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Nefrologia pediatrica

Sindrome emolitico-uremica: storia naturale e predittori di outcome severo

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Razionale

Descrivere la storia naturale della sindrome emolitico-uremica (SEU) e valutare possibili predittori di outcome severo 

Casistica e Metodi

Condotto uno studio osservazionale su dati estrapolati da 109 pazienti con SEU. Selezionati 32/109 casi (età media 4.1 anni; 18 F). Mediante analisi uni variata, valutate differenze tra pazienti con e senza decorso severo (ricovero in terapia intensiva, complicanze neurologiche e addominali, versamento cardiaco, necessità dialitica e plasma-exchange).

Risultati

11 (34%) hanno necessitato di ricovero in terapia intensiva. 30 (94%) presentavano diarrea e 8 (25%) infezione respiratoria nei 7 giorni precedenti il ricovero. 24 (75%) avevano infezione da E. coli (sierogruppi: 12 di tipo O157, 6 di tipo 026, 4 di tipo 0111, 1 di tipo O145, 1 di tipo 103), 1 da S. penumoniae, 8 (25%) mostrava mutazione di CFH e C3. La durata media del ricovero è stata 23 giorni, maggiore nei pazienti con necessità dialitica (p < 0.05). Tutti hanno mostrato IRA, 20 (62%) anche anuria all’atto del ricovero. La prevalenza di complicanze neurologiche è risultata maggiore in caso di anuria (50% vs 7%). La durata media dell’IRA è stata 25.5 giorni. 17 (53%) hanno necessitato di dialisi durante il ricovero, per un periodo medio di 7.5 giorni. 4/17 (23.5%) hanno proseguito terapia dialitica anche dopo il ricovero. 28 pazienti (87%) hanno necessitato di emotrasfusione; 1 (3%) ha praticato plasmaferesi. Dall’analisi univariata, fattori associati a decorso severo risultano: anuria all’esordio, sesso femminile, ALT, LDH, C3, n° emotrasfusioni. Al termine del follow-up, 7 (21%) presentavano complicanze: 5(15%) ipertensione, 5(15%) proteinuria, 1(3%) diabete mellito, 1(3%) iperenzimemia pancreatica.  

Conclusioni

I nostri risultati consentono di identificare possibili predittori di decorso severo della SEU. L’anuria è fortemente associata alla comparsa di complicanze neurologiche. Tali indici di severità potrebbero risultare utili per una “stratificazione del rischio”, consentendo al contempo di identificare pazienti che necessitano di attento e prolungato follow-up.

Ranucci G., Ferretti A., Tornincasa C., Gragnaniello V., D’Arcangelo R., Serio V., Pecoraro C.
(AORN Santobono-Pausilipon, UOC Nefrologia e Dialisi, Napoli)
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