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Diagnostica - Casi Clinici

UN CASO DI EMOPERITONEO DOPO TRASFERIMENTO DALLA DIALISI PERITONEALE ALL'EMODIALISI

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INTRODUZIONE

La sclerosi peritoneale incapsulante (EPS) è una complicanza rara ma grave della dialisi peritoneale (DP) che può compromettere la sopravvivenza del paziente. L’EPS comporta una elevata mortalità, e si pensa che possa rappresentare lo stadio più evoluto di un processo di severa fibrosi peritoneale che, in ultima analisi, porta alla sclerosi peritoneale e ad una serie di modificazioni infiammatorie del peritoneo. L’incidenza annuale di EPS aumenta con l’aumentare della durata del trattamento peritoneo-dialitico, infatti l’EPS è rara in pazienti in dialisi peritoneale da meno di 2 anni.

Attualmente gli episodi ricorrenti di peritonite, con particolare riferimento allo Stafilococco aureo ed alla Pseudomonas aeruginosa, insieme alla lunga durata del trattamento dialitico, sono considerati le cause più comuni di EPS.  Un importante fattore di sclerosi peritoneale è rappresentato dalla bioincompatibilità delle soluzioni dialitiche, dal prolungato contatto del peritoneo con i prodotti di degradazione e della glicosilazione avanzata del glucosio (PDGs e AGEs), nonché con i plastificanti delle sacche dialitiche. La diagnosi si basa soprattutto sul sospetto clinico e sui segni radiologici. Le manifestazioni cliniche sono variabili ed includono dolore addominale, nausea, vomito, perdita di peso, deficit dell’ultrafiltrazione, ascite e dialisato ematico.

CASO CLINICO

La paziente è una donna di 55 anni con insufficienza renale cronica (IRC) secondaria a glomerulonefrite a depositi di IgA (IgAN). La sua storia clinica inizia nel 1986 con una gestosi al 6° mese di gravidanza, accompagnata, dopo alcuni mesi, da episodi di macroematuria intrainfettiva, con successiva biopsia renale diagnostica per IgAN. Nel corso degli anni la paziente ha presentato diverse crisi ipertensive spesso determinate da un difficile controllo della pressione arteriosa.

Nel 2003 inizia la dialisi peritoneale ambulatoriale continua (CAPD) con 4 scambi da2 litridi soluzioni al 1,36% di glucosio, presenta diuresi valida (2100 ml) ed ultrafiltrazione (UF) positiva di circa 1000 ml. Il suo iniziale test di equilibrio peritoneale (PET) eseguito nel 2005 concludeva per un peritoneo con caratteristiche di trasporto medio-alto (HA) con un D/P a 4 ore della creatinina di 0,68. A Gennaio2007 inseguito a contrazione della diuresi (450 ml), ad iperglicemia, due episodi di infezione dell’exit site da Pseudomonas aeruginosa ed ipertensione non controllata (edemi) la pz inizia dialisi peritoneale automatizzata (APD) con10 litridi soluzione 2,27% e5 litridi soluzione 1,36% di glucosio, con volume di carico di 2000 ml per 13 cicli della durata di 24 minuti. Visto il persistere dello stato edematoso e l’ulteriore contrazione della diuresi a Dicembre 2007 si modifica lo schema dialitico con una CCPD-1 con15 litridi soluzione 2,27% di glucosio con volume di carico di 1800 ml per 8 cicli della durata di 37 minuti, in aggiunta a sosta diurna con 1500 ml di icodestrina. Al successivo PET le caratteristiche di trasporto del peritoneo restavano di tipo medio-alto (HA) con un D/P a 4 ore della creatinina di 0,73. A Luglio 2008 la paziente si ricoverava per un episodio di pancreatite acuta durante la quale non ha sospeso il trattamento peritoneo-dialitico. Fino a Gennaio 2010 hacontinuato con la CCPD-1utilizzando soluzioni dialitiche da 2,27% e 3,86% di glucosio e sosta diurna con icodestrina. A Giugno 2010 si eseguiva PET 3,86% con riscontro di deficit di UF, per cui alla paziente veniva confezionata fistola artero-venosa (FAV) latero-terminale radio-cefalica distale sinistra (PCR 182 mg/l). (Figura 1 e Figura 2) Ad Ottobre 2010 si ricoverava in Nefrologia per peritonite a coltura negativa, per cui a Febbraio 2011 iniziava il trattamento emodialitico periodico. A Marzo 2011 si rimuoveva il catetere peritoneale autolocante e contemporaneamente eseguiva biopsia del peritoneo con riscontro di estesi focolai fibro-ialinosici.

