Dializzare un paziente cirrotico è problematico per i rischi di emorragie, malnutrizione e peritoniti. Presentiamo la nostra esperienza in un paziente cirrotico in dialisi peritoneale.
Paziente di 77 anni, affetto da cardiomiopatia dilatativa, fibrillazione atriale cronica in TAO, cirrosi epatica di nnd, diabete mellito di tipo II.
Nel 2008: prima visita nefrologica per GFR di 21 ml/min sec. CKD-EPI.
Successivo peggioramento della funzione epatica e renale.
Nel 2013, ritenzione idrica, con dispnea ed edemi, ed azotemia in aumento. Inizia dialisi peritoneale.
L’azotemia scendeva a 86 mg/dl, albuminemia, kaliemia, idratazione e stato nutrizionale erano normali, con un unico scambio con 1.36% 2000 cc.
Dagli studi eseguiti, retrospettivi e con pochi numeri, la stabilità emodinamica è migliore nella dialisi peritoneale che nell’emodialisi. La dialisi peritoneale riduce la volemia in maniera più lenta e la diuresi residua più a lungo. L’ascite viene rimossa lentamente. Non c’è bisogno di anticoagulanti per il trattamento, perciò non c’è il rischio emorragico.
Questi pazienti sono a rischio malnutrizione per perdita di proteine con il dialisato e per carente produzione in sede epatica.
Gli studi condotti evidenziavano un’alta perdita di proteine all’inizio del trattamento con riduzione nel tempo. Nonostante i pazienti cirrotici fossero maggiormente malnutriti rispetto ai non cirrotici (66% vs 12%), la sopravvivenza era sovrapponibile (De Vecchi). Nell’insufficienza epatica è consigliata una dieta iperproteica a 1-1.2 g/kg/die, adeguata anche nel paziente in dialisi peritoneale. Non c’è malnutrizione calorica perché il bagno di glucosio fornisce le calorie necessarie.
La casisitica delle peritoniti è varia: gli episodi variano tra uno ogni 9, ogni 14 e ogni 39 mesi.
In fase conservativa è importante interagire con il paziente; in predialisi vanno illustrati i tipi di trattamento ed i rischi e i benefici delle tecniche.
Considerare pertanto che la dialisi peritoneale può essere un ottimo trattamento su questi pazienti.