I pazienti emodializzati vengono abitualmente sottoposti ad attenta sorveglianza sul piano clinico e laboratoristico. Non sempre viene posta grande attenzione agli aspetti psico-attutudinali che li riguardano, anche se essi possono rappresentare un importante indicatore della capacità professionale del nefrologo nella realizzazione di cure "efficaci". Tali aspetti sono ritenuti di fondamentale importanza per far sì che si venga a concretizzare "intenzionalmente" la cosiddetta aderenza terapeutica [1] ossia l'insieme delle modalità con cui il paziente segue le raccomandazioni formulate in termini di progetto di cura che lo riguarda. Essa è basata sulla fornitura di dettagliate informazioni finalizzate a realizzare un coinvolgimento attivo e collaborativo del paziente nella pianificazione e nell’attuazione del suo trattamento terapeutico [Figura 1].
Abbiamo esaminato 50 pazienti emodializzati cronici (36 M e 14 F), suddividendoli in tre gruppi in base al loro grado di aderenza terapeutica (basso, medio, alto) definito attraverso il giudizio condiviso dell’équipe dei curanti. Abbiamo rilevato uno score "composito" di outcomes che tenesse conto di alcuni aspetti rilevati sul piano clinico (stato nutrizionale, incremento ponderale interdialitico, pressione arteriosa, sintomi uremici), sul piano laboratoristico (iperfosforemia, iperpotassiemia) e sul piano psico-sociale (insonnia, ansia, depressione). Abbiamo, inoltre, rilevato la presenza/assenza di un percorso di educazione terapeutica [2] svolto durante la fase di progressione della malattia renale cronica in terapia “conservativa”.
I pazienti con una migliore aderenza hanno fatto rilevare i migliori outcames clinici e laboratoristici [Figura 2]. L'analisi delle delle storie personali di ogni singolo soggetto sembrerebbe suggerire che lo sviluppo di un precedente percorso di educazione terapeutica strutturata con l'apporto di un gruppo di lavoro cooperativo [3] multidisciplinare (medico, psicologo, infermiere, dietista, assistente sociale) si è dimostrato molto incisivo nel raggiungimento dei migliori outcames, tanto sul piano clinico-laboratoristico, quanto su quello psico-sociale e attitudinale.
È notorio che un buon rapporto tra il medico e il paziente [4] (full text) ha influenza positiva sulla sfera psicologica del paziente. I risultati del nostro studio sembrano dimostrare che vi siano risvolti positivi in termini di efficacia “globale” della cura. Rivolgendo maggiore attenzione all’educazione terapeutica finalizzata a sviluppare la migliore aderenza terapeutica “intenzionale”, si può tradurre in un miglioramento degli outcames in emodialisi.
[1] Burnier M, Pruijm M, Wuerzner G et al. Drug adherence in chronic kidney diseases and dialysis. Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association - European Renal Association 2015 Jan;30(1):39-44
[2] Jain N, Reilly RF Effects of dietary interventions on incidence and progression of CKD. Nature reviews. Nephrology 2014 Dec;10(12):712-24
[3] Davison SN, Levin A, Moss AH et al. Executive summary of the KDIGO Controversies Conference on Supportive Care in Chronic Kidney Disease: developing a roadmap to improving quality care. Kidney international 2015 Sep;88(3):447-59
[4] Agarwal R Individualizing decision-making--resurrecting the doctor-patient relationship in the anemia debate. Clinical journal of the American Society of Nephrology : CJASN 2010 Jul;5(7):1340-6 (full text)
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