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Adeguatezza - FRR - Nutrizione

RECUPERO DELLA FUNZIONE RENALE IN UN PAZIENTE CON IRA SU IRC DA ATEROEMBOLIA TRATTATO CON DIALISI PERITONEALE

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INTRODUZIONE

La tipologia di pazienti che trattiamo con sempre maggiore frequenza negli ultimi anni ci ha posto di fronte ad una crescente incidenza di due patologie overlapping, la cui diagnosi differenziale è difficile: la nefropatia acuta da mezzo di contrasto (mdc) (Contrast Induced Acute Kidney Injury, CIAKI) e la malattia ateroembolica da cristalli di colesterolo (Athero Embolyc Disease, AED). Entrambe determinano un danno renale acuto, complicano il decorso clinico di pazienti già critici, non riconoscono una terapia specifica, spesso sono di difficile differenziazione l’una dall’altra e sono gravate da prognosi sfavorevole quoad funzione renale e quoad vitam.

La CIAKI è definita come una contrazione acuta della funzionalità renale dopo mezzo di contrasto (aumento della creatininemia >25% oppure di 0.5-1.0 mg/dl rispetto al valore basale); è la III^ causa di insufficienza renale acuta (IRA) nei pazienti ricoverati, insorge solitamente entro 24-72 ore dalla somministrazione di mdc con un picco a 5 giorni, e richiede terapia sostitutiva dialitica nello 0.5-10% dei casi; è gravata da elevata mortalità (fino al 40%) Detrenis S et al., 2005 [1] (full text). La CIAKI si verifica soprattutto in presenza di alcuni fattori di rischio: presenza di insufficienza renale (CKD stadio III), diabete mellito, deplezione di volume, instabilità emodinamica, presenza di comorbidità (scompenso cardiaco, alterata funzione epatica, sindrome nefrosica, anemia), farmaci nefrotossici McCullough PA et al., 2006 [2]. La AED è caratterizzata dalla comparsa di IRA (nel 35% entro 7 giorni, nel 45% a distanza di 2-6 settimane) in pazienti con aterosclerosi sistemica o talvolta misconosciuta, con contemporanea comparsa di lesioni ischemiche all’addome e/o alle estremità, dovute a microembolizzazione colesterinica; il fattore scatenante è solitamente un esame con mdc, nel 60% dei casi una coronarografia; altri fattori di rischio sono gli interventi di chirurgia vascolare, l’uso di anticoagulanti, l’età, il sesso maschile, il tabagismo e il diabete mellito Faria B et al. 2011 [3]; l’AED può insorgere anche spontaneamente Theriault J et al., 2003 [4]. La gravità del danno renale da AED è accentuata dalla presenza di CKD preesistente Scolari F e al., 2003 [5] (full text). L’incidenza di AED non è nota, ma è stimata tra 1 e 12% Parmar MS, 2009 [6] [6] e richiede una terapia dialitica nel 23-60% dei casi Ravani P et al, 2010 [7] (full text); Scolari F et al., 2008 [8]. La mortalità è stimata al 30%, ma è verosimile che si tratti di una patologia sottodiagnosticata, o che, per le modalità di esordio, spesso sfugga alla diagnosi.

SCOPO DEL LAVORO

Viene descritto il caso clinico di un Paziente con CKD stadio III, diabetico, il quale, a seguito di ripetuti esami contrastografici, sviluppò una insufficienza renale acuta (IRA) su cronica da CIAKI+AED, con rapida progressione della CKD fino allo stadio V, con necessità di trattamento sostitutivo. In seguito, un atteggiamento terapeutico aggressivo ed una proficua collaborazione fra Nefrologi ed Angiologi, permise un recupero della funzione renale, parziale, ma tuttavia sufficiente ad affrancare il Paziente dalla dialisi, ed una guarigione delle severe lesioni periferiche agli arti inferiori presenti all’esordio.

DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO

Viene descritto il caso clinico di un Paziente con CKD stadio III, diabetico, il quale, a seguito di ripetuti esami contrastografici, sviluppò una insufficienza renale acuta (IRA) su cronica da CIAKI+AED, con rapida progressione della CKD fino allo stadio V, con necessità di trattamento sostitutivo. In seguito, un atteggiamento terapeutico aggressivo ed una proficua collaborazione fra Nefrologi ed Angiologi, permise un recupero della funzione renale, parziale, ma tuttavia sufficiente ad affrancare il Paziente dalla dialisi, ed una guarigione delle severe lesioni periferiche agli arti inferiori presenti all’esordio.

