La nefropatia da contrasto (CIN) è definita come insufficienza renale acuta (AKI) insorta entro 48-72 ore dall’esposizione a un mezzo di contrasto iodato (MdC). Tuttavia la sua incidenza è estremamente variabile e i reali confini di questa entità nosografica sono dibattuti, per cui abbiamo valutato prospetticamente l’incidenza di AKI dopo MdC in pazienti ospedalizzati, identificandone i fattori rischio (FR) per valutarne il reale potenziale nefrotossico.
Dal novembre 2012 all’agosto 2013 sono stati arruolati 429 pazienti ospedalizzati esposti a 550 procedure con MdC intravenoso (ev) o intrarterioso (n=163; 29.6%), di cui 324 urgenti (58.9%).
L’incidenza di CIN è stata del 4% (23/550), con un aumentato rischio di dialisi cronica (5% vs 0.25%) e morte (19% vs 4%); all’analisi multivariata l’unico FR per CIN è l’instabilità emodinamica (da qualsiasi causa) (OR=61, 95%CI: 17-215), mentre gli altri noti FR non sono risultati significativi.
Sorprendentemente, dopo 53 procedure (9.6%), è stato osservato un miglioramento della sCr maggiore del 25% (“inverse-CIN”), che è associato all’idratazione ev peri-procedurale (OR=62, 95%IC 3.788-1027), ad una peggiore funzione renale (53 vs 62 mL/min/1.73m2, p<0.0001) e a un più elevato volume di MdC (volume/eGFR: 4.3 vs 3.3, p<0.0001).
Criteri più stringenti per la definizione della CIN sono necessari per evitare il rischio di stabilire un nesso di causalità tra MdC e AKI; inoltre sovrastimare la CIN è rischioso in quanto può indurre a rinunciare ad importanti accertamenti diagnostici.
Il comportamento paradosso dei pazienti con “inverse-CIN” suggerisce che il potenziale nefrotossico del MdC di per sé sia discutibile dopo adeguata preparazione.