficienza renale sono stati trattati con un protocollo comprendente: Acetilcisteina; idratazione e infusione di Na bicarbonato prima dell’indagine.
I pazienti inclusi sono stati sottoposti ad indagini TC utilizzando Iopamidolo nel 83% dei casi, Iomeprolo nel 8%, Iobitridolo e Iopramide nel 4 % rispettivamente, o Iodixanolo nel restante 1 %; la quantità infusa era in media 97 ± 17 ml. Il 45% dei pazienti soffriva di ipertensione arteriosa; il 14,5% DM2; il 6,5% presentava riduzione del VFG (di questi il 5% in stadio 2, il 58% stadio 3 e il 37% stadio 4). Il 27% dei soggetti era in terapia con sartanici o ace-inibitori e il 20% assumeva cronicamente diuretici. Nessun paziente studiato ha dimostrato una riduzione della VFG maggiore del 25%, nelle 24 ore successive all’indagine, indipendentemente dalla presenza di fattori comorbidi, dalla riduzione del VFG, o dalla terapia farmacologica.
I risultati preliminari dello studio suggeriscono che la somministrazione di mdc per via endovenosa, associata a terapia profilattica nei soggetti con riduzione del VFG, non sembra comportare un rischio significativo di nefropatia