La Variabilità Glicemica è definita come l’ampiezza e la frequenza delle oscillazioni intorno alla glicemia media del paziente; due soggetti che mostrano valori medi identici, possono avere variazioni significative. Sotto questa luce, l'Emoglobina Glicata non riesce a rappresentare situazioni patologiche diverse tra loro, anche se simili nel dato numerico. Da numerosi studi si evince che la Variabilità Glicemica gioca un ruolo fondamentale nella comprensione della progressione delle complicanze cardiovascolari del diabetico. Il principale meccanismo implicato sembrerebbe essere un aumento dello stress ossidativo a livello endoteliale, uno degli step fondamentali nella genesi della patologia aterosclerotica; dopo una fase iperglicemica, anche se si ritorna ad uno stato euglicemico, la cellula mantiene una sorta di "memoria glicemica" tale da perpetuare il danno ossidativo. ("Quagliaro L - 2003" [1] (full text)).
Al fine di valutare l’impatto del carico di glucosio durante il trattamento in APD (Dialisi Peritoneale Automatizzata), abbiamo studiato la Variabilità Glicemica dei pazienti diabetici e non, mediante due indici ("Kovatchev - 2009" [2] (full text)):
Questi indici nascono dalla necessità di stimare un valore di rischio nel controllo glicemico e non l'ampiezza di un'escursione: per esempio, un aumento di 20 mg/dl di glucosio ematico sul limite superiore del range normoglicemico (70- 200 mg/dl) rappresenta una lieve iperglicemia. La stessa escursione sul limite inferiore, un'ipoglicemia grave. Mediante un algoritmo matematico, ogni valore glicemico assume così una corrispondenza clinica ben definita (Figura 2).
Il nostro studio ha previsto il monitoraggio glicemico continuo per 72h di una popolazione di 10 pazienti, definiti "medio- alto permeabili" al P.E.T (Twardowski-1989 [3] ) così caratterizzati:
→ Sono stati raccolti i dati anamnestici di tutti i pazienti in esame, i dati antropometrici quali peso, altezza e BMI
→ Sono stati valutati gli esami ematobiochimici, compresi l'assetto lipidico, coagulativo, infiammatorio, nutrizionale.
→ Tutti erano sottoposti a trattamento sostitutivo mediante dialisi peritoneale automatizzata della durata di 8 ore notturne con sacche di glucosio all'1,36%.
→ Il regime dietetico e, nel caso dei diabetici, il dosaggio insulinico, erano rimasti invariati per tutta la durata dello studio.
→ Ad ogni paziente è stato richiesto di raccogliere 6 glicemie capillari al giorno, per mezzo di un glucometro fornito loro, al fine di calibrare i dati registrati dal sensore.
Come si evince dal grafico (Figura 3), durante ogni seduta dialitica, si assiste, nel diabetico, ad un assorbimento peritoneale di glucosio incostante. Considerando singolarmente i 3 giorni, durante ogni trattamento, il valore di HBGI risulta diverso nonostante i valori glicemici di partenza, ovvero quelli registrati a circa 4 ore dal pasto serale, quando si esaurisce l'effetto dell'insulina, fossero pressochè simili. Come prevedibile, nel diabetico, il LBGI risulta minimo, senza evidenziare differenze tra i soggetti. Nei controlli (Figura 4), l'HBGI risulta invariabilmente minimo mentre il LBGI da basso a minimo, ad eccezione di due pazienti dove l'indice è risultato essere moderato e alto; come registrato dal monitoraggio si trattava di due casi di ipoglicemia durante la seduta dialitica.
Lo studio di questi indici ci ha permesso di comprendere maggiormente i meccanismi di progressione delle complicanze in quei pazienti, che, seppur trattati e con valori glicemici e di HbA1c accettabili, mostravano le sequele di un compenso glicometabolico inadeguato.
Nel paziente uremico, più che in altri, la valutazione della variabilità sembra essere più affidabile della sola HbA1c (Inaba M- 2007) [4] (full text) nella comprensione del rischio cardiovascolare associato (Mi SH - 2012) [5] (full text). La presenza di anemia e l'eventuale terapia con eritropoietina, non permette di avere globuli rossi circolanti per un tempo sufficiente al processo di glicazione, sottostimando spesso il valore dell'andamento glicemico. Ancor più lacunose appaiono le indicazioni sul target glicemico da perseguire in questi pazienti da parte delle organizzazioni internazionali. Secondo l'ADA (American Diabetes Association), il paziente diabetico dovrebbe mantenere l'Emoglobina Glicata a valori <7%, ma se questo è vero per la maggior parte dei diabetici, a cosa dovrebbe aspirare il paziente uremico terminale? Quale valore dovrebbe rappresentare il cut-off tra il buono e il cattivo controllo? Appare quindi, secondo il nostro punto di vista, necessario potenziare la ricerca su altri indicatori metabolici come la Variabilità Glicemica al fine di dare le risposte che servono e che attualmente mancano alla comunità scientifica nella comprensione del rischio cardiovascolare di questa emergente classe di pazienti.
[1] Quagliaro L, Piconi L, Assaloni R et al. Intermittent high glucose enhances apoptosis related to oxidative stress in human umbilical vein endothelial cells: the role of protein kinase C and NAD(P)H-oxidase activation. Diabetes 2003 Nov;52(11):2795-804 (full text)
[2] McCall AL, Kovatchev BP The median is not the only message: a clinician's perspective on mathematical analysis of glycemic variability and modeling in diabetes mellitus. Journal of diabetes science and technology 2009 Jan;3(1):3-11 (full text)
[3] Twardowski ZJ Clinical value of standardized equilibration tests in CAPD patients. Blood purification 1989;7(2-3):95-108
[4] Inaba M, Okuno S, Kumeda Y et al. Glycated albumin is a better glycemic indicator than glycated hemoglobin values in hemodialysis patients with diabetes: effect of anemia and erythropoietin injection. Journal of the American Society of Nephrology : JASN 2007 Mar;18(3):896-903 (full text)
[5] Mi SH, Su G, Li Z et al. Comparison of glycemic variability and glycated hemoglobin as risk factors of coronary artery disease in patients with undiagnosed diabetes. Chinese medical journal 2012 Jan;125(1):38-43 (full text)
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