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Malattie rare

MACROEMATURIA POST-FARINGITE: TALVOLTA SPIA DI GLOMERULONEFRITE RARA

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INTRODUZIONE

Le glomerulonefriti (GN) in età pediatrica sono nella stragrande maggioranza dei casi post-infettive (GNPI), caratterizzate da attivazione del complemento con riduzione del C3 che si normalizza in genere entro 4-8 settimane. In caso di C3 sierico persistente ai limiti bassi, devono essere prese in considerazioni altre GN più rare, caratterizzate da attivazione del complemento per via classica o alternativa e alla biopsia renale depositi di C3.

CASO CLINICO

FC è un bambino di 12 anni che si ricoverava per macroematuria insorta da due giorni, preceduta da circa due settimane da faringite. L'esame obiettivo all'ingresso mostrava pallore cutaneo, PA 133/73 mmHg, non edemi visibili. Venivano quindi eseguiti esami ematochimici che documentavano: TAS 830U/L, C3 9 mg/dl; funzione renale, indici di flogosi e proteine nella norma. Proteinuria 1.5g/24h. La prima ipotesi diagnostica era quella di una glomerulonefrite post-streptococcica.

Al 15°giorno persisteva ipoC3 (12mg/dl), con proteinuria delle 24 ore oscillante tra 1 e 1.79 g/24h e al sedimento urinario ematuria tra 30-40 emazie a tappeto lasso di emazie. Per escludere una glomerulonefrite secondaria, venivano eseguiti ANCA, ANA, nDNA risultati negativi.

Dopo 8 settimane di persistente ipocomplementemia, microematuria e proteinuria (1g/24h), si eseguiva biopsia renale.

Alla microscopia ottica si evidenziavano 19 glomeruli di cui nessuno completamente sclerotico. I glomeruli osservati presentavano lumi capillari pervi. Le membrane basali (MBG) si presentavano ispessite a causa di deposizione di materiale intensamente PAS positivo. Si osservava incremento della cellularità mesangiale in numerosi glomeruli ed aumento della matrice mesangiale. Era presente inoltre una lieve atrofia tubulare e fibrosi interstiziale che coinvolgeva meno del 10% del campione. (Figura 1)

All’immunofluorescenza si osservava la presenza di C3 (4+), C1q (2+) a livello delle MBG e in maniera irregolare di quelle tubulari ed a livello mesangiale con aspetto granulare; IgM (1+) era presente localmente, con distribuzione segmentale ed aspetto granulare; negativi IgG, IgA, catene kappa e lamba. (Figura 2)

Alla microscopia elettronica la sezione semifine consisteva di corticale comprendente 2 glomeruli. Le membrane si presentavano diffusamente ispessite. Non c’erano segmenti di sclerosi, adesioni e semilune. Si osservava incremento della cellularità nelle aree mesangiali. Studi ultrastrutturali effettuati su un glomerulo evidenziavano la presenza di caratteristici depositi densi a livello delle MBG, in alcuni casi era presente parziale appiattimento dei pedicelli. (Figura 3)

L'esame istologico permetteva di porre diagnosi di Glomerulonefrite a depositi densi (DDD). 

Si effettuava presso centro specialistico (Istituto Mario Negri di Bergamo) il test di attivazione del complemento (dosagio sC5b-9) su campione di plasma freddo, che ha rilevato un aumento moderato del dosaggio sC5b9 (545 ng/ml; vn 127-303).

Sono state inoltre avviate indagini molecolari per lo studio dei geni del complemento (CFH CFI MCP, C3, CFB), che non hanno documentato mutazioni nel nostro paziente.

CONCLUSIONI

La DDD è una glomerulopatia molto rara, ha un’incidenza del 2-3% su 1milione di persone; la sintomatologia esordisce in genere tra i 5 ed i 15 anni, sebbene siano stati descritti diversi casi anche in età adulta. Fa parte di un gruppo peculiare di glomerulonefriti che un tempo venivano definite Membranoproliferative (GNMP). Recentemente è stata proposta una nuova classificazione sulla base del meccanismo patogenetico e della sede dei depositi di C3 (Figura 4). Le forme con attivazione del complemento attraverso la via classica, determinata da immunocomplessi circolanti, comprendono la GNMP tipo I e tipo III, caratterizzate non soltanto da depositi di C3 ma anche di Immunoglobuline (Ig). Le “C3 Glomerulopatie” invece, rappresentano un'entità nosologica di recente definizione, le cui caratteristiche principali sono rappresentate dall'attivazione del complemento mediante la via alterna e la deposizione esclusiva di C3 a livello della MBG. Rientrano in quest’ultima categoria la C3 glomerulonefritre (C3GN) e la DDD.

Vi sono delle differenze fra le due forme. Nella C3GN vi è una maggiore attivazione della via alternativa  mediante la C5 convertasi, mentre nella DDD  vi è una maggiore attivazione mediante C3 convertasi. Inoltre nella C3GN  i depositi sono maggiormente paramesangiali e subepiteliali, mentre nella DDD i depositi di C3 interessano principalmente la lamina media della membrana basale. Nel nostro paziente la localizzazione dei depositi di C3 molto addensati con il riscontro di una C5 convertasi solo moderatamente attivata, ha fatto propendere per una diagnosi di DDD.

La diagnosi differenziale tra le due forme risulta essenziale sia per la prognosi che per il trattamento.

Dal punto di vista prognostico la DDD  rappresenta secondo diversi autori una forma più aggressiva rispetto alla C3GN che porta in minor tempo alla dialisi e risulta gravata da una peggiore sopravvivenza a 10 anni.

Dal punto di vista terapeutico non vi sono indicazioni specifiche. Generalmente si pratica terapia con prednisone (1 mg/kg/die), il cui dosaggio viene variato nel tempo a secondo dell’andamento clinico. Il trattamento cortisonico può durare anche mesi o anni. A questo si possono associare altri farmaci immunosoppresori, soprattutto in caso di insufficienza renale all’esordio.

Per la C3GN sono stati ultimamente ottenuti ottimi risultati mediante l'impiego di Eculizumab, un anticorpo monoclonale che inibisce selettivamente il complesso C5b-9, il cui uso è in fase iniziale sperimentale nella  DDD. 

release  1
pubblicata il  27 settembre 2014 
da ¹Dominique De Vivo, ¹Giovanni Conti, ²Domenico Santoro, ¹Agata Vitale, ²Michele Buemi, ¹Carmelo Fede
(¹UO Nefrologia e Reumatologia Pediatrica con Dialisi, ²UO Nefrologia e Dialisi, AOU G Martino, Messina)
Parole chiave: complement system, glomerulonefriti, malattie rare
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