 

Descrizione del caso clinico. Descriviamo il caso di un Paziente maschio, di razza caucasica, di 61 anni (“giovane”), afferito per la prima volta alla nostra Divisione nell’Ottobre 2009. Al momento del ricovero il Paziente riferiva:

-anamnesi familiare: familiarità per diabete mellito, malattia cerebrovascolare ed ipertensione arteriosa;

-anamnesi fisiologica: abile al servizio militare, lavorava come commerciante ambulante; negava alterazioni del senso della sete; riferiva nicturia da tempo imprecisato (una volta per notte); forte fumatore (40 sigarette/die da 45 anni).

-anamnesi patologica: diabete mellito di tipo 2 da circa dieci anni in terapia con antidiabetico orale (Repaglinide); iperteso in terapia antipertensiva da anni con ACE-inibitore e Calcioantagonista; nel Gennaio 2009 la funzione renale era normale, con creatininemia 0.9 mg/dl; il 24 Luglio2009 aseguito di dispnea: venne ricoverato d’urgenza in Unità di Terapia Intensiva per edema polmonare acuto secondario a crisi ipertensiva (valori all’ingresso 220/130 mmHg); al momento del ricovero fu riscontrata IRA con valori di creatininemia di 3,4 mg/dl. I valori di pressione arteriosa rientrarono nella norma dopo il potenziamento della terapia; l’insulto renale lasciò delle sequele, e la funzione renale alla dimissione si stabilizzò su valori di creatininemia di 1,8 mg/dl (CKD stadio III). Il 30 Luglio 2009 venne trasferito in Medicina Interna per effettuare accertamenti in merito all’aggravarsi della malattia ipertensiva, fu effettuato un ecocardiogramma compatibile con “cardiopatia ipertensiva con efficienza globale del ventricolo sinistro discretamente conservata...”, e l’Rx del torace dimostrò calcificazioni all’aorta toracica. Per la presenza di precordalgie atipiche il 7 Agosto 2009 fu eseguito un nuovo ecocardiogramma che dimostrò “presenza di ipocinesia segmentaria della parete inferiore con riduzione dell’efficienza contrattile del ventricolo sinistro (FE 45%)”. Per questo motivo il 10 agosto il Paziente fu sottoposto, previa preparazione (Sol.fisiol 70 ml/ora + Acetilcisteina 1200 mg/die), a coronarografia, che dimostrò una stenosi eccentrica della discendente anteriore del 50% a valle di S2 con immagine riferibile a possibile trombosi ricanalizzata; non fu eseguita angioplastica e fu invece sottoposto per tre giorni ad infusione ev di antiaggregante piastrinico (Tirofiban Cloridrato). Il 13 Agosto fu eseguita una coronarografia di controllo che dimostrò parziale risoluzione dell’immagine in DA, con stenosi residua del 50%. Venne inoltre prescritta terapia con ASA 100 mg/die, Clopidogrel 75 mg/die e Atorvastatina 20 mg/die. Alla dimissione dalla Cardiologia il 14 Agosto la creatininemia era 1.76 mg/dl. A distanza di circa un mese, a fine Settembre 2009, il Paziente si recò dal proprio medico curante per comparsa di acrocianosi e forte dolore agli arti inferiori; nel frattempo aveva interrotto ASA e Clopidogrel ed era in terapia con Seleparina; vennero eseguiti accertamenti chimico-clinici, e a seguito del riscontro di peggioramento della funzione renale (Creat 3,7 mg/dl), l’8 Ottobre 2009 fu inviato al Pronto Soccorso, e ricoverato in Nefrologia.

 

Durante la degenza assistemmo ad una rapida progressione dell’insufficienza renale (Creatininemia da3,7 a6 mg/dl, CKD stadio V, proteinuria ≤0,7 g/24h). Obiettivamente il Paziente si presentò con acrocianosi agli arti inferiori. L’ecografia renale dimostrava reni con spessore corticale conservato, il destro di12 cmcon IR 0,77 e il sinistro di10,5 cmcon IR 0,81. Fu posta diagnosi di IRA su IRC da ateroembolia sulla base di:

  • Anamnesi (fattori di rischio: sesso maschile, diabete mellito, breve relazione temporale tra manovre agiografiche e peggioramento della funzione renale);
  • Esame obiettivo (acrocianosi, necrosi parziale secca di alcune dita);
  • Dati di laboratorio e strumentali (eosinofilia, aumento degli indici di flogosi, rapida progressione dell’IRC, placche calcifiche vascolari diffuse e un ecocardiogramma transesofageo positivo per la presenza di placche ulcerate a livello dell’aorta ascendente e dell’arco aortico con formazione trombotica peduncolata aggettante nel lume).

