Le malattie linfoproliferative post-trapianto (PTLD) sono una complicanza rara ma severa del trapianto renale. La ricerca dei fattori di rischio per lo sviluppo di PTLD ha fornito risultati contrastanti riguardo al ruolo della terapia immunosoppressiva (IS) di induzione e di quella di mantenimento.
In 8 Centri Trapianto italiani sono stati arruolati retrospettivamente i riceventi di trapianto di rene che hanno sviluppato una PTLD (casi) e per ciascuno di essi quattro controlli abbinati per centro, sesso, età (±5 anni), anno di trapianto (±1) e tipo di donatore (vivente vs. deceduto).
Abbiamo arruolato 49 casi e 196 controlli (età media 42.6±13.6; maschi 75%), il tempo medio di insorgenza di PTLD è stato di 104±65 mesi dal trapianto. Le terapie di induzione non differivano significativamente tra casi e controlli (siero anti-linfocitario,ATG: 14.6% vs. 16.0%; basiliximab 37.5% vs. 32.9%, no induzione 47.9% vs 51.1%, p=0.78). Per la terapia di mantenimento, non erano significativamente diversi i livelli ematici medi di ciclosporina (p=0.62), tacrolimus ( p=0.89), e mTORi ( p=0.26), la variabilità intra-individuale (coefficiente di variazione) dei livelli di CNI (p=0.26), il numero di farmaci (p=0.24), la tipologia degli stessi e la posologia media/kg (dati non mostrati)
Il sottogruppo dei pazienti EBV-sieronegativi al trapianto (14 casi, 26 controlli), che avevano assunto dosaggi oltre la mediana di tacrolimus (>0.075 mg/Kg/die) o di ciclosporina (>3.25 mg/Kg/die), avevano però un rischio aumentato di PTLD (Odds Ratio 8.5, p=0.020), statisticamente diverso rispetto ai pazienti EBV-sieropositivi esposti allo stesso range di dosi (test di interazione tra livelli CNI e sieropositività EBV: p=0.029).
Le diverse terapie immunosoppressive, sia di induzione che di mantenimento, non sembrano associate ad un rischio di PTLD “per se”. I pazienti EBV-sieronegativi al trapianto esposti ad alte dosi di CNI sembrano però avere un rischio aumentato di PTLD.