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Emodialisi

CRITICITÀ CORRELATE AI CVC TUNNELLIZZATI: ESPERIENZA DI UN CENTRO

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INTRODUZIONE

L’invecchiamento della popolazione uremica ha portato ad un cambiamento del panorama degli accessi vascolari. Il confezionamento di un accesso vascolare definitivo con vasi nativi rappresenta la prima scelta, spesso tale opzione non può essere messa in atto a causa della scarsità del patrimonio vascolare e delle comorbidità. [1]

Negli ultimi anni si è registrato un crescente aumento del numero dei CVC tunnellizzati (CVCt), come accesso vascolare permanente sia nei pazienti prevalenti che incidenti. Questo ha portato ad un aumento del rischio di infezioni ad essi correlate.

Nei pazienti in trattamento dialitico portatori di CVCt il rischio di mortalità nel primo anno di trattamento è maggiore del 40-70% rispetto ai pazienti che utilizzano una fistola artero venosa (FAV). [2]

MATERIALI E METODI

Abbiamo effettuato un'analisi retrospettiva della tipologia degli accessi vascolari della popolazione dialitica afferente alla nostra Struttura nell'anno 2011 concentrando successivamente l'attenzione sui pazienti portatori di CVCt.

I pazienti prevalenti totali sono stati 155: 114 portatori di FAV (74%), 19 portatori di CVCt, (12%), 22 intrattamento peritoneale (14%). (Figura 1a)

I pazienti incidenti totali sono stati 44: 22 pazienti hanno confezionato FAV (50%), 10 hanno posizionato CVCt (23%) e 12 pazienti hanno posizionato catetere peritoneale (27%). (Figura 1b)

I pazienti prevalenti in trattamento emodialitico sono stati 133 con il seguente accesso vascolare: 101 portatori di FAV  nativa (76%), 13  portatori di FAV protesica (10%), 19 portatori di CVCt (14%). (Figura 1c)

In ambito regionale si è registrato un progressivo incremento dei pazienti potatori di CVCt, con  un tasso di prevalenza che nell'anno 2011 si è attestato al 26,1 %. (Figura 2)

Presso il nostro centro si è osservato un trend simile, negli ultimi 5 anni, si è passati da una media dell’8% ad tasso di prevanza per l'anno 2011 del 14,3%. (Figura 3)

Nel corso dell’anno oggetto dell’osservazione il numero totale dei pazienti portatori di CVCt è stato di 23, di essi 4 sono deceduti, per un totale di 5213 giorni/catetere.

Tra questi 23 pazienti 11 erano portatori di CVCt di Tesio posizionato in v. giugulare, n° 3 CVCt di Tesio posizionato in v. femorale, n° 9 CVCt Hemoglide  doppio lume posizionati in v. giugulare, l’età anagrafica compresa tra 59 e 85 anni .(Figura 4)

Tutti i CVCt hanno utilizzato come lock di chiusura citrato di sodio al 3,8%.

La gestione dei CVC di stretta competenza degli infermieri di dialisi, aveva l'obiettivo di assicurare una corretta assistenza e prevenire le possibili complicanze.

Le manovre di attacco /stacco hanno seguito un protocollo  standardizzato, realizzato nel nostro centro ad un operatore con tecnica no-touch al fine di snellire l’attività assistenziale nelle sale di dialisi ed utilizzare al meglio le risorse umane a disposizione.

È stata creata una scheda di sorveglianza per la raccolta sistematica dei dati, in cui l'infermiere aveva l'obbligo di segnalare la presenza di malfunzionamento o la eventuale presenza di segni di flogosi e/o secrezione  debitamente graduati in quattro livelli ben definiti, nonchè registrare gli eventuali provvedimenti terapeutici intrapresi sù indicazione del nefrologo. (Figura 5)

RISULTATI

I dati relativi al periodo d’osservazione hanno rilevato l’insorgenza di 11 batteriemie CVC correlate su 6 pazienti per un totale di 2,1/1000 gg catetere. Tra i 6 pazienti che hanno sviluppato l’evento infettivo 3 erano diabetici ed 1 era portatore di CVCt  in vena femorale. Tre pazienti hanno sviluppato una doppia infezione con diverso agente patogeno: di questi 2 erano diabetici ed 1 presentava condizioni igieniche scadenti secondarie a gravi comorbilità psichiatriche. Gli agenti patogeni responsabili delle batteriemie sono stati 7 gram negativi (Figura 6a) e 4 gram positivi (Figura 6b).

Tutti i pazienti sono stati trattati con terapia antibiotica mirata, sia sistemica che in lock therapy, in due casi si è resa necessaria la sostituzione del CVCt. [3] [3]

Alla luce dei dati raccolti si è reso necessario ridiscutere il protocollo fin ad allora adottato. Il documento costituisce uno strumento e nella fattispecie, quello proposto, permette di preparare e utilizzare in modo sterile il materiale necessario, prevenire e riconoscere eventuali infezioni del CVC, diagnosticare precocemente le complicanze correlate al malfunzionamento (trombosi o dislocazione del CVC) coinvolgendo ogni singolo operatore.

Alla luce dei dati esposti, è stata proposta una modifica dello stesso, con la presenza di 2 operatori per la procedura di attacco/stacco ed è stato sostituito il disinfettante in uso, lo iodiopovidone con amuchina al 10%, visto il maggior numero di batteriemie CVCt correlate sostenute da germi gram negativi.

CONCLUSIONI

In considerazione delle caratteristiche  della  popolazione uremica,   la necessità di utilizzare come accesso vascolare definitivo un CVCt in luogo di una FAV diventa sempre più una scelta obbligata. A questa situazione consegue un aumento del rischio infettivo per i pazienti in emodialisi. [4] [4]

Le batteriemie CVC  correlate costituiscono un problema aperto [5] [5] che ci ha indotto a riflettere su quali siano  le strategie migliori per contenerlo, identificate essenzialmente nei punti di seguito elencati:

1. l’adozione di protocolli condivisi (regionali/nazionali) con cui definire procedure standardizzate relative alla fase di attacco/stacco,disinfettante da utilizzare; lock di chiusura del CVCt;

2. la formazione del personale;

3. verifica adesione ai protocolli (audit; individuazione figure tutoriali);

4. selezione dei pazienti a rischio cui riservare presidi personalizzati (taurolidina [6] [6]).

release  1
pubblicata il  26 settembre 2012 
da Borzumati M., Vio P., Funaro L., Gioira S., Gunella P., Mancini A.
(SOC Nefrologia e Dialisi Verbania)
Parole chiave: accesso vascolare, cateteri a permanenza, emodialisi
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