E' ben noto che pazienti HIV positivi possono sviluppare insufficienza renale per danno virus relato, meno conosciute invece sono le nefropatie secondarie al trattamento antiretrovirale.
Riportiamo il caso di una donna di 52 anni HIV positiva dal 1999 in trattamento con atazanavir e ritonavir dal 1990, coinfetta HCV ( genotipo 1a/b) resistente a pregressi trattamenti con interferone, ribavirina.
In anamnesi si segnalava ipertensione arteriosa e proteinuria nefrosica, pregressi episodi di macroematuria associati a dolore colico. La prescrizione di aceinibitori permetteva la riduzione della proteinuria a 485 mg/ 24h .
L’ecografia renale mostrava spot iperecogeni midollari con coni d’ombra, alla uroTC assenza di depositi di calcio o calcoli. Al sedimento urinario presenza di cristalli aghiformi, birifrangenti a luce polarizzata, numerose emazie , rari cilindri ialini e leucociti. La clearance della creatinina era 55 ml/min, non ipocomplementemia, viremia HIV assente, CD4 1435/ μl.
Considerato il peggioramento della funzione renale con microematuria e proteinuria si praticava biopsia renale. Il quadro bioptico era compatibile con diagnosi di glomerusclerosi focale segmentaria e nefrite interstiziale. Visibili in alcuni tubuli cristalli aghiformi birifrangenti a luce polarizzata, simili a quelli del sedimento urinario, circondati da reazione istomacrofagica gigantocellulare ( fig 1). La letteratura riporta infatti che atazanavir e darunavir raggiungono elevate concentrazioni urinarie, sono insolubili a ph urinari fisiologici e possono precipitare.
Il nostro caso suggerisce cautela e attenzione nei pazienti trattati con inibitori di proteasi . Questi farmaci possono indurre nefrite interstiziale, tubulopatia cronica, calcolosi per depositi intraparenchimali ed escrezione di cristalli di farmaco, prudenza dovrebbe essere praticata in chi ha già una storia di calcolosi.
I pazienti trattati con questi farmaci dovrebbero essere informati del rischio di sviluppare calcoli.