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Trapianto Renale

"NIENTE FERISCE, AVVELENA, AMMALA, QUANTO LA DELUSIONE". UNA LUNGA CORSA AD OSTACOLI VERSO IL TRAPIANTO DA VIVENTE

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INTRODUZIONE

La popolazione di pazienti in dialisi è sempre più anziana. Negli Stati Uniti circa il 50% dei pazienti incidenti ha più di 65 anni e un terzo più di 70. E’ inevitabile considerare la possibilità di trapianto anche in questi pazienti, nonostante la selezione dei candidati, condotta con criteri scarsamente definiti, sia estremamente complessa. (C. Ponticelli, MA Podestà) [1]

Nell’anziano aumentano la prevalenza e la severità delle condizioni comorbide e il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari è molto alto, così come è alta la probabilità di un loro aggravamento quando preesistenti alla dialisi. Solo una minoranza di pazienti che entrano in dialisi sopra i 65 anni non presentano comorbidità. (Tomson C, Udayaraj U [2] (full text)), (Faravardeh A, Eickhoff M [3]).

Per questo col passare degli anni l’inserimento in lista di trapianto diventa sempre più complicato. A fronte di riceventi e donatori più anziani, l’idoneità richiesta non fa distinzione di età: al ricevente giovane sono richiesti esami da ricevente anziano, a quest’ultimo si richiedono le performance del ricevente giovane. Aumentano le indagini, le visite, i pareri, i costi. Il lavoro dei nefrologi è sempre più frustrante, la speranza per i pazienti soprattutto se anziani, sempre più chimera.

E sì che ormai è universalmente accettato come l’età non rappresenta più una barriera invalicabile al trapianto così com’è condiviso che nel paziente anziano trapiantato l’aspettativa di vita, sicuramente meno favorevole rispetto al ricevente più giovane, è tuttavia decisamente migliore se confrontata con quella di pazienti con caratteristiche simili che restano in dialisi, con una riduzione della mortalità del 41%-61% secondo le casistiche (Knoll GA [4]), (Rao PS, Merion RM [5]). Anche la qualità di vita è migliore e i costi economici inevitabilmente più bassi (Griva K, Davenport A [6]).

A fronte di questo ai pazienti sopra i 65 anni spesso il trapianto non è neppure prospettato, indipendentemente dalle loro condizioni di salute, e alle donne ancora meno che agli uomini. Quando se ne parla, magari su richiesta del paziente stesso, l’atteggiamento del medico tende a essere scoraggiante (Salter ML, McAdams-Demarco MA [7]). Se il donatore è vivente, anche se più anziano del ricevente, l’outcome è migliore anche nell’anziano rispetto al donatore deceduto (PatelHV, Kute VB [8]). Tutti gli studi sinora riportati hanno dimostrato una aumentata sopravvivenza del rene trapiantato da donatore vivente rispetto a quello da donatore deceduto e questa differenza si è mantenuta negli anni nonostante i progressi della terapia immunosoppressiva abbiano consentito risultati più favorevoli nel trapianto da cadavere. E’ inoltre riconosciuto come il tempo di permanenza in dialisi influenzi negativamente la sopravvivenza dei pazienti dopo trapianto, sottolineando il vantaggio che la disponibilità di un donatore vivente può offrire per la possibilità di ridurre la durata del trattamento dialitico o, addirittura evitarlo del tutto. Questo spiega perché chi riceve un trapianto prima della dialisi goda dei migliori risultati. (Papalois VE, Moss A [9]).

Tutto questo dovrebbe portare alla promozione dei trapianti pre emptive, a un allargamento delle indicazioni all’inserimento in lista attiva dei pazienti idonei, a una “semplificazione” dei percorsi o a una loro centralizzazione, con l’obiettivo di ridurre i tempi di permanenza in dialisi. Spesso così non è.

Riportiamo di seguito un caso clinico, a nostro avviso emblematico.

