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Accessi vascolari

MODELLI ORGANIZZATIVI PER L’ALLESTIMENTO DELL’ACCESSO VASCOLARE: COME CAMBIA LA TIPOLOGIA DEGLI ACCESSI NELLA TRANSIZIONE DAL MODELLO CHIRURGICO A QUELLO NEFROLOGICO

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Premessa

L’attività di allestimento e cura dell’accesso vascolare può essere approcciata attraverso diversi modelli organizzativi che coinvolgono variabilmente nefrologi, chirurghi, radiologi interventisti o altri specialisti [Mishler R, 2009] [1] [Vachharajani TJ, 2010] [2] (full text).

Tuttavia il nefrologo riveste un ruolo precipuo nel scegliere, programmare e, in alcuni casi, realizzare l’accesso vascolare in emodialisi. Numerose evidenze di letteratura dimostrano infatti che i migliori risultati, sia in termini di qualità che di durata dell’accesso, vengono raggiunti nei centri dove l´attività del nefrologo, come supervisore o operatore, è diretta o preponderante [Pisoni RL, 2002] [3] (full text) [Mishler R, 2010] [4].

La transizione da un modello organizzativo ad un altro può essere difficile perché presuppone la costituzione di nuovo gruppo di lavoro, spesso multidisciplinare, in cui le competenze devono essere redistribuite e sviluppate. 

Materiali e Metodi

Nel centro dialisi di Trieste è stato recentemente introdotto un nuovo modello organizzativo per l’allestimento degli accessi vascolari per emodialisi.

Fino a tutto il 2012 questa attività era principalmente gestita da un chirurgo vascolare dedicato che, secondo le tempistiche indicate dal Nefrologo, sceglieva la tipologia di accesso vascolare e provvedeva a realizzarlo.

A partire dal 2013 un nefrologo esperto nell’allestimento degli accessi vascolari ha formato altri due nefrologi, fino alla costituzione di un gruppo specializzato che si è reso autonomo a partire dal 2014. Il team così istituito ha maturato esperienza nell’allestimento delle fistole native e nel posizionamento dei CVC tunnellizzati. Le fistole complicate e quelle protesiche sono rimaste di competenza del chirurgo vascolare.

Abbiamo revisionato la prevalenza degli accessi vascolari nel nostro centro nel periodo 2000-2016 per capire se l’introduzione del nuovo modello organizzativo ha cambiato la tipologia degli accessi vascolari nella popolazione dialitica triestina [Figura 2].

Risultati

La prevalenza dei pazienti emodializzati nella citta´di Trieste è progressivamente aumentata fra il 2000 e il 2010 passando da 151 emodializzati (pari a 616 ppm) a 217 (917 ppm). A partire dal 2010 si è assistito ad un decremento fino ad arrivare a 166 emodializzati (706 ppm) nel 2016. Tale popolazione è molto cambiata in termini di eta´media che risultava pari a 68 anni nel 2000 ed e´salita fino a 71,8 anni nel 2016, con una distribuzione per fasce di eta´che dimostra un netto aumento dei pazienti over 75 a partitre dal 2005 in poi [Figura 1].

La tipologia di accessi vascolari in questi pazienti e´ stata monitorata con indagini annuali di prevalenza.

Dal 2000 al marzo 2016 la percentuale di FAV native si è mantenuta stabile, con una minima diminuzione (60,2% nel 2000 vs 49% nel 2016). La prevalenza delle FAV protesiche è diminuita sostanzialmente dopo il 2013, ovvero con l’avvento della gestione nefrologica, fino ad arrivare al 9,7% nel 2016 (vs 25,2% nel 2000). L’utilizzo di CVC tunnellizzati ha visto un progressivo aumento passando dall’11,9% al 32% nel 2012 (ultimo anno della gestione chirurgica), fino a raggiungere il 37% nel marzo 2016. Tuttavia il 5% di questi sono risultati portatori di CVC temporanei in attesa di confezionamento di FAV o posizionamento di catetere di Tenckhoff per dialisi peritoneale; il 7% di questi sono portatori di FAV nativa in corso di maturazione.

Conclusioni

La presenza di un modello organizzativo basato su una completa autonomia del nefrologo nella programmazione, scelta e confezionamento degli accessi vascolari condiziona la tipologia degli accessi utilizzati.

Nella nostra casistica la gestione totalmente nefrologica ha comportato una drastica riduzione delle fistole protesiche.

L'utilizzo delle fistole native si è mantenuto stabile ma si è assistito ad un aumento nell'uso dei cateteri tunnellizzati. Tale dato merita di essere letto alla luce delle caratteristiche demografiche della popolazione in oggetto, che sono senza dubbio variate negli ultimi anni: un importante aumento della fascia di età compresa fra i 75 e 90 anni, nonche´la presenza di un cospicuo gruppo di emodializzati di età superiore ai 90 anni, giustifica ampiamente la necessità di un utilizzo sempre maggiore di cateteri tunnellizzati.

Appare fondamentale continuare il monitoraggio della prevalenza degli accessi vascolari ed indagarne più dettagliatamente i risultati: é verosimile che ulteriori effetti del passaggio da un modello organizzativo all'altro risultino visibili a lungo termine, anche grazie ad una maggior esperienza del gruppo di lavoro dedicato.

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pubblicata il  04 ottobre 2016 
da E. Bedina, F. Bianco, M. Carraro, U. Gerini, V. Di Maso, M. Ianche, S. Leonardi, G. Galli, M. Grignetti, M.L. Artero, I. Filippi, M.L. Bonincontro, P. Arbo, U. Savi, M. Pian, E. Lorenzon, G. Boscutti
(S.C. Nefrologia e Dialisi, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste)
Parole chiave: accessi vascolari, nefrologia interventistica, prevalenza
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