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Accessi vascolari

SOPRAVVIVENZA DELLA PERSONA IN DIALISI CRONICA PER TUTTE LE TIPOLOGIE DI PRIMO ACCESSO VASCOLARE

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Introduzione

È noto che iniziare l’emodialisi con una fistola artero-venosa (FAV) nativa invece che con un catetere venoso (CV) si associa ad esiti migliori, in termini di morbidità e sopravvivenza. Tuttavia, nell’ultimo decennio si è osservata una costante diminuzione della prevalenza e dell’incidenza di persone in dialisi con fistola artero-venosa nativa e un complementare incremento di quelle con catetere venoso (figura 1 e figura 2). Tra le FAV native all’arto superiore si differenziano le prime distali, le successive distali, le prossimali, mentre tra i CV si distinguono i temporanei e i tunnellizzati; vanno considerate a parte le fistole protesiche. Pochi studi hanno valutato esiti di salute associati all’entrare in dialisi non genericamente con una fistola o un catetere, ma con una più specifica tipologia di accesso vascolare. Nell’ipotesi che iniziare l’emodialisi con uno specifico accesso vascolare rappresenti un proxy di condizioni cliniche predittive di esiti differenti, è stato condotto uno studio per valutare la sopravvivenza delle persone tenendo conto della tipologia di accesso vascolare iniziale.

Casistica e Metodi

È stato condotto uno studio retrospettivo su una coorte di 7.861 pazienti incidenti in emodialisi tra il 2002 e il 2011, notificati al  Registro Regionale Dialisi e Trapianto del Lazio. La valutazione della probabilità di sopravvivenza delle persone è stata effettuata utilizzando il metodo di Kaplan-Meier. Il rischio di morte è stato valutato attraverso una regressione multivariata di Cox, nella quale sono stati considerate come potenziali fattori di confondimento variabili demografiche, cliniche e assistenziali.

Risultati

Nella figura 3 è presentata la probabilità di sopravvivenza nei primi 5 anni dall’ingresso in dialisi, per ciascuna specifica tipologia di accesso vascolare. La probabilità di sopravvivenza era dell’89,8% a 1 anno e del 62,1% a 5 anni per chi entrava in dialisi con una prima FAV distale; dell’89,8% a 1 anno e del 59,8% a 5 anni per chi entrava in dialisi con un rifacimento di FAV distale; dell’87,0% a 1 anno e del 54,5% a 5 anni per chi entrava in dialisi con una FAV prossimale; dell’82,2% a 1 anno e del 49,4% a 5 anni per chi entrava in dialisi con una FAV protesica; del 75,5% a 1 anno e del 48,3% a 5 anni per chi entrava in dialisi con un CV temporaneo; del 73,3% a 1 anno e del 38,6% a 5 anni per chi entrava in dialisi con un CV tunnellizzato. La probabilità di sopravvivenza mediana delle persone è risultata essere 94 mesi per chi aveva iniziato la dialisi con una FAV distale, 69 mesi con una FAV prossimale, 52 mesi con una FAV protesica, 55 mesi con un CV temporaneo e 35 mesi con un CV tunnellizzato. Nella tabella sono presentati i risultati del modello di Cox.

Conclusioni

Lo studio, oltre a confermare il già noto maggior rischio di decesso per persone entrate in dialisi con un catetere venoso, suggerisce che fistola artero-venosa prossimale e protesica si associno a condizioni cliniche predittive di esiti più sfavorevoli. L’importanza del primo accesso vascolare anche come fattore predittivo della sopravvivenza in dialisi deve sollecitare a una maggiore attenzione verso persone entrate in dialisi con tipologie di accesso associate a esiti più sfavorevoli. Tale attenzione deve essere tanto più presente, considerando il sempre più frequente ricorso al catetere invece della fistola artero-venosa nativa.

release  1
pubblicata il  13 settembre 2013 
da Anteo Di Napoli¹, Luigi Tazza², Serena Chicca¹, Carmine De Cicco³, Domenico Di Lallo¹, Gabriella Guasticchi¹, per il Registro Regionale Dialisi e Trapianto del Lazio
(¹Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica, Roma; ²Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; ³Ars Medica, Roma )
Parole chiave: accesso vascolare, analisi di mortalità, emodialisi, epidemiologia
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