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SESSIONE POSTER I

IL MONITORAGGIO DEL CATETERE PERITONEALE NELLA REGIONE TOSCANA

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Razionale

Il successo della Dialisi Peritoneale (DP) è strettamente correlato alla presenza di un catetere peritoneale (CP) ben funzionante e durevole nel tempo (Sander M. Hagen, 2013 [1]). Le sue complicanze possono avere un impatto rilevante sull’outcome della metodica dialitica e sono talora causa del trasferimento del paziente in Emodialisi (HD). Il censimento italiano del GdS DP 2010 riportava un drop-out  verso HD per causa catetere dell’8.9%. I dati del censimento Toscano 2010 avevano evidenziato una più elevata percentuale (21.9%) mostrando una evidente criticità rispetto ai dati nazionali. Si rendeva pertanto necessaria un’analisi più approfondita sulla gestione del catetere peritoneale.

Casistica e Metodi

Dal 2011 il Gruppo Toscano di Dialisi Peritoneale ha avviato audit clinici multicentrici annuali finalizzati alla gestione del CP. È stato inoltre costruito e condiviso un database per la raccolta dei dati relativi al CP, con particolare riguardo alla tipologia del catetere, alla tecnica di posizionamento  ed agli operatori dedicati, al timing di inserzione  ed alla rilevazione delle complicanze.

L’osservazione è stata condotta su una popolazione di 349 pazienti di cui  270 incidenti dal gennaio 2011 al dicembre 2013.

Risultati

Il catetere di Tenckhoff con doppia cuffia  sia nella sua configurazione tradizionale che in quella modificata (autolocante o catetere Di Paolo) è il catetere maggiormente utilizzato (in oltre l’80% dei pazienti). Viene posizionato con tecnica chirurgica “open” (319 pz = 91%), in anestesia locale, e accesso prevalente in pararettale (188 pz =54%) o alternativamente  lungo la linea alba (138 pz = 39,5%). In progressiva crescita la tecnica laparoscopica (9%) (Figura 1).

Non è stata rilevata una differenza statisticamente significativa sulla sopravvivenza media dei vari tipi di catetere utilizzati (Figura 2).

Complicanze sono state registrate in 97 pazienti (28% dei casi) in 35 dei quali entro il primo mese dal posizionamento. Per 19 è stato indispensabile rimuovere il catetere ma soltanto per 8 pazienti si è reso necessario il passaggio al trattamento emodialitico (2,3 % di drop out dalla DP per causa catetere) (Figura 3).

A fronte di un numero maggiore di cateteri peritoneali inseriti nel 2013 vs biennio precedente (137 vs 133), si è registrata una minore incidenza di complicanze, sia precoci che tardive (29,3% vs  27,7%) (Figura 4).

Discussione

Il Gruppo Toscano di Dialisi Peritoneale ha in questi ultimi anni organizzato una serie di incontri fra tutte le figure professionali impegnate nell’inserimento e nella gestione del catetere peritoneale. Questo ha condotto alla stesura di procedure condivise e favorito il progressivo affermarsi nei centri toscani di un team nefro-chirurgico dedicato al posizionamento del catetere, come già proposto e sperimentato in altri centri (John H. Crabtree, 2010 [2] (full text)Leslie P. Wong, 2010 [3] (full text); Sander M. Hagen, 2013 [1]). In conseguenza, la minore incidenza di complicanze osservata nell’ultimo anno sulla nostra popolazione incidente rispetto al biennio precedente, sebbene non statisticamente significativa, rappresenta un dato incoraggiante.   

Il leakage, tra le precoci, e le infezioni dell’exite site e della membrana peritoneale, fra quelle tardive, emergono ancora come le principali complicanze del CP e limitarne ulteriormente l’incidenza deve essere quindi considerato un obiettivo primario (Fig 5 e 6).

In accordo con i dati della letteratura, nessuna differenza statisticamente significativa è stata rilevata tra sopravvivenza media e tipo di catetere peritoneale utilizzato a testimonianza che la gestione del catetere (corretto inserimento, costruzione del tunnel e dell’exite site, training del paziente e cura meticolosa dell’emergenza cutanea) sembra essere più  importante della tipologia stessa del catetere (Roberto [4] (full text)Dell’Aquila, 2007 [4] (full text);  Michael Flanigan, 2005 [5] (full text)).

L’attento monitoraggio del CP e la più stretta collaborazione  fra nefrologo e chirurgo possono in parte spiegare l’alta percentuale di riposizionamento del catetere osservabile nei nostri casi con conseguente riduzione del drop out  dalla metodica dialitica peritoneale.

Conclusioni

L’approccio multidisciplinare, la condivisione di percorsi e protocolli, l’attento sistema di monitoraggio dei dati, la partecipazione a gruppi di lavoro precostituiti su argomenti comuni e la diffusione di un team nefro-chirurgico dedicato hanno aiutato a migliorare la nostra pratica clinica. Il monitoraggio costante e la verifica del risultato sono condizioni indispensabili per lo  sviluppo della dialisi peritoneale.

release  1
pubblicata il  13 marzo 2014 
da G.M. Caselli - C. Del Corso per il Gruppo Toscano di Dialisi Peritoneale
(Stefano Aterini, Marina Barattini, Maurizio Belluardo, Francesca Cappelletti, Antonio Carlini, Battista Catania, Antonio Cioni, Marina Consaga, Pietro Dattolo, Viviana Finato, Elisabetta Giovannetti, Luca Massanti, Alvise Mencherini, Daniela Palmarini, Enrico Sansoni,Francesco Santori, Stefano Sposini, Costanza Tattanelli)
Parole chiave: catetere peritoneale
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