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Casi clinici

"Self-Connection" in Dialisi Peritoneale (DP) di una paziente cieca con sindrome di Senior-Loken

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Premessa

Il numero di pazienti ipovedenti che necessitano di trattamento dialitico è in costante aumento.

Raramente viene loro proposta la Dialisi Peritoneale (DP), poichè si ritiene che le difficoltà nell'eseguire le manovre di connessione e disconnessione, rendano la metodica completamente a carico di un caregiver.

Si presenta il caso di una paziente affetta da sindrome di Senior-Loken, completamente cieca, che è stata in grado di apprendere ed eseguire sia la CAPD che la APD con un buon grado di autonomia.  La paziente è in grado di autoconnettersi e di disconnettersi, senza la necessità di apportare modifiche al sistema, come segnalato in una comunicazione all'EDTNA nel 2013.  [Albrecthova S., Kamarova T, Havrda M, Ryclichlik I].

Casistica e Metodi

La sindrome di Senior-Loken (SLSN) è un malattia oculo-renale rara, autosomica-recessiva, caratterizzata da nefronoftisi (NPHP), malattia renale cronica, amaurosi e distrofia retinica. La NPHP esordisce alla nascita o nell'infanzia con poliuria, polidipsia, enuresi e anemia e porta a malattia renale terminale con necessità di trattamento dialitico. I segni oculari vanno dalla cecità congenita a quella ad esordio precoce da distrofia retinica [Senior-Loken syndrome] [Orphanet, Senior-Loken]. È una malattia del ciglio primario e ne esistono vari tipi. Sono state descritte mutazioni in almeno 7 geni [D'Angelo A e Franco B.].

Poche sono le segnalazioni in letteratura di pazienti ciechi, generalmente diabetici, in dialisi peritoneale in grado di autoconnettersi  [Albrecthova S., Kamarova T, Havrda M, Ryclichlik I]  [Bentley ML] [1] o di pazienti ciechi in dialisi peritoneale assistita [Oyama t. et al.] [2].

La nostra paziente, C.S., all'età di 24 anni ha iniziato emodialisi e dopo circa un anno è stata trapiantata da vivente. Pochi giorni dopo il trapianto ha notato un repentino calo del visus e le è stata diagnosticata la retinite pigmentosa. A 36 anni è stata sottoposta a duplice intervento di cataratta senza beneficio. Nonostante la completa cecità ha mantenuto un buon grado di autonomia, sia dentro che fuori casa, avvalendosi dell'aiuto di un cane guida. A 47 anni, per perdita del graft per rigetto cronico, ha scelto la DP come trattamento dialitico, per poter rimanere nel suo ambiente, poichè il marito si era detto disponibile a farle da caregiver.

Il training CAPD, con sistema Fresenius, ha richiesto solo 4 incontri con la paziente e con il marito.

Nell'ultimo di questi incontri la paziente è stata invitata a prendere confidenza tattile con il sistema a orologio e a provare a eseguire uno scambio.

Sostituendo la funzione visiva con quella tattile, è riuscita, al terzo scambio, a dimostrarsi autonoma nelle manovre di connessione, nell'utilizzo sequenziale del sistema a orologio e nella disconnessione.

La paziente esegue la connessione [Fig. 1] e la disconnessione [Fig. 2 e Fig.3] appoggiando il pollice della mano destra in  punti di repere ben precisi, che lei stessa ha scelto, dell'organizer e vi piega al di sotto il secondo dito in modo da avvertirne la presenza e la distanza con la mano sinistra, che esegue le manovre vere e proprie.

Al marito è rimasto il compito di controllare la scadenza delle sacche, la limpidezza e il peso del dialisato e di registrare i dati dialitici. Inoltre ha sempre effettuato le  medicazioni dell'exit-site.

C.S. ha eseguito autonomamente CAPD per sei mesi e nel 2015 è passata a APD.

Con l'uso di spessi adesivi sul monitor Sleep-Safe, è divenuta parzialmente autonoma anche in APD. Il marito si occupa del montaggio delle linee e delle sacche e del loro smaltimento, ma la paziente è in grado di connettersi e disconnettersi [Fig. 4] dalla macchina da sola quando il marito è al lavoro.

Risultati

Durante il periodo di addestramento e durante i sei mesi in CAPD non sono stati rilevate contaminazioni del set di connessione, nè si sono avuti episodi di peritonite.

Dall'inizio della APD non sono stati evidenziati episodi di contaminazione del set di connessione, ma si è avuto un prolungato episodio di peritonite da Staphilococcus Chonii ureoliticum, a nostro parere non correlato a manovre errate di connessione. L'urinocoltura era positiva per lo stesso batterio e per E.Coli e la paziente era ancora in terapia con basse dosi di steroide.

L'exit-site del catetere è sempre stato perfetto, ma è stato necessario sostituire il catetere nel 2015, dopo l'episodio di peritonite, per dislocazione persistente del primo con punta a livello della flessura colica di sinistra.

La paziente, che ha completamente sospeso i farmaci immunosoppressori dopo l'episodio di peritonite, ha ancora una diuresi residua di circa 500 cc.

Conclusioni

I pazienti ipovedenti preferiscono curarsi nella loro abitazione, ambiente che conoscono nei minimi dettagli e in cui riescono a muoversi in maggior sicurezza e libertà. In ospedale si muovono con difficoltà e timore, hanno sempre bisogno di essere accompagnati, poichè le barriere architettoniche non note sono molte e oggetti come sedie, carrelli, contenitori dei rifiuti o altro vengono continuamente spostati. 

Anche a pazienti ipovedenti deve essere proposta la dialisi peritoneale come possibile metodica dialitica, sia prima che dopo il trapianto. Va ricordato che anche pazienti ipovedenti possono eseguire la dialisi peritoneale con un discreto o buon grado di autonomia, nonostante la collaborazione di un caregiver resti al momento ancora indispensabile.

Si spera che futuri aggiornamenti tecnologici, dei sitemi per dialisi peritoneale, permetteranno un sempre maggior grado di autonomia nei pazienti ipovedenti e daranno quindi loro una maggior possibilità di accesso alla metodica. 

release  1
pubblicata il  03 maggio 2016 
da Bonesso C., Bettega D., Ricotta MT, Balsarin ML., Franzin G. , Messa M.
(UOC Nefrologia e Dialisi ULSS 10 "Veneto Orientale")
Parole chiave: autoconnessione, catetere peritoneale, Cecità, dialisi peritoneale, Senior-Loken
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