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Malattie rare

Shock settico in un paziente affetto da mielomeningocele associato ad un rarissimo quadro di Elephantiasis nostras verrucosa (ENV)

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Elephantiasis Nostras Verrucosa

L’ENV è una rara e singolare complicanza dermatologica dell’ostruzione linfatica cronica associata ad obesità, infezioni dei tessuti molli, scompenso cardiaco [1] (full text), neoplasie e trattamenti radianti. È caratterizzata microscopicamente da ipercheratosi degli strati profondi della cute, fibrosi del derma e lichenificazione, mentre macroscopicamente si manifesta con importante edema indurito bilateralmente e presenza di formazioni esofitiche di aspetto verrucoso o papillomatoso che determinano un aspetto della cute ad acciottolato. Dal punto di vista della patogenesi è stato ipotizzato che l’essudato accumulato nell’interstizio sia in grado di provocare un’infiammazione cronica in grado di alterare la risposta immune locale e quindi predisporre ad infezioni dei tessuti molli; ogni episodio infettivo favorirebbe la fibrosi dei vasi linfatici aggravando ulteriormente l’edema e riducendo ulteriormente il drenaggio dei siti infetti, innescando così un circolo vizioso. Il linfedema predisponente alla ENV si riscontra nel 9% dei casi di mielomeningocele, con una prevalenza circa 100 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.

CASO CLINICO

M.Z. un uomo di 36 anni affetto da obesità, mielomeningocele con paralisi e deformazione degli arti inferiori e da IRC (III stadio K/DOQI) secondaria a pielonefrite cronica, veniva condotto in Pronto Soccorso per dispnea. Gli esami ematici mostravano: grave compromissione della funzione renale (Cr. 5.7 mg/dl, BUN 102 mg/dl), severe acidosi metabolica, anemia ed ipocalcemia, rialzo degli indici di flogosi e  rabdomiolisi (Mioglobina 4800 ng/ml, CPK 2438 UI/L). La radiografia del torace documentava focolai flogistici polmonari bilaterali, erano presenti piuria ed elefantiasi degli arti inferiori con lesioni cutanee nodulari, iperpigmentate, verrucose e maleodoranti. Veniva posta diagnosi di IRA su IRC in un quadro di sepsi a partenza multifocale ed avviato trattamento dialitico. Nei giorni successivi si assisteva ad ulteriore scadimento del quadro neurologico e clinico-laboristico (PCR 22.1 mg/dl, PCT 139 ng/ml, GB 22850/mm3) fino allo shock settico con trasferimento del paziente in Rianimazione. In seguito all’isolamento di Pseudomonas aeruginosa, Candida crusei e Klebsiella pneumoniae (urina, espettorato, tampone cutaneo, sangue), veniva potenziata la terapia antimicrobica (Meropenem, Linezolid, Colimicina, Anidulafungin) e proseguita dialisi in modalità CVVHDF. Il persistente stato settico associato al riscontro radiologico di osteomielite di tibia e perone bilateralmente, maggiormente a sinistra, ponevano indicazione all’amputazione dell’arto inferiore sinistro. Si osservava quindi miglioramento clinico con drastica riduzione degli indici di flogosi e di rabdomiolisi e progressivo recupero della funzionalità renale. La biopsia cutanea concludeva per ENV.

DISCUSSIONE

La sepsi e le sue complicanze (shock settico, MOF/MODS) rappresentano una problematica in drammatico incremento negli ultimi anni; parallelamente il progresso della farmacologia ha messo a disposizione farmaci antimicrobici sempre più potenti e con elevata biodisponibilità. Il ricorso alla chirurgia sembra quindi ad oggi un’evenienza rara e quasi aneddotica sebbene riportata in Letteratura. Casi come questo riportano però l’attenzione su quelle condizioni, per fortuna rare, nelle quali tuttavia il solo trattamento antibiotico e di supporto non è in grado di determinare un successo terapeutico. Le stesse Linee Guida [2] sul trattamento della sepsi severa e dello shock settico raccomandano, in associazione alla terapia antibiotica empirica inizialmente e mirata successivamente, la diagnosi della specifica sede anatomica del processo infettivo e il controllo definitivo di qualsiasi sorgente di possibile contaminazione microbiologica suscettibile di trattamento specifico (grado di evidenza 1C). La scarsa penetrazione degli antimicrobici in tessuti non intensamente vascolarizzati (ad es. l’osso) associata alla persistenza di un terreno favorente l’infezione (ascessi, devices, ecc.) rendono necessaria ed indispensabile la revisione chirurgica e talvolta la chirurgia demolitiva che, in certi casi, si profila come unica chance di sopravvivenza per il paziente critico.

CONCLUSIONI

L’ENV è una patologia inusuale nel cui ambito raramente si ricorre alla terapia chirurgica demolitiva. Nel caso descritto sono state valutate tutte le possibili opzioni terapeutiche e alla fine si è deciso per l’amputazione con disarticolazione di coscia che è stata verosimilmente salva-vita. L’asportazione delle zone necrotiche ha inoltre contribuito al recupero della funzione renale residua normalizzando gli indici di miolisi.

release  1
pubblicata il  18 settembre 2013 
da Manzione A*, Maresca B*, Moioli A*, Scrivano J*, Salvi P**, Barberi S*, Stoppacciaro A***, Punzo G*, Menè P*
(*Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Facoltà di Medicina e Psicologia, Università di Roma “Sapienza”, U.O.C. Nefrologia e Dialisi A.O. Sant’Andrea, Roma; **Facoltà di Medicina e Psicologia, Università di Roma “Sapienza”, U.O.C. Chirurgia d’Urgenza A.O. Sant’Andrea, Roma; ***Facoltà di Medicina e Psicologia, Università di Roma “Sapienza”, U.O.C. Anatomia Patologica A.O. Sant’Andrea, Roma)
Parole chiave: bmi, dialisi, edemi, emodialisi, fibrosi, funzione renale, funzione renale residua, infezione fungina, infiammazione, insufficienza renale acuta, insufficienza renale cronica, malattia renale cronica, nefrologia clinica, obesità, scompenso cardiaco, sepsi, terapia antimicotica, uremia
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