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Nefrologia clinica

RUOLO DELLE BIOPSIE RENALI (BR) RIPETUTE SU RENE NATIVO NELLA GESTIONE DELLE NEFROPATIE GLOMERULARI: 40 ANNI DI ESPERIENZA MONOCENTRICA

Questo Abstract è stato accettato come Comunicazione.

Razionale

Il ruolo della ribiopsia su reni nativi resta argomento controverso e poco trattato, seppure essa sia sempre più utile nella gestione delle glomerulonefriti (GN), specie in presenza di inatteso peggioramento funzionale, mancata risposta o resistenza al trattamento.

Casistica e Metodi

Analisi retrospettiva delle ribiopsie condotte tra il 1967 e il 2010 in un singolo Centro, con attenzione alle indicazioni, evoluzione istologica, funzione renale, concordanza con sospetto clinico. Arruolati 312 pazienti sottoposti ad almeno 2 biopsie (661 indagini: 312 prime, 312 seconde, 34 terze, 3 quarte biopsie).

Risultati

Procedura sempre più frequente: 50% delle ribiopsie dopo l’anno 2000.

Tempo tra prima e seconda biopsia 57±54 mesi, tra terza e quarta 19±21 mesi.

Età alla prima biopsia 42±20 anni, alla quarta 31±17 (p=0,000). La funzione renale peggiora alla ribiopsia (Crs mediana 1,2 mg/dl alla 1^, 2,1 mg/dl alla 4^, p<0,005).

Principali indicazioni alla 1^biopsia: Sindrome nefrosica (35,9%), anomalie urinarie isolate (35,9%). Ribiopsia soprattutto per peggioramento funzionale (32%) e sindrome nefrosica persistente/recidivante (23%).

Nel 78,5% diagnosi confermata alla seconda biopsia (N=245, gruppo 1; prevalgono IgAN, GNM);

Nel 21,5% delle seconde biopsie (N=67 – gruppi 2 e 3) la diagnosi istologica differisce dalla precedente; tra questi, parziale discordanza diagnostica nel 10,9% (N=34 – gruppo 3), dopo indagini immunoistochimiche/microscopia elettronica. Prevale alla prima biopsia GN lesioni minime, alla seconda GSFS.

La concordanza clinico-istologica migliora con la ribiopsia, ma non viene raggiunta nel 25,8% alla seconda e nell’11,8% alla terza. La discordanza è massima nel gruppo 2 e 3 (alla seconda biopsia rispettivamente 63,6% e 54,5%).

Conclusioni

La ribiopsia è un valido strumento, almeno in casi selezionati. La conoscenza del grado di attività e dell’evoluzione di una nefropatia già nota consente un’adeguata modulazione della terapia. La possibilità di variazione consistente del quadro istologico nel tempo non è rara e non va sottovalutata, specie nei casi di scarsa concordanza clinico-istologica alla prima indagine.

A. Linsalata*, M. Burdese*, L. Besso*, Marengo M^, G. Daidola*, D. Finocchietti*, L. Colla*, C. Guarena*, G. Mazzucco§, G.P. Segoloni*, P. Stratta°, L. Biancone*
(*S.C. Nefrologia, Dialisi e Trapianto renale, Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza, Presidio Molinette, Torino ^S.C. Nefrologia e Dialisi – Ospedale “SS. Annunziata”, Savigliano §Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana - Servizio di Anatomia Patologica dell'Università degli Studi di Torino °S.C.U. Nefrologia e Trapianto – Università del Piemonte Orientale )
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