CASO CLINICO

Conosciamo Marcello a maggio 2012 nel nostro ambulatorio di pre-dialisi. Ha 71 anni, un’IRC IV-V stadio da nefroangiosclerosi, stabile da tempo, diabete mellito (in dietoterapia), diverticolosi del sigma, una cardiopatia ipertensiva e nella storia due ricoveri per scompenso cardiaco. Al di fuori degli episodi acuti sta bene, è autonomo ed efficiente, ed è ben seguito al di fuori della nostra struttura da un cardiologo di fiducia. Dall’ambulatorio di pre-dialisi passa dopo un anno a quello di dialisi peritoneale perché orientato verso questa metodica. Nessuno fino a questo momento gli aveva parlato di trapianto. Poiché viene regolarmente alle visite con la moglie, diventa naturale per noi prospettare un trapianto da vivente; la moglie è disponibile alla donazione (mai proposta prima) per cui, presi da un certo entusiasmo, tentiamo di prepararli per un trapianto pre-emptive e il percorso inizia in velocità.

Dopo due mesi il primo ostacolo: è opportuno iniziare la dialisi, per cui viene posizionato un catetere peritoneale autolocante. Il percorso riparte non appena possibile. Siamo a giugno 2013.

Il secondo ostacolo arriva con l’esito della scintigrafia renale di Bianca, la moglie (69 anni): un rene appare ipofunzionante rispetto all’altro. La delusione è naturale ma è già qualcosa in più: rabbia a fatica controllata. Non ci fermiamo e facciamo eseguire a Bianca un’angio TC, che non conferma quanto sopra.

Si riparte con gli esami strumentali più invasivi per Marcello, che riserviamo in genere alla fine dell’iter diagnostico. La dialisi intanto procede tra alti e bassi per le difficoltà di drenaggio del catetere che si è dislocato; lo riposizioniamo o attendiamo il trapianto? Gli ostacoli non sono finiti, questa volta è Marcello il problema: alla colonscopia vi sono dei piccoli polipi e un granuloma, l’equilibrio emodinamico si fa a volte labile nonostante la diuresi valida e l’UF efficace e Marcello accusa un edema polmonare acuto, verosimilmente su base ipertensiva. Teniamo duro fino alla visita collegiale presso il centro trapianti (con il quale il contatto telefonico è sempre stato continuo), che avviene a marzo 2014: Marcello è considerato momentaneamente non idoneo (terzo ostacolo) e sono richieste, a completamento diagnostico, una coronarografia, la ripetizione della colonscopia o di un clisma, e ri-valutazione di varie situazioni cliniche. Anche Bianca è momentaneamente non idonea per riscontro all’Rx del torace di micronodulazioni calcifiche verosimilmente in esiti, con una Mantoux negativa; viene ritenuto necessario approfondimento con TC torace e successiva valutazione pneumologica; inoltre vengono richiesti accertamenti su problematiche cliniche già affrontate.

Marcello ci porta gli esiti della visita al Centro trapianti (a noi per altro già noti) ed è visibilmente alterato: ritiene di essere stato "trattato male", ritiene di aver intuito delle contraddizioni fra i componenti del team, ritiene che la valutazione sarebbe stata differente se fosse stata fatta da altri medici che l’avevano già visto in precedenza, ritiene di essere stato vittima di una decisione affrettata e di scrupoli dettati più dall’insicurezza che dalla prudenza. Noi perdiamo il ruolo di referenti perché “d’accordo” con i valutatori.

Dopo pochi giorni dalla visita collegiale Marcello accusa un altro episodio di dispnea acuta da crisi ipertensiva.

Si rivolge al cardiologo di fiducia (inizio aprile 2014) che nega la necessità di coronarografia: “In considerazione delle precedenti indagini cardiologiche effettuate tra cui una recente scintigrafia miocardica non indicativa di ischemia miocardica inducibile, e della recente storia clinica del paziente (2 episodi di scompenso cardiaco su base ipervolemico/ipertensiva, senza evidenza di ischemia/necrosi miocardica acuta), non ritengo vi sia attualmente indicazione clinica all'esecuzione di coronarografia. Qualora l'esatta conoscenza dell'anatomia coronarica sia un requisito indispensabile per l'esecuzione del trapianto renale, si consiglia esecuzione di angioTC coronarica”;

Oltre a ciò, due endoscopisti di strutture differenti contattati personalmente dal paziente, negano l’indicazione ad una nuova colonscopia a 6 mesi dalla precedente e consigliano follow up endoscopico a 5 anni.

