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Emodialisi

BASSI LIVELLI DI FT3 AMPLIFICANO IL RISCHIO CONNESSO ALL’IPERFIBRINOGENEMIA PER LA MORTALITÀ TOTALE E CARDIOVASCOLARE NEI PAZIENTI IN DIALISI

comunicazione

Figura 1 di 10.



Figura 2 di 10.

La malattia non tiroidea, una condizione molto frequente nei pazienti affetti da malattia renale in fase terminale,  è un forte predittore di morte e di eventi cardiovascolari nei pazienti in dialisi. È caratterizzata da bassi livelli di fT3, a sua volta associato con marcatori dell’infiammazione e dell’attivazione endoteliale sia nei pazienti in HD che in PD. Attualmente si ritiene che bassi livelli di questo ormone costituiscano una risposta dell’organismo volta a limitare lo spreco di proteine e di energia dovuto all’infiammazione in questi pazienti.



Figura 3 di 10.

Le alterazioni della funzione tiroidea si associano a disturbi della coagulazione, questi ultimi implicati nel rischio di esiti clinici avversi nei pazienti con malattie della tiroide. Secondo una meta-analisi pubblicata nel 2011, l\'ipotiroidismo riduce la coagulazione del sistema fibrinolitico in vivo, mentre l\'ipertiroidismo genera una condizione pro-trombotica. Gli autori comunque concludono ammettendo che mancano ancora buoni studi clinici che chiariscano la relazione tra disfunzione tiroidea e complicanze emorragiche e trombotiche.



Figura 4 di 10.

I disturbi della coagulazione sono una caratteristica tipica nei pazienti con ESKD, che presentano un rischio elevato sia per eventi emorragici che trombotici. È stato dimostrato che bassi livelli di fT3 in questa popolazione predicono un alto rischio di eventi cardiovascolari, che sono principalmente di natura trombotica. Il fibrinogeno, un elemento critico nella risposta acuta e cronica dell’infiammazione, è notevolmente aumentato nei pazienti in dialisi, comportando un rischio elevato di mortalità per tutte le cause e cardiovascolare.



Figura 5 di 10.

L\'interazione tra i componenti del sistema della coagulazione, gli ormoni tiroidei e gli esiti clinici non è stata ancora studiata. Con questo background in mente abbiamo pertanto testato l\'interazione tra fT3 e fibrinogeno sul rischio di morte ed eventi cardiovascolari in una coorte di pazienti con malattia renale cronica in dialisi.



Figura 6 di 10.

Sono stati inclusi nell’analisi 854 pazienti, di cui 818 in HD e 36 in PD, appartenenti a 35 Unità di Nefrologia in Calabria e Sicilia, e di cui fT3 e fibrinogeno fossero disponibili. fT3 e fibrinogeno sono stati misurati al basale presso i laboratori afferenti ai centri di dialisi coinvolti.

Gli outcomes considerati sono stati mortalità per tutte le cause e cardiovascolare; i pazienti sono stati seguiti in media per quasi 3 anni.



Figura 7 di 10.

Passiamo adesso ai risultati. Durante il follow up di quasi 3 anni 261 pazienti sono deceduti, di cui 138 per cause cardiovascolari. All’analisi univariata l’fT3 riduce in maniera significativa il rischio di mortalità totale del 16%. Risultati simili si ottengono aggiustando per i fattori di rischio di Framingham e per i fattori tipici della malattia renale (es. età dialitica e Hb). L’associazione non cambia anche forzando nel modello markers infiammatori, quali albumina e PCR, e BMI. Non è invece significativa l’associazione tra fT3 e mortalità CV e fibrinogeno ed entrambi gli outcomes.



Figura 8 di 10.

Lo scopo di questo studio era comunque quello di studiare l’interazione tra fT3 e fibrinogeno. Come potete vedere, all’analisi univariata si osserva una riduzione dell’effetto protettivo dovuto all’aumento dell’fT3 all’aumentare della concentrazione plasmatica del fibrinogeno. Per valori di fibrinogeno pari a 800 mg/dl non solo l’aumento dell’fT3 non è più protettivo, ma addirittura si assiste ad un aumento del rischio di mortalità pari al 60%. Risultati analoghi si ottengono all’analisi multivariata, aggiustando per i fattori di Framingham e i fattori di rischio tipici della malattia renale, e forzando nel modello PCR, albumina e BMI.



Figura 9 di 10.

Considerando come outcome la mortalità CV otteniamo risultati analoghi. Come potete vedere, all’analisi univariata si osserva una riduzione dell’effetto protettivo dovuto all’aumento dell’fT3 all’aumentare della concentrazione plasmatica del fibrinogeno. Per valori di fibrinogeno pari a 800 mg/dl il rischio di mortalità aumenta di quali l’80%. Risultati analoghi si ottengono all’analisi multivariata, aggiustando per i fattori di Framingham e i fattori di rischio tipici della malattia renale, e forzando nel modello PCR, albumina e BMI.



Figura 10 di 10.

In conclusione possiamo dire che l’iperfibrinogenemia modifica l\'associazione tra fT3 e morte per tutte le cause e morte CV in pazienti sottoposti a dialisi. Tale interazione è compatibile con l\'ipotesi che il rischio di ipotiroidismo subclinico dipende dal livello di fondo di attivazione del fibrinogeno da infiammazione.

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Il nostro studio ha comunque un’importante limitazione. Sia l’fT3 che il fibrinogeno sono stati misurati localmente, presso i centri partecipanti. L’utilizzo di kit diversi per il dosaggio, e l’impiego di range di normalità diversi, potrebbe alterare i risultati ottenuti. Pertanto, sono necessari ulteriori studi per verificare se la correzione di basse fT3 in ESKD pazienti iperfibrinogenemia può migliorare gli esiti clinici in questa popolazione ad altissimo rischio.



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pubblicata il  08 ottobre 2014 
da Claudia Torino, Graziella D'Arrigo, Maurizio Postorino, Giovanni Tripepi, Francesca Mallamaci, Carmine Zoccali, PROGREDIRE Work Group
(CNR-IBIM & Unità di Nefrologia e Trapianto Renale, Reggio Calabria)
Parole chiave: calabria, coagulazione, dialisi, mortalità, tiroide
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