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Dialisi Peritoneale

UN SORPRENDENTE RECUPERO DELLA FUNZIONE CARDIACA, EPATICA E RENALE GRAZIE ALL’UTILIZZO DELLA DIALISI PERITONEALE (CASE REPORT)

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La dialisi peritoneale è un trattamento che può essere particolarmente indicato nei pazienti affetti da scompenso cardiaco (Ronco C - 2015 [1]Bertoli SV - 2014 [2]). Esistono inoltre segnalazioni riguardo il suo utilizzo nei pazienti affetti da insufficienza epatica con ascite refrattaria (Guest S - 2010 [3]; Khanna R - 2008 [4] (full text); Selgas R - 2008 [5] (full text); Ros Ruiz S 2011 [6] (full text)).

Descriveremo di seguito il caso di un paziente che ha beneficiato di tale trattamento sia a livello cardiaco, che epatico che renale!

Il signor C.G. di 73 anni, giungeva alla nostra attenzione, trasferito dal Reparto di Rianimazione, nell’agosto 2011.

Riassumiamo brevemente i precedenti anamnestici del paziente:

  • a 6 anni trauma da esplosione di ordigno bellico con conseguente amputazione di avambraccio destro
  • Nel 1991 impianto di PM (in sede sottoclaveare) per BAV completo
  • Nel 2005 prostatectomia radicale per carcinoma prostatico
  • Nel 2006 la sostituzione del PM per esaurimento batteria è complicata da infezione della tasca. Viene effettuata parziale rimozione del device e successivo nuovo impianto in sede contro laterale. Emocolture negative, ma crescita di St. Epidermidis dalla punta del vecchio catetere atriale destro.
  • Nel 2008 ricoverato per endocardite, trattata con completa rimozione chirurgica del PM e degli elettrocateteri e plicatura della valvola tricuspide: successivo nuovo impianto del PM che viene posizionato in sede addominale.
  • Nel 2011 viene ricoverato in Medicina Interna per scompenso cardiaco in quadro di insufficienza tricuspidalica severa, in esiti di endocardite, associato ad ascite. La TC addome evidenziava: “fegato ridotto di dimensioni, con struttura disomogenea come da cirrosi.. non lesioni focali.. vena porta pervia. Reni in sede, con normale effetto parenchimografico, normoconformati. Importante versamento ascitico in tutti i quadranti addominali”. L’Ecocardiogramma: insufficienza tricuspidalica severa, Ventricolo destro dilatato, con cinetica conservata. Vena cava inferiore e vene sovra epatiche dilatate. Durante la degenza vengono escluse cause infettive, autoimmuni e metaboliche che spieghino l’epatopatia. Viene quindi concluso che si tratti di un fegato da stasi secondario all’insufficienza tricuspidalica severa. Agli esami: GGT 295 U/L, ALP 383 U/L, AST , ALT bilirubina e alfa-fetoproteina nei limiti, Colinesterasi 11668. Si documenta inoltre la presenza di insufficienza renale (creat. 2,4 mg/dL), con esame urine negativo.
  • Nel luglio 2012 il paziente veniva sottoposto ad intervento cardiochirurgico di sostituzione della valvola tricuspide con protesi biologica presso l’Ospedale Niguarda di Milano, con buon esito, e quindi ricoverato per la riabilitazione nell’Ospedale più vicino al suo domicilio in Trentino. Tuttavia nelle settimane successive la situazione clinica peggiorava, con insorgenza di scompenso cardiaco, edema polmonare ed anuria, per cui veniva trasferito presso il Reparto di Rianimazione dell’Ospedale Santa Chiara di Trento, e sottoposto a terapia con amine e CVVHDF. Alla stabilizzazione del quadro veniva quindi accolto nel Nostro Reparto.

Durante la degenza in Nefrologia proseguiva terapia dialitica con calo ponderale (circa 10 Kg), graduale beneficio sulla funzionalità cardiaca, riduzione dell’ascite e progressiva ripresa della diuresi. L’Ecocardiogramma di controllo evidenziava: “esiti di sostituzione valvolare tricuspidalica con bioprotesi normoposta e con normale gradiente anterogrado”. Veniva sospesa la terapia dialitica, e si assisteva a stabilizzazione della creatininemia intorno a valori di 3 mg/dL. Il paziente veniva quindi dimesso con indicazione ad effettuare follow-up nefrologico e cardiologico.

