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Malattie rare

LA COMPROMISSIONE RENALE AD ESORDIO TARDIVO DELLA MALATTIA DI FABRY: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO

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INTRODUZIONE

La Fabry' Disease (FD) o Malattia di Anderson-Fabry è una malattia da accumulo lisosomiale geneticamente determinata che non ha un quadro clinico tipico, con frequenti casi di  misdiagnosi [Zizzo]. [1]. Essa è determinata dalla carenza di un enzima, l’alfa galattosidasi A, il cui deficit comporta un accumulo di glicosfingolipidi, in particolare globotriaolosilceramide (GL-3), nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo [Brady] [2]. Tale accumulo provoca danni tissutali, soprattutto a carico del rene, del cuore e del SNC. La trasmissione della malattia è ereditaria, legata al cromosoma X. I soggetti eterozigoti sviluppano la malattia in forma "lieve", "moderata" oppure "grave" o "classica". In genere sono i maschi a sviluppare i sintomi in maniera più evidente, ma in ogni caso, anche all’interno della stessa famiglia, la malattia può presentarsi con sintomatologia ed evoluzione clinica anche molto differente.Sono state descritte alcune varianti atipiche, caratterizzate da un fenotipo clinico lieve, ad esordio tardivo, spesso di difficile inquadramento diagnostico (Figura 1). Fra esse, la variante “renale”, è spesso misconosciuta, pur rientrando i disturbi renali tra le principali manifestazioni cliniche della malattia (Figura 2) (Figura 3) (Figura 4). L’accumulo di glicosfingolipidi nelle cellule renali ne compromette la funzione, portando ad una nefropatia cronica progressiva (Figura 5). In una casistica giapponese controllata, addirittura il 12% dei pazienti dializzati sono risultati affetti dalla Fabry' Disease  [Kotanko] [3] (full text).  Recentemente Herrera [4] ha riportato che in Spagna vi sarebbeuna prevalenza della Fabry' Disease tra gli individui maschi dializzati intorno allo 0.26 %, suggerendo la necessità di effettuare screening per FD in tutti i pazienti in emodialisi in quanto l'incidenza e la prevalenza di FD sarebbero state finora sottovalutate.

CASO CLINICO

Soggetto maschio, di 71 anni, giunto all’osservazione ambulatoriale per ingente proteinuria (in presenza di uno stato di moderata compromissione della funzione renale ed uno stato di linfedema agli arti inferiori. All’esame ispettivo ha palesato la presenza in diverse regioni corporee di numerosi: angiomi, lipomi e cheratomi (Figura 6). Erano anche presenti: ipertrofia ventricolare sinistra con aritmia cardiaca, dolori addominali ricorrenti, artralgie, acroparestesie, astenia. È stato avanzato il sospetto di Fabry' Disease ed è stata fatta la richiesta, ad un laboratorio specializzato,  della determinazione dell’attività dell’α-galattosidasi A nel sangue, con Dried Blood Filter Paper (DBFP). Il test ha dato esito "positivo", rilevando una ridotta attività enzimatica. Contemporaneamente all'avvio del nostro iter diagnostico il paziente è stato ricoverato presso un altro centro ospedaliero  ove, tra l'altro, accanto alla documentazione di una severa cardiomiopatìa ipertrofica, in merito alla presenza della proteinuria in "range nefrosico" sarebbe stata ipotizzata la presenza di uno stato di amiloidosi sistemica ed avviate le procedure per l'effettuazione della biopsia renale. Il caso non ha ancora trovato una sicura interpretazione sul piano della diagnostica istologica.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Riteniamo che il caso proposto possa contribuire a dimostrare come la Fabry' Disease non trova ancora la giusta considerazione nella comune pratica clinica. Probabilmente molti casi con manifestazioni riconducibili alla FD vengono misconosciuti perché essa non viene presa in considerazione fra le ipotesi diagnostiche. Mentre le statistiche sembrano ragionevolmente indicare che in Italia: 1) circa 1:3000 dei neonati e 2) un numero variabile da 1:100 a 1: 1000 dei soggetti dializzati sarebbe affetto da FD, si stenta ancora a pensare sin da subito alla suddetta malattia nei casi in cui essa è clinicamente sospettabile. Nel nostro caso, pur in presenza di diversi sintomi e segni che potevano richiamarla alla mente già da tempo, in termini di diagnosi differenziale, si è dovuto attendere che il riscontro della cospicua proteinuria si imponesse come "segno rivelatore".

release  1
pubblicata il  27 settembre 2014 
da Annamaria Bruzzese¹, Antonella Bruzzese², Gennaro Rondanini², Maria Pasquale², Francesco Nasso², Domenico Santoro¹, Michele Buemi¹
(¹U.O.C. di Nefrologia e Dialisi – Policlinico Universitario “G. Martino” – Messina; ²Area Dipartimentale di Medicina Interna – Ospedale “S. Maria degli Ungheresi” – Polistena (RC) )
Parole chiave: malattie rare
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