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SESSIONE POSTER I

MALATTIA POLICISTICA E COMUNICAZIONE PERITONEO-PLEURICA IN DIALISI PERITONEALE

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INTRODUZIONE

La comunicazione peritoneo-pleurica (CPP) è una rara complicanza della dialisi peritoneale, correlata con l’aumentata pressione intraddominale esercitata dalla soluzione dialitica. La sua incidenza varia dal 1.6% al 10% nei pazienti in trattamento dialitico peritoneale, è più frequente nel sesso femminile con predominanza a carico della porzione destra del diaframma. Tale condizione può anche essere associata a cause congenite, quali i difetti della superficie del diaframma (Figure 1-2), o acquisite, quali i traumi, l’amiloidosi coinvolgente il diaframma, la sindrome di Denis-Drash (Lew S - 2010 [1] (full text)). I pazienti affetti da nefropatia policistica (ADPKD) in trattamento dialitico peritoneale presentano un’aumentata incidenza di idrotorace (Fletcher S - 1994 [2]). Clinicamente si associa in genere a comparsa improvvisa di dispnea, tosse, oppressione toracica. La sintomatologia si manifesta nella maggioranza dei casi nel corso dei primi scambi peritoneali e la diagnosi è avvalorata dalla comparsa di versamento pleurico al radiogramma del torace (Figure 3-4). La diagnosi può essere confermata dall’esecuzione di toracentesi che rivela la presenza di glucosio nel liquido pleurico (cutoff tra glicemia e glicopleuria= 50 mg/dl) (Kai Ming Chow - 2002 [3] (full text)). Può essere utilizzata anche l’instillazione di blu di metilene nella cavità peritoneale poi rilevato nel liquido pleurico. L’approccio conservativo prevede la sospensione temporanea della PD per favorire la riparazione della superficie diaframmatica o l’utilizzo di ridotti volumi di scambio lasciando il paziente ad addome vuoto durante il giorno. Al fine di evitare trattamenti chirurgici particolarmente invasivi, la tecnica VATS (video-assisted thoracic surgery) può essere utile sia nell’identificazione dei difetti diaframmatici sia nel loro trattamento tramite pleurodesi con instillazione di agenti sclerosanti o di talco. In letteratura esistono opinioni discordanti relativamente all’impiego della metodica dialitica peritoneale in pazienti affetti da ADPKD (Kumar S - 2008 [4], Goffin E - 2009 [5]). In alcuni Centri i pazienti con ADPKD non vengono sottoposti a DP per il limitato spazio intraddominale e per il potenziale rischio della comparsa di ernie, leakage e idrotorace (Lin Li – 2011 [6]).

SCOPO DELLO STUDIO

Per verificare se la Malattia Policistica Dominante dell’Adulto fosse associata ad un maggior fallimento della metodica dialitica peritoneale, abbiamo condotto uno studio retrospettivo sui pazienti affetti da ADPKD sottoposti a dialisi peritoneale dal 12/7/1979 al 31/12/2013 afferenti al nostro Centro, valutando la prevalenza della comunicazione peritoneo-pleurica quale causa di dropout.

RISULTATI

Sono stati arruolati 920 pazienti in dialisi peritoneale seguiti presso il nostro Centro. Il 4.6% (42 pazienti) era affetto da ADPKD e presentava una durata mediana in dialisi peritoneale di 32 mesi (IQR 18-57, range 3-156). A fine osservazione, sei pazienti (14%) risultavano essere ancora in DP; 9 pazienti (21%) erano stati sottoposti a trapianto di rene, 8 pazienti (19%) erano deceduti e 19 pazienti (45%) erano stati trasferiti ad emodialisi. La comunicazione peritoneo-pleurica era la causa dello shift in 5 pazienti (26.3%) con predominanza di soggetti di sesso femminile (4 pazienti su 5). Il break-in medio risultava essere di 21 giorni (range 10-45).La CPPsi verificava precocemente in 4 pazienti (rispettivamente dopo 1, 5, 39 e 71 giorni dall’inizio del trattamento dialitico peritoneale), tutti con metodica automatizzata (APD). Il quinto paziente era invece in trattamento con metodica manuale (CAPD) e la CPPsi rendeva manifesta tardivamente, dopo 7 mesi dall’inizio della dialisi.

Una paziente è stata sottoposta a talcaggio in VATS (video-assisted thoracic surgery) con iniziale buon risultato e successiva ripresa della dialisi peritoneale a un mese dall’intervento (Figura 5). Dopo 5 mesi di metodica automatizzata notturna (I° carico 1500 ml, Tidal 65%) si assisteva alla recidiva della CPP ed al conseguente definitivo trasferimento in emodialisi. In un’altra paziente è stato invece effettuato un duplice tentativo di pleurodesi con talco che ha dato esito negativo.

Negli altri 878 pazienti che avevano effettuato la dialisi peritoneale per uremia terminale secondaria ad altre nefropatie, la durata mediana della metodica era di 24 mesi (IQR 9-48, range 3-225). Di questi, quattro pazienti (0.5%) erano stati trasferiti ad emodialisi per CPP (p<0.001 vs. ADPKD) rispettivamente dopo 2, 3, 5 e 76 mesi dall’inizio della DP (Figura 6).

CONCLUSIONI

Nella nostra esperienza l’impiego della dialisi peritoneale non sembra essere una controindicazione assoluta nei pazienti affetti da nefropatia policistica: la sopravvivenza della metodica è sovrapponibile a quella dei pazienti in DP per altre nefropatie. L’insorgenza della comunicazione peritoneo-pleurica è più frequente nei pazienti con ADPKD ma la sua prevalenza non preclude l’utilizzo della dialisi peritoneale come valida terapia sostitutiva.

BibliografiaReferences

release  1
pubblicata il  13 marzo 2014 
da Vizzardi V.¹, Sandrini M.¹, Liut F.¹, Marchetti G.², Benvenuti MR.³, Ravera S.¹, Manili L.¹, Cancarini G.¹
(¹U.O.C. di Nefrologia, Spedali Civili e Università di Brescia; ²O.U. di Pneumologia, Spedali Civili di Brescia; ³O.U. di Chirurgia Toracica, Spedali Civili di Brescia)
Parole chiave: Idrotorace
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