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Nefrologia clinica

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA & EDEMA POLMONARE ACUTO: C’E’ SPAZIO PER IL CHIRURGO?

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INTRODUZIONE

Il trattamento ottimale della malattia renovascolare (MRV) da stenosi dell'arteria renale non è ben definito: di recente alcuni trials randomizzati controllati e metanalisi non avrebbero indicato una superiorità del trattamento radiologico interventistico (angioplastica + stent) rispetto alla sola terapia medica (Scarpioni-2005 [1], Kumbhani-2011 [2]). Il ruolo del trattamento chirurgico della MRV è stato sempre più marginalizzato a favore della radiologia interventistica.

CASO CLINICO

Descriviamo il caso clinico di una donna di 71 anni, ipertesa, ex-fumatrice, monorene funzionale (rene sx grinzo), affetta da insufficienza renale cronica (creatinina 2 mg/dl, eGFR 25 ml/min) ricoverata in Cardiologia per edema polmonare acuto (EPA) (Figura 1) associato a crisi ipertensiva e poi trasferitaci per insufficienza renale acuta ingravescente (creatinina 5,11 mg/dl, eGFR 9 ml/min) a diuresi conservata. L'anno precedente episodio di crisi ipertensiva con EPA imputata a disfunzione acuta ventricolare sx su base ischemica (malattia critica del tronco comune) con successivo intervento di duplice bypass aortocoronarico. In assenza, in questo caso, di disfunzione ventricolare sx, l'arteriografia renale ha confermato il sospetto clinico di "flash pulmonary edema" (FPE) secondario a stenosi subocclusiva all'origine dell'arteria renale dx (Figura 2). Fallito il tentativo di angioplastica per impossibilità di valicare il tratto stenotico con il filo guida, si è reso necessario l'inizio del trattamento emodialitico. In seconda istanza è stata eseguita con successo la rivascolarizzazione per via chirurgica del rene dx (bypass con protesi in Dacron tra arteria iliaca comune dx L-T e renale dx T-T) (Figura 3), che ha permesso l'interruzione della dialisi dopo dodici giorni dall'intervento, un recupero della funzione renale (creatinina 2,12 mg/dl, eGFR 23 ml/min) ed il ripristino di un buon compenso emodinamico. A distanza di sei mesi nuova recidiva di episodio di FPE associato a peggioramento della funzione renale (creatinina 4,75 mg/dl, eGFR 10 ml/min), a causa di una trombosi parziale della protesi e dell'arteria renale nativa associata a stenosi significativa di entrambe le anastomosi (Figura 4). È stata eseguita una arteriografia renale con tromboaspirazione, angioplastica di entrambe le anastomosi e successivo posizionamento di stent in corrispondenza dell'anastomosi distale (protesi-arteria renale). La terapia medica è stata ottimizzata aggiungendo una doppia antiaggregazione (acido acetilsalicilico + clopidrogel) e Ace-inibitore. A tre mesi dall'ultima procedura la paziente non ha più presentato episodi di EPA, la funzione renale è in miglioramento (creatinina 2,41 mg/dl, eGFR 21 ml/min) e mantiene un buon controllo pressorio.

CONCLUSIONI

Questa esperienza suggerisce che, in casi selezionati e con una stretta collaborazione interspecialistica, in caso di insuccesso della radiologia interventistica, la terapia chirurgica può essere considerata un'opzione ancora valida nel trattamento della MRV e delle sue complicanze sistemiche (FPE), fermo restando la necessità di uno stretto follow up clinico per l'elevato rischio di recidive.

release  1
pubblicata il  18 settembre 2013 
da Albertazzi V, Ricardi M, De Amicis S, D'Amore S, Melfa L, Scarpioni R.
(UO Nefrologia e Dialisi, Ospedale Civile Guglielmo da Saliceto, ASL Piacenza)
Parole chiave: angioplastica percutanea, ecocolordoppler, insufficienza renale acuta, ipertenssione, rivascolarizzazione percutanea renale, stenosi dell'arteria renale
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