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Miscellanea

I nuovi farmaci contro il virus HCV interferiscono con la terapia immunosoppressiva? Primi rilievi in un trapiantato renale

poster

Razionale

L’infezione da virus C dell’epatite (HCV) rappresenta una delle principali cause di malattia cronica del fegato, con una evoluzione della patologia epatica che va da alterazioni minime del tessuto epatico, a fibrosi severa, cirrosi epatica con e senza carcinoma epatocellulare e morte.

L’introduzione dei nuovi farmaci antivirali orali, inibitori delle proteasi del virus C dell’epatite, hanno aperto un nuovo capitolo nella terapia di questa malattia, sollevando però allo stesso tempo infiniti quesiti sulle loro possibili interazioni farmacologiche.

Tali farmaci sono in grado di modificare il decorso della malattia: l’eradicazione dell’infezione da HCV impedisce la progressione della malattia verso gli stadi più avanzati come la cirrosi e le sue temibili complicanze. La sustained virologic response, definita come il mancato rilevamento di RNA di HCV nel siero a 12 settimane dall’interruzione del trattamento, è maggiore del 90% ed è l’end-point di una terapia di successo.

Caso clinico

Ci proponiamo di descrivere il management della terapia immunosoppressiva in un paziente di 67 anni, trapiantato renale HCV +, il quale ha recentemente iniziato terapia antivirale con Sofosbuvir e Simeprevir.

Il paziente, iperteso di lunga data e diabetico di tipo 2, presentava un’insufficienza renale cronica a verosimile etiologia nefroangiosclerotica (non biopticamente dimostrata) per il cui motivo ha eseguito emodialisi dal luglio 2009 al 7 febbraio 2012, data in cui è stato sottoposto a trapianto renale da donatore cadavere. Il post-intervento si complicava con la formazione di urinoma, trattato con riconfezionamento dell’anastomosi uretero-vescicale. Ai controlli ecografici successivi emergeva la presenza di formazioni litiasiche a livello della pelvi del rene trapiantato, con dilatazione della pelvi e dei calici, e vescicale. Veniva pertanto inviato a valutazione urologica con successivi follow up: calcolosi urinaria nel seno pielico di rene trapiantato in fossa iliaca destra di dimensioni constanti nel tempo pari a circa 2cm e contestuale calcolosi vescicale multipla, in espansione rispetto al controllo precedente. A giugno 2015 veniva proposto il trattamento (intervento endoscopico di cistolitotrissia in regime di elezione), accettato dal paziente ed attualmente in lista d’attesa.

A febbraio 2015 veniva sottoposto ad escissione di lesione cutanea (carcinoma squamoso) al cuoio capelluto con recidiva locale a cui seguiva rimozione chirurgica più estesa.

Alla luce della comorbidità neoplasica si decideva di mantenere l’immunosoppressione ai limiti inferiori, mantenendo i livelli di Tacrolimus intorno a 5-6 ng/ml.

La terapia immunosoppressiva attuale prevede l’uso di Advagraf (Tacrolimus) 1 mg/die (dal 20.01.2015), Cell Cept (Micofenolato Mofetile) 500 mg h 8 e 250 mg h 20 (dal 24.03.2015), Medrol (Metilprednisolone) 2 mg alternato a 4 mg h 8. Altri farmaci in uso sono Felodipina 2.5 mg h 9, Ramipril 2.5 mg 1 cp, Metformina 500 1 cp ore 8, Pantoprazolo 20 mg 1 cp h 8, Acido ursodesossicolico 300 mg 1 cp h 20, Acido acetilsalicilico 100 mg 1 cp h 12, Atenololo 50 mg h 8, Lithosolv 1 cucchiaio due volte al giorno, Simvastatina 20 mg sospesa in concomitanza della terapia antivirale.

La positività per HCV (genotipo 1 b, HCVRNA 1.020.000 UI/mL) emergeva a dicembre 2009 nel contesto della valutazione per l’inserimento in lista per trapianto renale, ma la fonte e l’epoca del contagio non è tuttora nota. Eseguiva inoltre, sempre ai fini dell’inserimento in lista, biopsia epatica da cui si documentava all’epoca un’epatite cronica attiva minima (A1, F0 sec. METAVIR). Stante l'indicazione all'inserimento in lista di attesa per trapianto, gli epatologi suggerivano trattamento antivirale con interferone peghilato e ribavirina. Tale schema terapeutico non veniva tollerato dal paziente e pertanto veniva sospeso a febbraio 2010 e, in seguito, mai intrapreso nuovamente. Continuava il follow up presso CCSF. Per il riscontro di movimento delle transaminasi, a settembre 2014 eseguiva fibroscan, da cui emergeva un fibrosi evoluta (F3-F4 sec. METAVIR). La persistenza di ipertransaminasemia e la rapida evoluzione del quadro rendevano il paziente candidabile al trattamento con i nuovi antivirali, iniziando tale terapia in data 25 aprile 2015. Lo schema terapeutico prevedeva l’assunzione di Simeprevir (Olysio®) 150 mg 1 cp al dì a pranzo per 12 settimane e di Sofosbuvir (Sovaldi®) 400 mg 1 cp a pranzo per 12 settimane. Il Sofosbuvir è un inibitore pan-genotipico dell’RNA polimerasi del virus dell’epatite C, essenziale per la replicazione virale mentre il Simeprevir è un inibitore specifico della serina proteasi, fondamentale per la replicazione virale (Figura 1).