A Luglio 2011 la paziente si ricovera per epigastralgia; all’esame ecografico dell’addome si rileva un versamento ascitico loculato poi confermato da una tomografia assiale computerizzata (TAC) addome senza contrasto che riscontra la presenza di un versamento peritoneale saccato con dislocazione posteriore delle anse intestinali senza segni di occlusione. (Figura 3) Viene eseguita una paracentesi evacuativa con drenaggio a caduta per un totale di circa5 litridi liquido siero ematico. Esame colturale negativo. A Settembre 2011 un nuovo esame TAC evidenzia la ricomparsa dell’ascite per cui si inizia terapia con Deltacortene 25 mg 1 cp die e Tamoxifene 20 mg 1 cp die, implementata da Ottobre con Azatioprina 50 mg 1 cp die. Attualmente la paziente presenta modica distensione addominale con versamento peritoneale residuo marcatamente ridotto di entità rispetto al primo riscontro; i valori di PCR  di Dicembre e Gennaio u.s. sono 1,8 e 5,7 mg/l rispettivamente, con leucoconta compresa tra 6000 e 7000 cellule/mm3, non presenta più vomito ed astenia e sta continuando il trattamento sostitutivo emodialitico.

DISCUSSIONE

Questo caso descrive lo sviluppo di una delle più importanti complicanze del trattamento peritoneo-dialitico: l’EPS. Sebbene lo sviluppo di questa complicanza sia spesso imprevedibile, ci sono diversi aspetti presenti nella storia descritta che sono stati associati con l’EPS. In primis la lunga durata della DP (>6 anni) con relativa esposizione del peritoneo alle soluzioni glucosate (basti pensare che una sacca di dialisi peritoneale di glucosio 1,36% contiene circa27 gdi glucosio). La bioincompatibilità del dialisato, con l’esposizione del peritoneo al glucosio, ai prodotti di degradazione del glucosio della sterilizzazione a caldo, ed al pH acido, si pensa che siano i principali fattori stimolanti per il deficit dell’ultrafiltrazione, la fibrosi peritoneale e la sclerosi. (Dobbie JW-1990 [1], Kawanishi H- 2005 [2], Mactier RA-2000 [3], Garosi G-2000 [4], Dobbie JW-1992 [5] (full text)) Il glucosio, indipendentemente dalla sua capacità di originare prodotti finali di glicosilazione avanzata, induce le cellule mesoteliale a secernere FGF e può avere un ruolo nella fibrosi peritoneale. (Ogata S-2001 [6] (full text)) In secondo luogo l’aumento della permeabilità del peritoneo: il deficit dell’UF e la fibrosi peritoneale sono entrambe delle caratteristiche tipiche dell’EPS. Inizialmente, il deficit dell’UF sembra essere legato sia all’aumentata permeabilità per le piccole molecole, che porta a dissipare il gradiente osmotico (deficit dell’UF di tipo I), sia all’aumentato riassorbimento linfatico peritoneale. (Heimburger O-1990 [7], Smit W-2005 [8] (full text)) Infine, la fibrosi peritoneale severa, in particolare quella vista nell’EPS, sovverte l’idrodinamica peritoneale e porta al deficit dell’UF di tipo II per bassa permeabilità. Infine lo sviluppo di ascite siero-ematica ed una storia di infezioni caratterizzate dall’interessamento dell’emergenza cutanea da parte dello Pseudomanas e dalla comparsa di una peritonite a coltura negativa nella fase precedente il drop-out, possono rappresentare ulteriori aspetti favorenti la comparsa di EPS. Le manifestazioni cliniche iniziali dell’EPS spesso sono aspecifiche potendosi manifestare con dolore addominale diffuso ed occasionalmente effluente dialitico ematico (o ascite se la dialisi peritoneale è stata interrotta). (Pollock CA-2003 [9]) Come la sclerosi peritoneale si sviluppa  si possono presentare vomito, calo ponderale e progressiva malnutrizione. Nel nostro caso non si sono manifestati segni di occlusione, non è stato necessario far ricorso alla nutrizione parenterale totale (TPN), ma la sintomatologia è stata caratterizzata da  inappetenza e vomito. La diagnosi di EPS si basa sul quadro clinico, multiforme e spesso non indicativo di occlusione intestinale (come nel nostro caso) e sugli esami radiologici. Gli ultrasuoni (ETG) possono rilevare anomalie della peristalsi del piccolo intestino, affastellamento delle anse intestinali con aderenze alla parete addominale posteriore, zone ecogeniche tra le anse intestinali, formazione di membrane al davanti del piccolo intestino, ascite saccata, ed ispessimento della membrana peritoneale come pure della parete intestinale. (Campbell S-1994 [10], Hollman AS-1991 [11]) (Figura 4 e Figura 5) La sua sensibilità dipende dalla presenza di fluido nel peritoneo. La  (TAC) dell’addome può riscontrare alcuni aspetti tipici dell’EPS come (Korzets A-1988 [12]Krestin GP-1995 [13]) l’ispessimento peritoneale, che può essere assente nelle fasi iniziali, le raccolte localizzate di fluido, le calcificazioni peritoneali, che sono più evidenti nei pazienti da più tempo in trattamento sostitutivo, le dilatazioni del piccolo intestino con aderenza alla parete addominale posteriore, presenti in pazienti con stadi avanzati di EPS e i segni di rinforzo peritoneale con contrasto.

