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Casi clinici

STORIA NATURALE DELLA DP NELLO SCOMPENSO REFRATTARIO: DAL DRENAGGIO DELL’ASCITE ALL’APD “FULL DOSE” – CASE REPORT E REVISIONE DELLA LETTERATURA

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INTRODUZIONE

Il successo della DP nel trattamento dello scompenso cardiaco refrattario (SC) dipende dai seguenti fattori:

  1. INTAKE IDROSALINO (SETE)
  2. FORMAZIONE DI ASCITE
  3. UF PERITONEALE (PERMEABILITA' / RIASSORBIMENTO LINFATICO)
  4. COMPLICANZE DEL TRATTAMENTO: IPONATRIEMIA ED ALTRE ALTERAZIONI ELETTROLITICHE

Accanto a questi altri fattori socio-assistenziali e psicologici si inseriscono nel complicare il trattamento dello scompenso. La prescrizione dialitica ottimale è dibattuta, ma dal momento che nel cardiopatico le variabili sopra riportate sono imprevedibili o esagerate, mai come in questo caso lo schema dialitico deve essere il più flessibile possibile e difatti la prescrizione più utilizzata riportata in letteratura è quella incrementale (Viglino - JN 2015 [1]) (Bertoli - PDI 2015 [2] (full text)) (Figura 1). Il caso clinico è emblematico da questo punto di vista.

IL CASO CLINICO

Paziente di 46 anni affetta da insufficienza cardiaca con FE 18% secondaria a miocardio non compattato, dermatomiosite e diabete. Segnalata in condizioni terminali per anasarca con ascite imponente viene sottoposta a inserzione di catetere per dialisi peritoneale.

FASE 1 (iniziale). Dopo l’intervento sono drenati 6000 ml di ascite ematica. Raggiunto il punto zero (in 2 giorni), ovvero lo scarico completo dell'addome, la formazione quotidiana di ascite si riduce progressivamente fino a circa 100 ml/die.

FASE 2 (mantenimento). A 31 giorni dall’inserzione del catetere la paziente è a domicilio dei genitori, la madre viene addestrata allo scarico, dapprima quotidiano poi ogni 2 giorni, della sola ascite. Furosemide e canrenone vengono utilizzate a dosi elevate (rispettivamente 500 mg e 50-200 mg/die secondo la potassiemia), l’ascite drenata correla con il peso corporeo (da assente fino a 400 ml in caso di auemtno ponderale significativo. La diuresi è elevata per l’impossibilità a contenere una sete tremenda, per calmare la quale sono stati tentati diversi approcci come quello psicologico, l'utilizzo di umidificanti il cavo orale, il ghiaccio al posto dell'acqua. Il problema principale in questa fase è lo sviluppo di iponatriemia severa (<115 meq/L) che ha richiesto diversi ricoveri e l’utilizzo del tolvaptan, che, non avendolo mai utilizzato, abbiamo impiegato in modo estremamente prudente. In Figura 2 è riportata la registrazione della natriemia nel primo ricovero fatto proprio per utilizzarlo in sicurezza. Il GFR misurato frequentemente si mantiene soddisfacente (10 ml/minuto/1,73 mq di BSA).

In questo perido la paziente riprende una vita sociale per quanto limitata (è madre di un ragazzo di 14 anni) e, parte integrante della terapia, viene addestrata ad una attività fisica compatibile con il suo stato (ma costante) ed infine viene inviata al Centro Trapianti di Cuore di Torino che, come la precedente di Pavia, da esito negativo per la compromissione delle condizioni generali.

FASE 3 (anuria, APD full dose). Ad 1 anno e 24 giorni sviluppo rapido di anuria/uremia in corso di stato infettivo di ndd (possibile sindrome simil influenzale). Le condizioni sono talmente compromesse da fare sembrare il trattamento dialitico un accanimento terapeutico. Si concorda con la paziente ed i familiari un ultimo tentativo di APD che per la verità era stata precedentemente utilizzata (come rimedio all'iponatriemia) ma subito sospesa per iperglicemia di estremamente difficile controllo.

Iniziata in Ospedale la paziente migliora tanto da potere essere dimessa a breve e rientrare non più con i genitori ma con la sua famiglia. Rimane anurica e continua pertanto l'APD effettuata da una badante.

Lo schema dialitico attuale, a distanza di 1 anno e 8 mesi dall'inizio della DP e 7 mesi di avvio della APD è rimasto lo stesso (10 Litri 2,27%+2,5 L AA per la notte e 700 ml di ICO per il giorno) così come l' UF notturna di 1150 ml e quella diurna di 300 ml.

Il peso si è mantenuto costante e la natriemia sempre >125 mEq/L, verosimilmente per il noto effetto di una maggior rimozione di acqua libera in APD rispetto alla CAPD ma anche per, verosimilmente, un ridotto intake idrico ed un maggior intake alimentare. Come abbiamo detto la paziente è tornata a vivere in famiglia ed il suo tono dell'umore molto migliorato.

release  1
pubblicata il  03 maggio 2016 
da Loris NERI¹, Sara BARBIERI¹, Giusto VIGLINO¹, Antonio DELLAVALLE²
(¹SOC Nefrologia, Dialisi e Nutrizione Clinica, Ospedale San Lazzaro, Alba; ²SOC Cardiologia)
Parole chiave: dialisi peritoneale, dose incrementale, ospedalizzazione, scompenso cardiaco congestizio, trapianto cardiaco
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