L'amiloidosi AL rappresenta un'importante causa, potenzialmente curabile, di sindrome nefrosica secondaria ed insufficienza renale. Abbiamo analizzato l’incidenza e l’evoluzione clinica dei casi di amiloidosi AL, registrati nell’Archivio Interdipartimentale delle Amiloidosi del nostro Ospedale, nel periodo 2009-2014.
Tra il 2009 ed il 2014 sono stati diagnosticati nella Azienda Ospedaliera di Trieste 21 casi di amiloidosi AL, 12 maschi e 9 femmine, con età media alla diagnosi di 67 anni.
Il sospetto diagnostico è stato posto principalmente dal nefrologo (48%), e l’organo più spesso coinvolto è stato il rene (17 pazienti, 81%), seguito dal cuore (62%) e fegato (48%). Il coinvolgimento renale si è manifestato con sindrome nefrosica (10 pazienti, proteinuria media 9,9g/24h), o proteinuria non nefrosica (4 pazienti, media 0,97g/24h). In 9 pazienti vi era inoltre insufficienza renale all’esordio (creatinina media 2,14 mg/dL). Nel 43% dei pazienti non vi era un picco monoclonale all’elettroforesi sierica che facilitasse il sospetto diagnostico. Il dosaggio delle catene leggere libere monoclonali, introdotto nel nostro laboratorio nel 2012, ha ridotto notevolmente il tempo necessario per arrivare alla diagnosi (da 20 a 5 mesi di media). I regimi terapeutici utilizzati sono stati principalmente a base di Bortezomib; con una risposta ematologica nel 73% dei casi, e renale nel 46% dei pazienti. I pazienti responder renali presentavano un eGFR medio basale più elevato rispetto ai non responder (68 versus 42 ml/min/1,73m2) ed un BNP inferiore (335 versus 729 pg/ml); non vi erano invece differenze in termini di risposta ematologica. 8 pazienti (38%) sono deceduti durante il follow up.
L’impiego delle free light chain per la diagnosi e del bortezomib per la terapia dell’amiloidosi AL hanno notevolmente migliorato la prognosi rispetto a quanto riportato dalla letteratura sin pochi anni fa. La funzione renale di base e il coinvolgimento cardiaco rappresentano dei fattori predittivi di risposta renale alla terapia.