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Miscellanea

Ultrafiltrazione peritoneale nello scompenso cardiaco refrattario: esperienza dell’UOC di Nefrologia con Trapianto. Ospedale Civico, Palermo

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Razionale

Nel corso degli ultimi decenni l’invecchiamento della popolazione e la disponibilità di trattamenti in grado di migliorare la cura delle patologie cardiovascolari hanno portato ad un incremento del numero di pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica. Nonostante l'ampliamento delle terapie farmacologiche ed elettriche un numero sempre maggiore di questi pazienti giunge a condizioni di "scompenso cardiaco refrattario". Questa condizione si verifica quando, nonostante la terapia diuretica ottimale persistono sintomi severi, segni clinici di ritenzione idrica e/o ipoferfusione periferica con severa disfunzione cardiaca sistolica e/o diastolica e capacità funzionale severamente ridotta. (*Metra M et al. Eur J Heart Fail. 2007 Jun-Jul;9(6-7):684-94 [1] (full text)

Lo scompenso cardiaco refrattario è associato ad un alto tasso di mortalità e di ospedalizzazioni (Bertoli SV, Musetti C, Ciurlino D, Basile C, Galli E, Gambaro G, Iadarola G, Guastoni C, Carlini A, Fasciolo F, Borzumati M, Gallieni M, Stefania F. Peritoneal ultrafiltration in refractory heart failure: a cohort study. Perit Dial Int. 2014;34:64–70 [2] (full text)). Lo studio ADHERE LM ha mostrato che circa il 60% dei pazienti con ACHF in stadio D subisce un'ospedalizzazione, di questi più della metà più di un ricovero. Questo'ultimo gruppo ha una mortalità ad un anno intorno al 30%. (Costanzo MR, Mills RM, Wynne J. Characteristics of “stage D” heart failure: insights from the Acute Decompensated Heart Failure National Registry Longitudinal Module (ADHERE LM). Am Heart J 2008; 155: 339-47 [2] (full text) [3]. Infatti, nonostante la più ampia possibilità di ricorrere a terapie non convenzionali, come la resincronizzazione, il trapianto cardiaco ed i sistemi di assistenza ventricolare sinistra, la prognosi dello scompenso cardiaco avanzato rimane gravata da una mortalità e ricorrenza alle ospedalizzazioni elevate.

L'ultrafiltrazione peritoneale (PUF) rappresenta una valida opzione terapeutica per questa categoria di pazienti in aggiunta alla terapia cardiologica massimalizzata (Bertoli SV, Musetti C, Ciurlino D, Basile C, Galli E, Gambaro G, Iadarola G, Guastoni C, Carlini A, Fasciolo F, Borzumati M, Gallieni M, Stefania F. Peritoneal ultrafiltration in refractory heart failure: a cohort study. Perit Dial Int. 2014;34:64–70 [2] (full text)

Le ultime linee guida europee raccomandano programmi multidisciplinari per la gestione dei pazienti affetti da scompenso cardiaco. La rimozione di sale e acqua ottenuti con la dialisi peritoneale nell'insufficienza renale congestizia è associata con un miglioramento dello stato funzionale (Mehrotra R, Kathuria P. Place of peritoneal dialysis in the management of treatment-resistant congestive heart failure. Kidney Int Suppl. 2006 Nov;(103):S67-71. [4]).

In letteratura, seppure in studi di piccole dimensioni è stata evidenziata una riduzione della classe funzionale NYHA e del tasso di ospedalizzazioni (Gotloib L, Fudin R, Yakubovich M, Vienken J. Peritoneal dialysis in refractory end-stage congestive heart failure: a challenge facing a no-win situation. Nephrol Dial Transplant. 2005 Jul;20 Suppl 7:vii32-6) [5] (full text).

Scopo di questo studio è descrivere l'esperienza di un singolo Centro nel trattamento del scompenso cardiaco refrattario con ultrafiltrazione peritoneale.

Casistica e metodi

Dal 2013 ad oggi, sono stati trattati, secondo le modalità illustrate nelle Best Practice del Gruppo di studio dialisi peritoneale, 12 pazienti con scompenso cardiaco refrattario con anamnesi positiva per ospedalizzazioni frequenti, almeno due ricoveri per HF negli ultimi sei mesi (classe NYHA III-IV), con GFR uguale o inferiore a 50 ml/min. Sei pazienti erano affetti da cardiomiopatia (CMP) idiopatica e sei da cardiomiopatia (CMP) ischemica. Nove pazienti appartenevano alla classe NYHA 4 e quattro alla classe NYHA 3.Abbiamo osservato i pazienti per almeno 12 mesi e, ogni mese dall'inizio della PUF, abbiamo valutato la comparsa di eventi avversi quali mortalità, necessità di dialisi peritoneale a dose piena, passaggio in emodialisi, sopravvivenza a 12 mesi, numero di ospedalizzazione ed incidenza di peritoniti. Abbiamo inoltre seguito nel tempo le variazioni di FE, GFR, classe NYHA. La PUF è stata iniziata una volta che il paziente aveva raggiunto una condizioni clinica di stabilità dopo un nuovo episodio di SCC.

Risultati

Dei dodici pazienti arruolati (tre donne e nove uomini, età media 58 anni), nove hanno ricevuto un solo scambio notturno con icodestrina, uno tre scambi al giorno (icodestrina, sol. 3,86%, sol. 2,27%) ed uno un solo scambio a giorni alterni con icodestrine. Durante il primo anno, la funzione renale è lievemente migliorata (GFR medio iniziale, sec.CKD-EPI, 38 ml/min, GFR finale 44,4 ml/min). La classe NHYA è migliorata in tutti i pazienti (Figura 1). La frazione di eiezione è rimasta immodificata. Il numero delle ospedalizzazioni per HF acuto si è drasticamente ridotto in tutti i pazienti. La metodica ha mostrato un buon margine di sicurezza: nessun paziente ha avuto episodi di peritonite, solo due pazienti hanno presentato infezioni dell'exit site. La sopravvivenza ad un anno è stata dell'85%. Si segnala un alto numero di drop out, cinque in totale, di cui due per exitus, uno per scarsa compliance della metodica, uno per una complicanza chirurgica addominale (ernia inguinale strozzata) ed uno per scarsa efficacia della metodica. (Figura 2, Figura 3). 

Conclusioni

Nella nostra esperienza, pur con i limiti numerici e metodologici, l'ultrafilitrazione peritoneale, utilizzata nel paziente con scompenso cardiaco refrattario, in aggiunta alla terapia farmacologica ottimale, migliora la qualità di vita e la classe funzionale e riduce il numero di ricoveri per scompenso acuto. L'alto numero di drop-out è da ascrivere alle gravi condizioni cliniche generali di questa categoria di pazienti. La deospedalizzazione ha consentito loro di gestire la propria malattia a domicilio senza lunghi e frustranti ricoveri ospedalieri.

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pubblicata il  03 maggio 2016 
da Vitalba Azzolina, Barbara Buscemi, Camillo Carollo, Valentina Vinti, Flavia Caputo
(UOC di Nefrologia con Trapianto. ARNAS Civico Palermo)
Parole chiave: dialisi peritoneale, ospedalizzazione, qualità di vita, sopravvivenza, terapia domiciliare, ultrafiltrazione peritoneale
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