Che fare? Marcello è sempre più insofferenza e aggressivo. E’ arrabbiato con noi che l’abbiamo illuso, con il centro trapianti (demiurgo punitore) e con la moglie colpevole di essere “momentaneamente non idonea alla donazione”. In particolare rifiuta il no alla donazione attuato dalla commissione, seppur per motivi clinici, a fronte della forte volontà di donare, non riconoscendo il ruolo e quindi il diritto decisionale degli esaminatori, a suo parere burattinai della sua vita.

Dopo circa venti giorni dalla visita cardiologica è ricoverato per ulteriore scompenso cardiocircolatorio aggravato da focolaio broncopneumonico. È ribadita dal cardiologo ospedaliero la necessità di eseguire coronarografia che il paziente si riserva di effettuare solo dopo ulteriore valutazione presso lo specialista di fiducia.

Marcello “esplode” e riversa su noi nefrologi curanti tutta l’ira, la rabbia, la frustrazione per i troppi no, le aspettative deluse e la conflittualità dei pareri. Lo scontro è titanico, ma noi siamo impotenti quanto lui nel rimetterci alla commissione esaminatrice che ci chiede di agire senza riserve; qualche dubbio viene anche a noi…

Nonostante tutto, sottolineando “come richiesto dai nefrologi dell'Ospedale,in previsione di intervento per trapianto renale” il cardiologo di fiducia procede al ricovero per coronarografia.

Questa, supportata da indagine IVUS, evidenzia “severe calcificazioni coronariche in assenza di stenosi a carico della coronaria dx e circonflessa; stenosi serrata su IVA media; calcificazioni ostiali sul TC. Veniva quindi eseguita PCI+stent medicato ottenendo un buon risultato angiografico”.

Il paziente veniva dimesso con duplice terapia antiaggregante per sei mesi e veniva ribadito che “non presenta nessuna controindicazione cardiologica all’intervento di trapianto renale”. La battaglia è chiaramente e dichiaratamente su due fronti: da un lato il paziente col suo cardiologo, dall’altro il centro trapianti, noi in mezzo senza neppure un ruolo arbitrale.

Nel frattempo la moglie ha cambiato idea, non si sente più di donare il rene in considerazione sia degli eventi clinici del marito, sia del fatto che tutto quanto accaduto le ha permesso di riflettere meglio sulla reale spinta emotiva all’atto del “dare senza riserve”. Per non scatenare altre reazioni abnormi chiede di trovare un pretesto clinico al fine di non riferire al marito la sua indisponibilità. Gli ostacoli ormai non si contano più.

Marcello sta facendo il conto alla rovescia: a fine novembre 2014 sospenderà la doppia antiaggregazione e, non domo, ricomincerà la sua personale battaglia per il trapianto. Nel frattempo sono passati due anni e mezzo, è alla soglia dei 74 anni e non sappiamo ancora se un trapianto si farà (da donatore non vivente? con doppio rene?). Abbiamo perso il rapporto di fiducia col paziente che dovremo continuare a seguire, e ci interroghiamo sul nostro ruolo, sulle discordanze fra quanto riportato in letteratura e la realtà, sulla rinuncia, nel nostro caso, a un rene disponibile e su molto altro.

