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Diagnostica - Casi Clinici

CARCINOMA RENALE METASTATICO TRATTATO CON SUNITINIB IN UN GIOVANE PAZIENTE IN DIALISI PERITONEALE

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INTRODUZIONE

Il Carcinoma renale metastatico è passato, negli ultimi anni, da una condizione di “malattia orfana”, a causa delle scarse opzioni terapeutiche disponibili, a quella di modello di sviluppo “in vivo” per nuovi farmaci (Coppin C. 2008) [1]. Il fondamento di tale affermazione nasce  dal riscontro della forte angiogenicità della malattia legata alle alterazioni del gene VHL, che attiva la trascrizione dei geni codificanti per fattori di crescita quali PDGF-a, TGF-a e, soprattutto, VEGF, implicato nella patogenesi e nella progressione del carcinoma renale (Rini BI 2011) [2]. Il Sunitinib è una piccola molecola che inibisce principalmente l’attività tirosinchinasica del recettore 2 del VEGF (VEGFR-2) e del recettore del fattore di crescita derivante dalle piastrine (PDGF). Questa azione inibitoria  determina la diretta attività antiproliferativa ed antiangiogenetica del farmaco. Dopo somministrazione  via orale, viene metabolizzato a livello epatico in un metabolita attivo ed eliminato con le feci; emivita di 40-60 ore . In uno studio di fase III su 750 pazienti con Carcinoma renale metastatico non sottoposti ad altre terapie mediche, il Sunitinib ha presentato una superiorità di efficacia nei confronti dell’interferone-alfa, dimostrata da una frequenza di risposte obiettive superiore (31% vs 6% dei casi trattati con IFN-alfa) e da un miglioramento della risposta e della sopravvivenza libera da progressione (47,3 settimane vs le 22 settimane). La tollerabilità è stata accettabile, con tossicità di tipo ematologico (anemia, neutropenia), cutaneo (desquamazione delle piante delle mani e dei piedi, discromie) e mucosale (stomatiti), gastroenterico (diarrea, ittero, vomito), cardiologico (ipertensione, riduzione frazione di eiezione del ventricolo sx) (Motzer RJ, 2011 [3] (full text)WD - 2012 [4]). (Procopio G 2011 [5])

CASO CLINICO

Si tratta di un giovane di 29 aa che dal 1998 sa di essere affetto da Sindrome di Alport (indagine genetica). Dalla stessa epoca ha sempre effettuato periodici controlli bioumorali e clinico-strumentali per il monitoraggio della funzione renale (IRC I-II stadio KDOQI), mantenendo una buona compliance al regime dietetico-terapeutico conservativo. Nel 2005, in corso di un’ecografia addominale di routine, viene evidenziata occasionalmente una neoformazione al rene sx, successivamente meglio caratterizzata attraverso esame TC come sospetta neoplasia renale e, pertanto, trattata con nefrectomia sx: l’esame istologico della lesione ha confermato la diagnosi di CARCINOMA. Nel follow up oncologico eseguito regolarmente,  nessuna evidenza di ripresa della malattia neoplastica  per i successivi 5 anni. Nello stesso periodo la funzione renale ha mostrato un trend in progressivo declino fino al IV-V stadio, per cui, nel marzo 2011, si è reso necessario l’avvio al trattamento sostitutivo che il paziente ha individuato nella modalità di Dialisi Peritoneale. Il catetere peritoneale di Di Paolo è stato posizionato per via videolaparoscopica, in relazione al precedente intervento chirurgico, con contestuale riduzione di un piccolo laparocele mediano alto. L’indagine RX Torace pre-operatoria ha evidenziato due grossolane adenopatie mediastiniche a sx; clinicamente il paziente riferiva  tosse stizzosa da circa un mese, febbricola serotina, astenia e malessere generale, soggettivamente interpretate come da riferire al peggioramento dello stato di uremico cronico. Tale reperto radiologico dubbio viene successivamente meglio approfondito attraverso esame TC Torace (Fig. 1)  e biopsie mirate: quadro compatibile con secondarismi a primitività renale. Nessuna evidenza di altre localizzazioni metastatiche indagate con TC-total body e Scintigrafia ossea.  Terminato il training, viene impostato programma APD- Tidal con 15l di soluzioni ipotoniche (1,36%) con una diuresi residua di circa 800-1000ml/die. In tali condizioni , il paziente è stato avviato, in ambito oncologico, ad un  protocollo chemioterapico che utilizza il Sunitinib (Sutent) a dose di 50 mg os/die  per 4 settimane, seguite da 2 settimane senza terapia, associato in prima istanza a Steroide per os. Tale schema di sei settimane viene, quindi, ripetuto ciclicamente. L’assunzione del farmaco ha  presentato gli effetti collaterali già descritti,  quali stanchezza, nausea, inappetenza, ittero, mucositi, sindrome mano-piede, ipertensione, anemia  e lieve squilibrio tiroideo. Pertanto, nel corso della terapia, è stato necessario anche modulare lo schema dialitico (sostituzione di una sacca con soluzione da 2,27%) in relazione alla persistente ritenzione idro-salina ed allo stato ipertensivo, garantendo comunque il mantenimento della diuresi residua;  sostenere l’eritropoiesi con adeguate dosi di ESA; prevenire le infezioni per le problematiche cutaneo-mucosali legate al farmaco; monitorare la funzione tiroidea per prevenire l’ipotiroidismo subclinico. La manifestazione degli effetti collaterali non ha mai reso necessaria  la sospensione della  terapia.

 Il controllo TC-Torace (fig. 2) , effettuato dopo  6 mesi, ha mostrato una riduzione del 40% nelle dimensioni delle lesioni toraciche. Dopo 10 mesi dalla diagnosi, la terapia con Sunitinib ha mostrato una buona efficacia sulla regressione della neoplasia; si impone, comunque, uno stretto controllo degli effetti collaterali e un concomitante adeguamento del regime dialitico.

I risultati ottenuti con le nuove “targeted-therapy” stanno completamente ridisegnando  la strategia terapeutica del carcinoma renale avanzato. La scarsa comparabilità delle metodologie adottate e l’assenza di dati definitivi di sopravvivenza impongono, comunque, un atteggiamento di cauta e critica accettazione dei risultati attualmente disponibili.

release  1
pubblicata il  18 marzo 2012 
da Mollica A., Mollica F., Papalia T., Greco R., Bonofiglio R.
(UOC Nefrologia, Dialisi e Trapianto- P.O. Annunziata- Azienda Ospedaliera COSENZA)
Parole chiave: carcinoma renale metastatico, sunitinib
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