La dialisi peritoneale è stata utilizzata fin dal 1920 per trattare quadri di insufficienza renale acuta (IRA), ma è solo nel 1946 che viene descritto un caso clinico in cui il paziente sopravvisse grazie al trattamento dialitico peritoneale (DP).
Successivamente, con lo svilupparsi di metodiche extracorporee tecnologicamente avanzate, tale metodica è stata progressivamente abbandonata nel trattamento del danno renale acuto. Questo nonostante ci siano studi che hanno dimostrato una pari efficacia.
Recentemente è emerso come la DP nel trattamento dell’IRA sia più frequentemente utilizzata nei paesi in via di sviluppo, dove le risorse economiche sono limitate.
Vi è tuttavia ancora molto da stabilire sulla dose dialitica efficace, e non ci sono ancora regimi di trattamento comuni standardizzati.
Descriviamo il caso clinico di una donna di 85 anni ipertesa, giunta alla nostra osservazione per insufficienza renale acuta pre-renale oligo-anurica, con probabile danno renale preesistente misconosciuto. Avviato in regime di urgenza trattamento emodialitico, si è assistito a parziale recupero della funzione renale, con diuresi residua valida. Ritenendo la paziente candidata a trattamento dialitico cronico, è stata avviata a metodica dialitica peritoneale.
Nei mesi successivi si è assistito a buona ripresa clinica ed a lentissimo, ma graduale, miglioramento funzionale renale, per cui è stata progressivamente ridotta la dose dialitica, fino alla sospensione del trattamento stesso dopo 18 mesi.
A nostro avviso in alcuni casi di IRA a diuresi conservata, soprattutto in pazienti anziani con comorbidità vascolare, può rivelarsi efficace il trattamento con dialisi peritoneale. Il trattamento intracorporeo infatti, potrebbe migliorare l’outcome renale a medio e lungo termine.