 In questo caso il riscontro di un versamento addominale saccato già con l’ecografia, poi confermato da una TAC che descriveva le anse intestinali raccolte posteriormente sulla parete addominale con ispessimento dei foglietti peritoneali, è stato suggestivo della diagnosi di EPS. Ulteriori conferme sono poi venute dal drenaggio di liquido ascitico siero-ematico (in assenza di concomitanti patologie peritoneo-pelviche) venutosi a formare subito dopo la rimozione del catetere peritoneale (il lavaggio peritoneale può attenuare i processi infiammatori portando via anche meccanicamente la fibrina), e dal riscontro del miglioramento clinico e della riduzione dei valori di PCR con l’inizio della terapia farmacologica. Il trattamento dell’EPS includela TPN, la terapia steroidea e la chirurgia (enterolisi). Gli stadi più precoci di malattia sono quelli che rispondono meglio al trattamento conservativo. La terapia medica con i migliori risultati clinici riportati in letteratura include il Tamoxifene ed alcuni farmaci immunosoppressori; nella maggior parte dei casi di tratta di case-reports, non ci sono studi clinici controllati e randomizzati sull’impiego di questi farmaci nel trattamento dell’EPS. (Kawanishi H-2007 [14], Lo WK-2009 [15] (full text)) Il Tamoxifene è il farmaco più spesso utilizzato, di solito in associazione ai corticosteroidi. Un miglioramento o la risoluzione dei sintomi della SEP con l’aggiunta di azatioprina agli steroidi è stata osservata dopo trapianto renale (Bhandari S-1994 [16], Hawley CM-1995 [17]). La valutazione dell’efficacia della terapia è stata affidata all’esame clinico ed al dosaggio della PCR, insieme al monitoraggio ecografico del versamento peritoneale.

CONCLUSIONI

Questo caso descrive lo sviluppo di una delle più importanti complicanze del trattamento peritoneo-dialitico: l’EPS. Diversi aspetti presenti nella storia descritta sono stati associati con l’EPS: la lunga durata della dialisi peritoneale (>6 anni), l’aumento della permeabilità del peritoneo, lo sviluppo di ascite siero-ematica ed una storia di infezioni caratterizzate dall’interessamento dell’emergenza cutanea da parte dello Pseudomanas e dalla comparsa di una peritonite a coltura negativa nella fase precedente il drop-out. La diagnosi di EPS si basa sul quadro clinico, multiforme e spesso non indicativo di occlusione intestinale (come nel nostro caso) e sugli esami radiologici. Il riscontro di un versamento addominale saccato già con l’ecografia, poi confermato da una TAC che descriveva le anse intestinali raccolte posteriormente sulla parete addominale con ispessimento dei foglietti peritoneali, è stato suggestivo della diagnosi di EPS. Il trattamento dell’EPS include la nutrizione parenterale totale (TPN), la terapia steroidea e la chirurgia (enterolisi). Gli stadi più precoci di malattia sono quelli che rispondono meglio al trattamento conservativo. La terapia medica con i migliori risultati clinici riportati in letteratura include il Tamoxifene ed alcuni farmaci immunosoppressori.

 

 

 

 

BibliografiaReferences

[1] Dobbie JW New concepts in molecular biology and ultrastructural pathology of the peritoneum: their significance for peritoneal dialysis. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 1990 Feb;15(2):97-109

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release  1
pubblicata il  18 marzo 2012 
da Pepe V, Soleti F, Papagno F, Giannattasio M.
(S.C. Nefrologia e Dialisi P.O. “S. Maria degli Angeli” di Putignano (BA))
Parole chiave: APD, Emoperitoneo, sclerosi peritoneale incapsulante, Tamoxifene
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