La conclusione del ciclo di antivirali era prevista per il giorno 17 luglio 2015.

 

Risultati

Al temine del trattamento (17 luglio 2015), ben tollerato dal paziente, il dosaggio del Tacrolimus sierico si è mantenuto sostanzialmente stabile, tranne per un unico dato di inizio giugno 2015, dove c’è stato un picco verso il basso che ha richiesto un lieve incremento della posologia. Non vi sono da segnalare, per il momento, ulteriori effetti nell’interazione con gli altri farmaci immunosoppressori in uso. La funzione renale, epatica, la conta dei globuli bianchi, l’assetto glicemico e lipidico si sono mantenuti stabili.

L’unica segnalazione da fare è la comparsa di un eritema cutaneo al volto, non pruriginoso, autolimitatosi, da imputare all’effetto foto-sensibilizzante descritto e noto come effetto collaterale del Simeprevir.

La riduzione del numero di copie di HCV RNA iniziava a calare già dopo la prima settimana di trattamento, diventando negativo a un mese dall’inizio della terapia e mantenendosi sempre negativo ai controlli successivi (Figura 2).

Tali osservazioni sono in linea con quanto emerge dalla recente letteratura in merito. Nello studio di Ruiz Ramos J et al. ("Gastroenterol Hepatol. 2014 Dec;37(10):558-63. doi: 10.1016/j.gastrohep.2014.05.004. Epub 2014 Jun 18. [1]

Experience in the management of immunosuppressant treatment with hepatitis C virus protease inhibitors [1]

Ruiz Ramos J, Romero Hernández I, Marrero Álvarez P, Marqués Miñana MR, Fernández Megía MJ, Poveda Andrés JL.") [1]si evince che la terapia con Sofosbuvir in pazienti trapiantati di fegato e in terapia con Tacrolimus, non ha comportato significative variazioni nei livelli ematici di tale farmaco. Nell’esperienza di Pungpapong S et al (" [2]

Hepatology. 2015 Jun;61(6):1880-6. doi: 10.1002/hep.27770. Epub 2015 Apr 27. [2]

Multicenter experience using simeprevir and sofosbuvir with or without ribavirin to treat hepatitis C genotype 1 after liver transplant. [2]

Pungpapong S, Aqel B, Leise M, Werner KT, Murphy JL, Henry TM, Ryland K, Chervenak AE, Watt KD, Vargas HE, Keaveny AP.") [2]

) su 123 pazienti trapiantati (7% trapiantati renali) in terapia con Sofosbuvir e Simeprevir, di cui il 90% in trattamento con Tacrolimus, emerge che una minima rimodulazione della terapia immunosoppressiva risulta necessaria. Per quanto riguarda le interazioni farmacologiche, Perumpail RB et al. (" [3]

Transpl Infect Dis. 2015 Apr;17(2):275-8. doi: 10.1111/tid.12348. Epub 2015 Jan 31. [3]

Sofosbuvir and simeprevir combination therapy in the setting of liver transplantation and hemodialysis. [3]

Perumpail RB, Wong RJ, Ha LD, Pham EA, Wang U, Luong H, Kumari R, Daugherty TJ, Higgins JP, Younossi ZM, Kim WR, Glenn JS, Ahmed A.") [3] concludono sottolineando come, nella loro esperienza, non siano emerse interferenze degne di nota tra i due antivirali e il Tacrolimus.

Conclusioni

Durante il ciclo di terapia antivirale è stato necessario rimodulare un’unica volta il dosaggio del Tacrolimus per il riscontro di una tacrolemia di 2.8 ng/ml il 4 giugno 2015, con ripristino di valori tra 5 e 7 ng/ml nei controlli successivi. Tale valore di 2.8 ng/ml è spiegabile dall’aumentato metabolismo epatico del farmaco in

seguito all’introduzione degli antivirali.

Possiamo pertanto concludere che nella nostra esperienza, seppure limitata ad un singolo caso, i nuovi antivirali per il virus HCV ed in particolare il Simeprevir e il Sofosbuvir sono risultati essere dei farmaci estremamente maneggevoli anche in pazienti con una terapia impegnativa come quella immunosoppressiva.

Ovviamente tale osservazione andrà correlata e confrontata con i dati di ulteriori studi a riguardo, non presenti ad oggi in letteratura, oltre a quelli già citati.

release  1
pubblicata il  22 settembre 2015 
da Pian M, Gerini U, Arbo P, Bedina E, Bonincontro ML, Filippi I, Lorenzon E, Savi U, Sirch C, Ianche M, Artero ML, Bianco F, Carraro M, Di Maso V, Galli G, Grignetti M, Leonardi S, Crocè LS (1), Abbazia C (1), Tiribelli C (1), Masutti F(1), Boscutti G
(SC Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste; 1: S.C. Clinica Studio delle Malattie del Fegato, Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste)
Parole chiave: hcv, immunosoppressori, interazioni farmacologiche, sofosbuvir, trapianto renale
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