La letteratura anche più recente sottolinea le problematiche relative alla diagnosi delle granulomatosi sistemiche. Tali difficoltà risultano ancora maggiori quando la diagnosi differenziale deve essere posta tra sarcoidosi e micobatteriosi atipica che, secondo alcuni autori, potrebbero costituire “due facce della stessa medaglia”.
Descriviamo una paziente (pz) di 41aa, ricoverata per febbre resistente agli antibiotici, calo ponderale e recidiva di uveite bilaterale (pregressi episodi nel 2003-2005). Successivo riscontro di linfopenia e splenomegalia per le quali era stata eseguita biopsia osteomidollare con evidenzia di “lieve iperplasia mieloide e multipli granulomi epitelioidi gigantocellulari”. I livelli dell’enzima di conversione dell’angiotensina erano incrementati (343.6 UI/L). Pur con TC e PET negative a livello polmonare, nell’ipotesi di sarcoidosi veniva avviata terapia steroidea. Dato il riscontro di creatinina 1.7 mg/dl e proteinuria 1.3 gr/die la pz veniva trasferita presso il nostro Centro. All’ingresso discrete condizioni generali, astenia e febbre persistente.
Per completamento diagnostico venivano eseguiti: dosaggio della 25OH e 1-25OH vitD (normali), valutazione del gene NOD2 (negativa), screening infettivologico (Tab.I). Si procedeva quindi con effettuazione di biopsie epatica e renale che evidenziavano anche in questi parenchimi la presenza di granulomi epitelioidi gigantocellulari. Contestualmente veniva eseguita PCR su tessuto renale e inviati colturali (sangue, feci e urine) per la ricerca di micobatteri che risultavano positivi per Mycobacterium atipico. I risultati consentivano quindi di giungere alla diagnosi di micobatteriosi atipica disseminata, avviare terapia mirata e sospendere lo steroide.
I casi di micobatteriosi atipica nel mondo sono in aumento anche in pz non immunodepressi. Di fronte ad una forma di granulomatosi disseminata questa possibilità deve essere sempre considerata. Le micobatteriosi non sono malattie acute, né contagiose. Vi è quindi un adeguato margine temporale per attendere i dati batteriologici ed avviare un trattamento corretto, evitando terapie che non solo non sarebbero utili ma che addirittura potrebbero rivelarsi dannose per il pz.