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Metabolismo calcio fosforo/nefrolitiasi

Efficacia della sola terapia con tiosolfato di sodio in un caso di calcifilassi

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Razionale

L’arteriolopatia uremica calcifica (CUA), nota con il termine di calcifilassi, è una rara condizione morbosa che si manifesta prevalentemente, ma non esclusivamente, nei pazienti affetti da CKD in stadio avanzato.

Disordine grave, potenzialmente fatale ed assai invalidante, colpisce dall’1% al 4% dei pazienti emodializzati. (Perloff LJ, Spence RK, Grossman RA, Barker CF. Lethal post-transplantation calcinosis. Transplantation 1979;27:21 [1]).

È descritta anche, sia pur meno frequentemente, nei trapiantati di rene e in pazienti con CKD non ancora in dialisi (Janigan DT, Hirsch DJ,KlassenGA,MacDonaldAS.Calcified subcutaneous arterioles with infarcts of the subcutis and skin (“calciphylaxis”) in chronic renal failure. Am J Kidney Disease 2000; 35:588 [2]).

La mortalità è elevata (60-80%). (Weenig RH, Sewell LD,DavisMD, McCarthy JT, Pittelkow MR. Calciphylaxis: natural history, risk factor analysis and outcome. J Am Acad Dermatol 2007; 56 (4): 569-79. [3]).

L’aspetto istopatologico è caratterizzato da massiva calcificazione mediale delle arteriole dermo-ipodermiche e trombosi venulare.

Il quadro clinico è caratterizzato da lesioni dolorose della cute che tendono a divenire necrotiche con trasformazione ulcerativa e gangrenosa; talora richiedono amputazione e frequentemente si complicano con infezioni che esitano in sepsi e morte. (Stuart M. Spargue. Painful skin ulcers in a Hemodialysis patient. Cjasn Vol.9 January 2014 [4]).

L’etiopatogenesi della CUA è ancora scarsamente nota: sembrerebbero implicati agenti sensibilizzanti quali l’iperfosforemia, l’ipercalcemia, l’aumentato prodotto calcio-fosforo, elevati livelli di PTH ed agenti stimolanti quali deficit  di proteina C ed S, deficit di ATIII, deficit di inibitori della calcificazione vascolare quali fetuina, matrix GLA protein, deficit di vitamina K, somministrazione di vitamina D e/o suoi analoghi, terapia marziale, steroidi, citostatici/agenti immunosoppresori, ischemia e traumi locali (Selye H. Calciphylaxis. Chicago, III: University of Chicago Press; 1962 [5]).

Ad oggi la terapia più efficace è rappresentata dalla combinazione di tiosolfato di sodio ed  ossigenoterapia iperbarica (OTI). (Araya CE, Fennel RS, Neiberger RE, et al. Sodium thiosulfate treatment for calcific uremic arterolopathy in children and young adults. Clin J Am Soc Nephrol 2006 [6] (full text)). Il meccanismo d’azione del primo non è ancora ben conosciuto; si ipotizza possa indurre la dissoluzione dei depositi di calcio insieme ad un’azione antiossidante. Il ruolo dell’OTI sembra possa ricondursi ad una più rapida guarigione delle lesioni cutanee.(Tittelbach J, Graefe T, Wollina U. Painful ulcers in calciphylaxis-combined treatment with maggot therapy and [7] oral pentoxyfillin. J Dermatolog Treat 2001; 12 (4): 211-4 [7]).

Caso Clinico

Emodializzata cronica per ADPKD di anni 59.

Pregresso duplice trapianto di rene da cadavere.

Paratiroidectomizzata per IperPTH secondario.

Diabete tipo II insulino-trattato.

Anamnesi negativa per malattie autoimmuni.

Fosforemie mal controllate (media 2 mmol/L) per scarsa compliance, PTH soppresso, elevato livello CaxP.

Trattamento emodialitico trisettimanale con bicarbonato-dialisi.

Nel luglio 2013 riscontro di FA persistente per cui iniziò trattamento con warfarin.

A distanza di circa 15 giorni comparsa di lesioni cutanee violacee, dolorose, a rapida evoluzione ulcero-necrotica localizzate bilateralmente agli arti inferiori (in particolare cosce).

Quadro clinico estremamente suggestivo per CUA per cui non fu ritenuto opportuno eseguire la biopsia cutanea.

L’approccio terapeutico fu il seguente:

a) sospensione chelanti del P a base di calcio ed utilizzo di Sevelamer Carbonato e Carbonato di Lantanio

b) sospensione della terapia marziale

c) sospensione vitamina D

d) sospensione warfarin e sua sostituzione con EBPM

e) implementazione terapia dialitica mediante HDF on line (4,30 per seduta/trisettimanale)

f) adeguato trattamento analgesico

g) prescrizione di OTI peraltro sospesa in occasione della prima seduta per grave claustrofobia.

Venne instaurato trattamento con tiosolfato di sodio 25 grammi per seduta, somministrato nel corso dell’ultima ora di ogni dialisi.

Contestualmente nel corso di ogni seduta emodialitica veniva effettuato debridment chirurgico e trattamento intensivo delle lesioni cutanee mediante utilizzo di preparati a base di: alginato, idrocolloide e carbossimetilcellulosa argentica.

Tali medicazioni venivano eseguite da personale medico-infermieristico dedicato.

Risultati

A distanza di 12 mesi dalla diagnosi si è assistito ad una completa risoluzione della CUA.

Il decorso clinico è stato caratterizzato da due episodi di sovrainfezione delle lesioni cutanee da Gram positivi, risolti mediante trattamento antibiotico sistemico (teicoplanina) e topico (gentamicina).

Non è stato registrato alcun effetto collaterale significativo relativo all’utilizzo del tiosolfato di Na (ipersensibilità, acidosi metabolica, aumento del senso di sete).

Il trattamento è stato continuato fino a completa guarigione delle lesioni cutanee.

Conclusioni

La diagnosi tempestiva ed un inizio precoce del trattamento locale (debridment chirurgico) e sistemico (tiosolfato di sodio) sono risultati determinanti nella risoluzione del caso.

Pur nell’impossibilità di sottoporre la paziente a OTI (claustrofobia), l’utilizzo del solo tiosolfato di sodio si è rivelato ugualmente efficace.

 

release  1
pubblicata il  28 settembre 2014 
da Giuseppe Scaparrotta¹, Claudio Vinci¹, Mirca Rebeschini¹, Fabiola Donabello², Agostino Naso¹
(¹Nefrologia, Dialisi e Trapianto Azienda Ospedaliera Padova -Emodialisi Ospedale Sant’Antonio Padova; ²Emodialisi Ospedale Sant’Antonio Padova )
Parole chiave: arteriolopatia uremica calficica (CUA), CKD, tiosolfato di sodio
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