Login




Trapianto

UNA NUOVA MUTAZIONE DEL GENE PER IL FATTORE I DEL COMPLEMENTO NON ASSOCIATA A RECIDIVA DI SINDROME EMOLITICO-UREMICA ATIPICA DOPO TRAPIANTO RENALE

poster

INTRODUZIONE

La sindrome emolitico-uremica (HUS) è una malattia rara caratterizzata da anemia emolitica non immune, piastrinopenia e insufficienza renale. L'età maggiormente colpita è quella pediatrica ed è associata ad un’infezione (E. Coli produttori di Shiga-like toxins, Streptococcus pneumoniae, etc) (Noris M-2009) [1]. Tuttavia, è noto che vi sia una forma di HUS atipica (aHUS) non associata ad infezione che rappresenta circa il 10% dei casi di HUS (Noris M-2010) [2]. La prognosi della aHUS è frequentemente infausta con circa la metà dei pazienti che progrediscono verso forme di insufficienza renale in stadio terminale (ESRD) con necessità di trapianto renale. La patogenesi della aHUS riconosce un’attivazione incontrollata della via alternativa del complemento e, nella metà dei pazienti è stata riscontrata una mutazione dei geni che codificano per i fattori del complemento. In particolare è stata dimostrata un’associazione tra il rischio di sviluppare una recidiva di aHUS dopo trapianto renale e singole mutazioni dei geni che codificano per i fattori del complemento H (CHF), I (CHI) e per la proteina cofattore del complemento (MCP) (Bresin E-2006) [3] (full text) (Caprioli J-2006) [4] (full text). Riportiamo qui di seguito il caso di un paziente con ESRD secondaria a aHUS  sottoposto a trapianto renale in cui è stata riscontrata una mutazione di CHI non precedentemente descritta in letteratura che non si è associata a recidiva post-trapianto di aHUS. 

CASO CLINICO

Diagnosi di aHUS all’età di 48 anni con necessità di avvio della terapia sostitutiva. In tale occasione esami colturali negativi per infezioni batteriche. Nel corso della valutazione per l’inserimento in lista di trapianto renale lo studio delle anomalie genetiche e biochimiche della HUS ha evidenziato una mutazione in eterozigosi nell’esone II del gene codificante per CFI, con sostituzione di una citosina con una guanina in posizione 148 (148C>G), nella norma i geni CHF, MCP e l’attività dell’enzima ADAMTS-13. Nel dicembre 2011 il paziente veniva sottoposto a trapianto renale da donatore deceduto con immediata ripresa funzionale in assenza di segni clinici di aHUS. La terapia immunosoppressiva (ID) di induzione è stata con basiliximab 20 mg (t0 e t4), acido micofenolico (MPA)720 mgx2/die e steroide in accordo con il nostro protocollo per riceventi da donatori marginali. ID mantenimento con tacrolimus inserito con creatinina sierica (sCr) <2,5 mg/dl (livelli plasmatici 12-15 ng/ml nel 1 mese quindi ridotti nei mesi successivi sino a 6-8 ng/ml dal 3 mese), MMF360x2/die e prednisone 5 mg/die. A 6 mesi dal trapianto sCr 1,4 mg/dl, in assenza di segni clinico-laboratoristici di aHUS.

DISCUSSIONE

Le mutazioni dei geni codificanti per i fattori del complemento sono responsabili della aHUS che rappresenta circa il 10% dei casi di HUS. Tali mutazioni infatti determinano un’anomala attivazione della via alternativa del complemento (Figura1) con conseguente incapacità delle cellule endoteliali di proteggersi dall’attacco del complemento.  In pazienti con mutazioni dei fattori del complemento l’incidenza di recidiva di aHUS dopo trapianto renale è elevata (60%) con possibilità di perdita del trapianto nel 90% dei casi. In particolare le mutazioni di CFI hanno un’elevata frequenza di recidiva post-trapianto (70-80%)(Noris M-2010) [2]. In letteratura sono descritte strategie terapeutiche e profilattiche mirate a dare al paziente fattori del complemento normali (plamaferesi con plasma, trapianto combinato  fegato-rene) e/o a bloccare l’anomala attivazione della via alternativa (eculizumab)(Noris M-2010) [2] (Davin JC-2010) [5] (Nester C-2011) [6] (full text). Nel nostro paziente è stata riscontrata una mutazione in eterozigosi di CFI mai descritta prima e quindi non ancora caratterizzata. Per tale motivo non era quantificabile il rischio di sviluppo di aHUS pot-trapianto. Il trapianto è stato eseguito dopo aver informato il paziente circa il possibile rischio di recidiva di aHUS. Nell’immediato post-trapianto sono stati monitorati quotidianamente i markers di laboratorio di aHUS (emoglobina, piastrine, LDH, aptoglobina, schistociti) al fine di poter trattare precocemente una possibile recidiva. Tali esami sono sempre risultati nei limiti di norma. La funzione renale si è mantenuta ottimale a 6 mesi dal trapianto. In conclusione, nel nostro caso la mutazione in eterozigosi nell’esone II (148C>G) del gene codificante per CFI non si è associata ad una recidiva di aHUS post-trapianto aggiungendo così un nuovo pezzo nell’intricato puzzle delle mutazioni dei geni per il complemento.

release  1
pubblicata il  26 settembre 2012 
da Ranghino A,Tognarelli G, Basso E, Daidola G, Messina M, Priora M, Segoloni GP
(Dipartimento di Scienze Mediche - Università di Torino; SCDU Nefrologia, Dialisi e Trapianto - Città della Salute e della Scienza - Torino)
Parole chiave: trapianto renale
Non sono presenti commenti
Figure

Per inserire una domanda, segnalare la tua esperienza, un tuo commento o una richiesta di precisazione fai il login con il tuo nome utente e password.

Se non lo sei ancora puoi registrati partendo da qui.

Realizzazione: Tesi S.p.A.

Per assistenza contattare: Claudia Ingrassia, Tesi S.p.A.
0172 476301 — claudia.ingrassia@gruppotesi.com