I diuretici rappresentano un importante presidio terapeutico dello scompenso cardiaco. Nonostante il loro uso, l'evidenza scientifica della strategia terapeutica appropriata di questi pazienti è scarsa. E' verosimile quindi che la terapia di questi pazienti sia eterogenea. Scopo di questo studio è stato quello di capire quale sia la strategia terapeutica dei nefrologi in questi pazienti.
Il questionario online era composto da 38 quesiti relativi a dati anagrafici, anzianità, diuretici, eventuali protocolli utilizzati, modalità di somministrazione, dosaggio, uso di terapie combinate, controllo del peso, valutazione della risposta al diuretico, kaliemia, antialdosteronici, ace-inibitori e uso dell’ultrafiltrazione.
Quattrocento nefrologi hanno compilato il questionario. La furosemide (94%) era usata senza un protocollo specifico (76%), con un bolo iniziale seguito da un'infusione continua (46%) e dose in base alla funzione renale (85%). Giornalmente erano misurati peso (96%) e risposta al diuretico (95%) combinando più parametri (73%). Il dosaggio massimo della furosemide era <1 g/die (76%). L'aggiunta di un altro diuretico avveniva quasi sempre (94%), più spesso con il Metolazone (34%) o un antialdosteronico (24%). Il blocco sequenziale era fatto solo in caso di non risposta al diuretico dell'ansa (82%). L'antialdosteronico veniva usato solo in caso di ipopotassiemia (49%) e sospeso con una potassiemia > 4.5 mMol/L (12%). La resistenza al diuretico era valutata con più parametri (62%). Restrizione idrica (< 500 ml/die, 60%), correzione dell'iponatremia (59%) e dell'anemia (51%) erano azioni importanti prima di definire un paziente "resistente al diuretico" mentre la dopamina a dosaggio renale no (56%). Di fronte a un peggioramento della funzione renale, il diuretico (51%) e l'ace-inibitore (81%) venivano ridotti o sospesi. Si ricorreva alla ultrafiltrazione solo dopo aver escluso una pseudo-resistenza al diuretico (36%) e spesso sotto la gestione del nefrologo (79%).
Questi risultati possono rappresentare il punto di partenza per rivedere criticamente l’approccio terapeutico migliore in questi pazienti.