Per la gravità dei parametri biochimici, non responsivi alla terapia steroidea, il Paziente iniziò emodialisi tramite CVC e dopo un mese, nel Dicembre 2009, dialisi peritoneale (APD, Baxter Phyxioneal15 L1.36%, Tidal al 70%). La diuresi (UV) fu sempre conservata, con valori superiori a 1000-1200 ml/24 ore. Per la severa microangiopatia ai piedi (Figura 1. Destro: necrosi parziale secca parcellare del I dito, II, III e IV dito, necrosi completa del V dito con base flogistica e segni di infezione. Sinistro: marezzature ampie del I dito e della base, necrosi parcellari al II, III e IV dito, necrosi completa del V dito con base flogistica, necrosi calcaneare) con limitazione della deambulazione e necessità di terapia con oppiacei il Paziente fu preso in carico dagli Angiologi dal 16.12.2009 al Marzo 2010 e sottoposto ad un programma riabilitativo vascolare comprendente:

  • esercizi di mobilizzazione polidistrettuale e successivamente training del passo;
  • terapia infusiva con prostanoidi (Alprostadil 20 mcg 2 fl x 2/die per 4 settimane);
  • ciclo di ossigenoterapia iperbarica (circa 40 sedute);
  • terapia antiaggregante (Aspirina 100 mg) e anticoagulante (Sintrom);
  • antibioticoterapia mirata e ciclo prolungato di medicazioni,

che determinarono il controllo del dolore e la demarcazione delle lesioni; fu necessario però procedere all’amputazione del V dito del piede bilateralmente.

Nel Febbraio 2010 presentava (Figura 2): creatininemia di 3.4 mg/dl, clearance della creatinina 14 ml/min, Hb 10 g/dl, UV 1600 cc/die. Nei mesi seguenti la creatininemia rimase stabile sui 3.7 mg/dl, con clearance della creatinina tra 25 e 36 ml/min, l’anemia risultava corretta da minime dosi di EPO, il Paziente presentava UV 2000 cc/die, ottimo controllo dell’emodinamica e benessere soggettivo. Figura 3. Dopo circa sette mesi, la dialisi fu sospesa (giugno 2010), intensificando il follow-up ambulatoriale. A 21 mesi dalla sospensione della dialisi, nel Marzo 2012, il Paziente è ottimamente riabilitato dal punto di vista generale e della qualità di vita; è completamente guarito delle lesioni ai piedi (Figura 4) con buona autonomia di marcia. Il catetere peritoneale non è stato rimosso: residua CKD stadio III, con creatininemia 2.7 mg/dl, clearance della creatinina 36 ml/min, Hb 14 g/dl senza EPO, UV 2700 cc/die.

DISCUSSIONE

Il caso clinico che presentiamo è di difficile diagnosi differenziale tra due cause di insufficienza renale che condividono fattori eziopatogenetici comuni: la nefropatia acuta da mezzo di contrasto e la malattia ateroembolica da cristalli di colesterolo. La storia clinica del Paziente non permette una diagnosi di certezza, poiché presenta elementi sovrapponibili tra le due entità nosologiche: si può pertanto pensare che in questo caso fossimo di fronte ad una IRA conseguente a una sovrapposizione delle due cause. L’aver effettuato due coronarografie (l’esame maggiormente imputato come causa scatenante), nonostante adeguata preparazione, è stato l’elemento causale dell’IRA in un Paziente che presentava multipli fattori di rischio, sia per CIAKI  che per AED. La biopsia renale sarebbe stata dirimente tramite l’identificazione o meno dei cristalli colesterinici nei vasi renali; purtroppo le condizioni cliniche del Paziente, severamente compromesse dal dolore, ci hanno sconsigliato di procedere all’esecuzione della biopsia renale.

Pur con queste premesse sfavorevoli, il Paziente presentò, entro sette mesi dall’inizio della dialisi peritoneale, un recupero della funzione renale (RFR), parziale, ed ancora, a distanza di 21 mesi dalla sospensione della dialisi peritoneale, le sue condizioni cliniche permangono buone.