CONCLUSIONI

Ci sono dunque sorte queste domande: come comunicare al paziente anziano (ma non solo) l’idea del trapianto? Con enfasi pur con i dubbi dell’esito o smorzando l’esaltazione perché le cose potrebbero andar male? Come confortare le aspettative deluse? Come spiegare la contraddizione “veto/libertà di donazione”?  Come implementare il numero dei trapianti se gli esami richiesti sono sempre più numerosi e invasivi? Come giustificare lo “scarto” di un donatore idoneo? Come accettare le evidenze della letteratura che sottolineano come i pazienti stiano meglio comunque col trapianto piuttosto che in dialisi? Come conciliare l’aumento dei donatori anziani con le inevitabili situazioni cliniche dei riceventi altrettanto anziani?

Anche se l’età di per sé non rappresenta più una controindicazione al trapianto, le comorbidità presenti nel paziente anziano possono aumentare il rischio di mortalità da un lato o la perdita del rene dall’altro. Attualmente non sono disponibili linee guida sui criteri di selezione dei candidati anziani e gli score utilizzati per correlare comorbidità/aspettativa di vita sono scarsamente noti e utilizzati. Nella pratica clinica le decisioni sull’inserimento in lista di trapianto, nell’anziano e non solo, rappresentano le opinioni del centro trapianti e a volte del singolo medico, con la possibilità di ingenerare conflitti all’interno del team giudicante, con il paziente, con i nefrologi dei centri dialisi.

Chi si occupa di inserimento in lista di trapianto dei pazienti in dialisi, spesso è spettatore impotente di contraddizioni, imposizioni, chiusure; il dialogo, quando accettato, spesso è più legato alla “conoscenza” dei colleghi che al rigore di protocolli differenti e personalizzati. Richiedere pareri di cui, nel bene o nel male non si è disposti a tener conto, non fa che ingenerare dubbi, conflitti e ulteriori perdite di tempo.

La strada è ancora lunga. L’apertura al paziente anziano richiede l’umiltà della condivisione, lo sforzo di superare le proprie posizioni, il passaggio a volte da una posizione prevalentemente clinica a una etica, il maggior coinvolgimento dei centri d’invio e forse dei pazienti.

BibliografiaReferences

[1] Ponticelli C, Podestà MA, Graziani G et al. Renal transplantation in elderly patients. How to select the candidates to the waiting list? Transplantation reviews (Orlando, Fla.) 2014 Jul 31;

[2] Tomson C, Udayaraj U, Gilg J et al. Comorbidities in UK patients at the start of renal replacement therapy (chapter 6). Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association - European Renal Association 2007 Aug;22 Suppl 7:vii58-68 (full text)

[3] Faravardeh A, Eickhoff M, Jackson S et al. Predictors of graft failure and death in elderly kidney transplant recipients. Transplantation 2013 Dec 27;96(12):1089-96

[4] Knoll GA Kidney transplantation in the older adult. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 2013 May;61(5):790-7

[5] Rao PS, Merion RM, Ashby VB et al. Renal transplantation in elderly patients older than 70 years of age: results from the Scientific Registry of Transplant Recipients. Transplantation 2007 Apr 27;83(8):1069-74

[6] Griva K, Davenport A, Newman SP et al. Health-related quality of life and long-term survival and graft failure in kidney transplantation: a 12-year follow-up study. Transplantation 2013 Mar 15;95(5):740-9

[7] Salter ML, McAdams-Demarco MA, Law A et al. Age and sex disparities in discussions about kidney transplantation in adults undergoing dialysis. Journal of the American Geriatrics Society 2014 May;62(5):843-9

[8] Patel HV, Kute VB, Shah PR et al. Outcome of renal transplantation from older living donors compared to younger living donor in developing country. Renal failure 2014 Sep 15;:1-4

[9] Papalois VE, Moss A, Gillingham KJ et al. Pre-emptive transplants for patients with renal failure: an argument against waiting until dialysis. Transplantation 2000 Aug 27;70(4):625-31

release  1
pubblicata il  25 settembre 2014 
da Ersilia Orazi, Clara Migotto, Elena Minoja, Susanna Gilardi
(AO MELEGNANO, OSPEDALE PREDABISSI, UOC NEFROLOGIA E DIALISI)
Parole chiave: lista trapianto, trapianto renale
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