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Nefrologia clinica

TRATTAMENTO CON RITUXIMAB DELLE GLOMERULONEFRITI PRIMITIVE E SECONDARIE

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INTRODUZIONE

Il Rituximab rappresenta una nuova opportunità terapeutica in grado di indurre remissione nei pazienti con glomerulonefriti (GN) primitive e secondarie. Sebbene diversi studi abbiano provato la sua efficacia nel migliorare gli outcomes di queste patologie autoimmuni, il suo ruolo negli schemi terapeutici è ancora da definire.

PAZIENTI E METODI

Abbiamo studiato retrospettivamente 28 pazienti, 22 affetti da GN primitive (GNM e GSFS) e 6 affetti da GN secondarie (LES, Vasculiti ANCA-associate, GNMP crioglobulinemiche) con riacutizzazione della malattia nonostante la terapia immunosoppressiva standard (Figura 1); 26 pazienti presentavano segni clinico-laboratoristici di sindrome nefrosica. È stata praticata terapia con Rituximab alla dose di 375 mg/m²/sett. per un totale di 2-4 somministrazioni. È stato eseguito follow-up trimestrale per un periodo di osservazione  dai 3 ai 15 mesi (follow-up mediano 6 mesi, IQR 3-12), monitorando proteinuria, funzione renale e sottopopolazioni linfocitarie. L’analisi statistica è stata condotta mediante il Wilcoxon test (Figura 2).

RISULTATI

Dopo 3 mesi dal trattamento con Rituximab si evidenzia una riduzione statisticamente significativa della proteinuria con un valore mediano di 1.65 g/24h (IQR 0.76-6.08; p<0.001, Wilcoxon test), in particolar modo per i pazienti con GN primitive (p<0.001), mentre nei pazienti con GN secondarie la riduzione della proteinuria non raggiungeva la significatività statistica (Figura 3). I linfociti B CD20 risultano azzerati nei primi 3 mesi (Figura 4), mentre l’eGFR e la creatininemia rimangono stabili (Figura 5-6). A sei mesi post-trattamento si osserva un trend in riduzione dei valori di proteinuria rispetto al valore di base (mediana 1.92 g/24h, IQR 0.7-9.35, p=0.05); contestualmente, si osserva la ricomparsa dei linfociti CD20 in circolo (mediana 31 cell/mmc, IQR 15-158). A 12 mesi dal trattamento (7 pazienti) non si osservano differenze statisticamente significative rispetto ai valori di partenza di proteinuria (mediana 2.62 g/24h, IQR 0.1-2.7; p = n.s.); tuttavia, solo un paziente su 7 presentava recidiva di sindrome nefrosica.

CONCLUSIONI

La nostra esperienza suggerisce che il Rituximab può rappresentare una alternativa terapeutica per pazienti con GN primitive e secondarie, resistenti alle terapie convenzionali. Tuttavia, il trend in incremento dei valori di proteinuria con la ricomparsa dei linfociti B CD20+ suggerisce la necessità di una dose di richiamo dopo 6 mesi dal ciclo iniziale per mantenere più a lungo il quadro di remissione completa e/o parziale indotta dal farmaco.

release  1
pubblicata il  27 settembre 2012 
da M.Fiorentino, V.Montinaro, M.Strippoli, C.Manno, L.Gesualdo
(UOC di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Dipartimento dell'Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari "Aldo Moro")
Parole chiave: glomerulonephritis
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