La possibilità di RFR in pazienti in trattamento dialitico cronico a seguito di IRA è un’evenienza piuttosto infrequente (incidenza dell’1-6% dei casi). La malattia ateroembolica è la causa di insufficienza renale terminale che maggiormente si associa alla possibilità di RFR, verificandosi in un terzo dei casi. A differenza di quanto è successo nel nostro caso tuttavia, la sopravvivenza dei pazienti che hanno presentato RFR è bassa Chu JK et al., 2010 [9]. Non esiste una terapia etiologica per queste forme di IRA. A nostro avviso sono due le condizioni da sottolineare: nonostante non sia dimostrata la superiorità di una metodica dialitica sull’altra nel favorire il RFR  MacDonald JA et al., 2009 [10] (full text), noi riteniamo che la DP possa aver contribuito a non aggravare ulteriormente il danno vascolare sistemico, dal momento che non necessita di anticoagulazione, stimola in misura minore la risposta infiammatoria, consente un miglior equilibrio dei fluidi con minor stress cardiovascolare. Inoltre, la terapia, aggressiva e tempestiva, effettuata per le lesioni periferiche potrebbe  aver influito favorevolmente anche sull’emodinamica glomerulare, favorendo il miglioramento della vascolarizzazione renale e quindi il RFR.

CONCLUSIONI

Il recupero della funzione renale e la sospensione della dialisi sono possibili qualora, a seguito della tempestiva diagnosi di IRA da malattia ateroembolica, Nefrologi e Angiologi lavorino a stretto contatto, attuando tutte le terapie volte al recupero e alla stabilizzazione delle condizioni generali e al  miglioramento della vascolarizzazione. E’ importante ricordare che, dal momento che sono sempre più numerosi i pazienti che necessitano di manovre angiografiche, bisogna soppesare il rapporto rischi/benefici, valutando caso per caso l’indicazione agli esami con mdc, soprattutto in presenza di multipli fattori di rischio. In  caso di CKD è imperativo adottare misure preventive (evitare farmaci nefrotossici e le deplezioni di volume, effettuare adeguata preparazione con idratazione e.v.); infine, è importante programmare controlli clinici e di laboratorio a distanza di pochi giorni e, comunque, dopo  alcune settimane dall’esame contrastografico, per diagnosticare tempestivamente eventuali peggioramenti della funzione renale.

BibliografiaReferences

[1] Detrenis S, Meschi M, Musini S et al. Lights and shadows on the pathogenesis of contrast-induced nephropathy: state of the art. Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association - European Renal Association 2005 Aug;20(8):1542-50 (full text)

[2] McCullough PA, Adam A, Becker CR et al. Risk prediction of contrast-induced nephropathy. The American journal of cardiology 2006 Sep 18;98(6A):27K-36K

[3] Faria B, Vidinha J, Pêgo C et al. Atheroembolic renal disease with rapid progression and fatal outcome. Clinical and experimental nephrology 2011 Feb;15(1):159-63

[4] Thériault J, Agharazzi M, Dumont M et al. Atheroembolic renal failure requiring dialysis: potential for renal recovery? A review of 43 cases. Nephron. Clinical practice 2003;94(1):c11-8

[5] Scolari F, Ravani P, Pola A et al. Predictors of renal and patient outcomes in atheroembolic renal disease: a prospective study. Journal of the American Society of Nephrology : JASN 2003 Jun;14(6):1584-90 (full text)

[6] Parmar MS Progressive acute kidney injury following myocardial infarction: cholesterol embolisation. BMJ case reports 2009;2009

[7] Ravani P, Gaggi R, Rollino C et al. Lack of association between dialysis modality and outcomes in atheroembolic renal disease. Clinical journal of the American Society of Nephrology : CJASN 2010 Mar;5(3):454-9 (full text)

[8] Scolari F, Ravani P Atheroembolic renal disease. Lancet 2010 May 8;375(9726):1650-60

[9] Chu JK, Folkert VW Renal function recovery in chronic dialysis patients. Seminars in dialysis 2010 Nov-Dec;23(6):606-13

[10] Macdonald JA, McDonald SP, Hawley CM et al. Recovery of renal function in end-stage renal failure--comparison between peritoneal dialysis and haemodialysis. Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association - European Renal Association 2009 Sep;24(9):2825-31 (full text)

release  1
pubblicata il  18 marzo 2012 
da Trubian A., Rugiu C., De Biase V., Zarantonello D., Rigoni A.*, De Marchi S.*, Arosio E.*, Lupo A.
(UOC di Nefrologia e Dialisi e UOC di Riabilitazione Vascolare*, Azienda Ospedaliera-Universitaria Integrata, Verona)
Parole chiave: dialisi peritoneale, paziente acuto, RECUPERO DELLA FUNZIONE RENALE
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