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Malattia renale cronica stadio 1-5 /Anemia/Metabolismo calcio-fosforo

L'intake alimentare di fosfati condiziona gli outcomes nei soggetti con CKD stadi 3 e 4

poster

INTRODUZIONE.

La iperfosforemia è una condizione che determina un aumentata mortalità nei pazienti con MRC, che si rileva, però, solo nelle fasi più avanzate della ridotta funzione renale residua ( [1]  [2] (full text)). Ma il fosforo (Pi) produce alterazioni di FGF23, PTH, Vit. D precocemente, anche con valori illusoriamente ritenuti normali. Sicuramente la riduzione della capacità escretiva renale, perciò, condiziona la quantità dell'intake alimentare di Pi che il paziente può assumere con la dieta, o la necessità di determinare un ridotto assorbimento intestinale mediante l'uso di chelanti del Pi ( [3] (full text), [4]). 
Scopo dello studio retrospettivo è quello di valutare gli effetti del carico alimentare di Pi (valutato come fosfaturia ed escrezione frazionale di Pi) nel determinare outcomes hard come mortalità cardiovascolare e morte renale.

MATERIALI E METODI

Sono stati studiati 407 soggetti che regolarmente frequentavano una tertiary care nefrologica e che avessero effettuato, almeno ogni sei mesi, una valutazione dell'escrezione urinaria di creatinina, fosforo, urea per un follow up di 5 anni. Dialisi o morte erano gli end point ricercati.

RISULTATI

La figura 1 mostra i dati basali della popolazione studiata. Il 17 % dei soggetti erano CKD-3A, 37 % CKD-3B così come CKD-4; l'età media era 66±12 anni, PAS 125±17 mm Hg, PAD 74±10, Cr 2.34±1.0 mg/dl
La probabilità di sopravvivenza (Log-Rank test) per FeP mostra p<0.001 per i tertili maggiori rispetto ai pazienti con normalità di FeP al baseline sia per non aggiustamenti che per aggiustamenti quali età, storia di CVD, Diabete, intake di proteine, creatinina clearance, emoglobina. 
Per la probabilità di dialisi non vi era significatività per dati non aggiustati, mentre diventa significativa per valori di FeP> 50 % dopo aggiustamenti quali età, storia di CVD, Diabete, intake di proteine, creatinina clearance, emoglobina (figura 2).
Durante il follow-up il 33 % dei soggetti ricevevano Low Protein Diet (0.6) e il 55 % VLPD (0.3); il 9 % ricevevano Chelanti (Sevelamer o Lantanio) e il 61 % chelanti più dieta (LPD o VLPD). La terapia era modulata su FeP e in successione su fosforemia per i pazienti con FeP < 20 % ma con valori di Pi superiori ai valori normali per sesso ed età( [5] (full text)).
Ciò produceva diversa compliance alla terapia ma anche una diversa fosfaturia durante il periodo di osservazione per cui potevamo differenziare i pazienti in BB (quelli che avevano una normale FeP sia al basale che durante l'osservazione), BA (quelli che avevano una normale FeP al basale che aumentava durante l'osservazione), AA (quelli che avevano un'alta FeP sia al basale che durante l'osservazione) e AB (quelli che avevano una alta FeP al basale che divetava normale durante l'osservazione).
L'effetto dell'intervento nefrologico produceva effetti sugli outcomes? Le figure 3, 4 e 5 mostrano come i pazienti che rimanevano in stadio BB e anche quelli che passavano da alto a normale FeP avevano una prognosi migliore rispetto a AA ma anche a BA sia per la mortalità che per dialisi che per outcomes combinati.

CONCLUSIONI

Recenti studi hanno dimostrato che alta FeP correla con la mortalità se associata ad alto FGF23, ma alto FGF23 ha un rischio notevolmete maggiore se associato a basso FeP ( [3] (full text) [4]), quasi ad evidenziare il nesso tra intake di fosforo e livelli di FGF23. 
Non è possibile, oggi, l'utilizzo di FGF23 come misura routinaria per i pazienti in CKD, mentre FeP è un amisura semplice da ottenere (è utilizzabile una raccolta estemporanea di urine) e dà informazioni utilissime per migliorare gli outcomes (mortalità e dialisi) nei soggetti con MRC. 
I nefrologi hanno la possibilità di intervento mediate l'uso di diete ipofosforiche e i chelanti del Pi che vanno modulati non solo sulla fosforemia ma, soprattutto, sulla fosfaturia rapportata alla capacità nefronica residua di eliminarla.

 

 

 

 

 

release  1
pubblicata il  24 settembre 2015 
da Biagio Di Iorio, Antonio Bellasi, Lucia Di Micco, Antonella De Blasio, Luca Apicella, Domenico Russo e Mario Cozzolino
(UOC di Nefrologia degli Ospedali di Solofra (AV) e Como, e dell'Università Federico II di Napoli e Università Statale di Milano)
Parole chiave: acidosi metabolica
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