Lo scompenso cardiaco è una patologia diffusa, destinata ad aumentare per l'invecchiamento della popolazione. I pazienti con SCC avanzato possono manifestare sintomi severi malgrado una terapia massimale. Qualora siano già stati valutati rivascolarizzazione percutanea, terapia elettrica e chirurgica, sia stata esclusa la possibilità di trapianto cardiaco, ma siano frequenti le ospedalizzazioni per recidive di scompenso, l’ultrafiltrazione peritoneale rappresenta una valida arma terapeutica. Riportiamo un nostro caso clinico.
Donna di 78 anni, affetta da diabete mellito tipo II in terapia insulinica da 25 anni, con coronaropatia trivasale già trattata, insufficienza mitro - aortica e tricuspidale moderata, ipertensione arteriosa, classe III NYHA, frazione d'eiezione (FE) 25%, pressione polmonare (PAPs) 43 mmHg. Filtrato glomerulare (GFR) 23 mL/min/1.73 m2 (MDRD) stabile nell’ultimo anno. Diuresi media 2000cc/die a diuretico massimale. Nell’ultimo anno quattro ricoveri per SCC in reparti ad alta intensità di cura, per un totale di 146/219 giorni. Necessità di brevi cicli di CVVH, di emodialisi e di toracentesi evacuative.Si posiziona catetere peritoneale e la paziente inizia uno scambio notturno con 1000cc di icodestrina. Peso corporeo all’inizio dell’UFP 48 Kg, diuresi 2000cc/die, UF media 450cc/die, pressione 130/70, furosemide 750 mg/die.
Il trattamento è stato ben tollerato, con progressivo calo ponderale da 48 a 42 Kg, mantenimento di una UF media di 500cc/die, stabilità del GFR, riduzione del diuretico, passaggio da una classe NYHA III a II, aumento dell’intervallo libero da ricoveri per scompenso nel periodo di osservazione
Nella nostra esperienza l’UFP migliora il compenso emodinamico del paziente, riducendo i giorni di ricovero per SCC e migliorando la qualità di vita. Resta da stabilire, con studi randomizzati e controllati su ampie casistiche, a quali pazienti proporla e a che stadio di malattia cardiorenale iniziare una valutazione integrata cardio-nefrologica.