Un paio di mesi dopo la dimissione (dicembre 2012) il paziente veniva nuovamente ricoverato nel nostro Reparto per peggioramento degli indici di funzionalità renale, oligo-anuria, versamento ascitico (vedi immagine) e pleurico ingravescenti, con incremento ponderale di circa 10 Kg rispetto alla precedente dimissione. Veniva impostata una terapia diuretica massimale, con scarso esito sullo stato di sovraccarico e peggioramento ulteriore della funzione renale (creat. 6,8, azotemia 225 mg/dL). Vista l’apparente irreversibilità del quadro renale venivano illustrate al paziente le modalità dialitiche esistenti e questi, in accordo con i famigliari (che si rendevano disponibili ad effettuare la metodica data la menomazione fisica del paziente), optava per la dialisi peritoneale. Veniva quindi sottoposto a posizionamento di catetere peritoneale di Tenchoff pig-tail con immediato drenaggio di liquido ascitico (2000 cc il primo giorno): nei giorni successivi tuttavia il liquido di scarico diveniva ematico, per la formazione di un ematoma intraperitoneale, e si assisteva ad ostruzione del catetere da coaguli. Questa complicanza veniva trattata con iniezione intraddominale di Urokinasi (25.000 UI, ripetute), con successivo ripristino del suo funzionamento. L’esame istologico del liquido peritoneale ematico drenato risultava negativo per la ricerca di cellule neoplastiche maligne. Con il progressivo drenaggio del liquido ascitico (circa 1000 cc/die nei primi due giorni, poi 500 cc/die) si assisteva ad una ripresa della diuresi, graduale calo ponderale e miglioramento degli indici di funzionalità renale (creatinina 2 mg/dL, urea 84 mg/dL). A febbraio 2013 il paziente veniva dimesso in dieta ipoproteica e con l’indicazione ad utilizzare il catetere peritoneale solo a scopo evacuativo (drenaggio di 500 cc ogni 2-3 giorni).

Al controllo a tre settimane dalla dimissione: funzione renale stabile (2,5 mg/dl, urea 145 mg/dL) persistevano elevate le GGT (516 U/L) con transaminasi nella norma diuresi valida, peso invariato dalla dimissione. Iniziava CAPD monoscambio (1,36% solo la notte) che evidenzia assenza di UF (per assenza di ascite residua!).

Dopo 4 mesi dalla dimissione il paziente effettuava rivalutazione cardiologica che mostrava miglioramento della classe funzionale NYHA (da 2-3° a 1-2° stadio).

Dopo un paio di mesi venivano ridotti i giorni di dialisi a 5/7 alla settimana. Si assisteva a lieve ripresa della fuoriuscita di liquido ascitico (150/400 cc/die) più abbondante nella seduta che il paziente effettua dopo il giorno di sospensione. Funzione renale stabile (creat. 2,5 mg/dL, urea 120 mg/dL), lieve calo delle GGT (320 U/L).

Dopo poco più di un anno di follow-up, funzione renale stabile. Eseguito Ecocardiogramma e visita cardiologica, che evidenziano un buon compenso cardiocircolatorio, con stabilizzazione del miglioramento della classe funzionale. Prosegue con uno scambio a settimana al fine di mantenere il lavaggio del catetere ed il monitoraggio dell'ascite. Si inizia a prospettare al paziente l’ipotesi di rimuovere il catetere peritoneale, ma lui preferisce “aspettare ancora un po’”.

Al controllo successivo si decide, vista la stabilità del quadro clinico e bioumorale, di convertire lo scambio settimanale ad un semplice lavaggio. 

A settembre u.s. il paziente viene finalmente sottoposto a rimozione del catetere peritoneale. 

A 9 mesi dalla rimozione del catetere peritoneale la funzione renale è stabile (creat. 2 mg/dL, urea 90 mg/dL), GGT in ulteriore riduzione, transaminasi nella norma, peso stabile con diuresi attiva. L’Ecografia addome di controllo non mostra recidiva di ascite. Anche la valutazione cardiologica evidenzia la stabilità della classe funzionale.

release  1
pubblicata il  22 settembre 2015 
da A. Laudon , D. Zarantonello, A. De Gaetano, G. Brunori
(Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale Santa Chiara di Trento)
Parole chiave: dialisi peritoneale
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