Nei pazienti con CKD, la misurazione della pressione arteriosa (PA) in ambulatorio (clinica) ha una peggiore correlazione con danno cardiovascolare (CV), albuminuria e funzione renale rispetto alla PA monitorata nelle 24 ore o alla auto-misurazione della PA a domicilio (domiciliare). Nonostante sia ritenuta utile per la diagnosi e la gestione del paziente, la PA domiciliare è ancora lontana da un'ottimale diffusione clinica. In questo studio abbiamo valutato l’uso sistematico della PA domiciliare nei nefropatici afferenti al nostro ambulatorio.
In 713 pazienti (465 m, 68±14 anni), CKD stadio 2-5ND, abbiamo valutato PA clinica e domiciliare, e definito un effetto mascherato (ME) quando PA domiciliare > clinica e effetto camice bianco (WCE) quando PA clinica > domiciliare. In base alla definizione di PA non controllata con PA clinica >140/90 mmHg o PA domiciliare >135/85 mmHg, sono derivati i fenotipi di ipertensione mascherata (MH), da camice bianco (WCH), non controllata (SH) e normotensione.
In tutti gli stadi di CKD, la PA clinica è risultata maggiore alla PA domiciliare. Per la PA sistolica, nel 63.1% è stato osservato un WCE (+17±10 mmHg), e un ME nel 21.9% (-13±9 mmHg); una prevalenza simile è stata osservata per la PA diastolica. Non c’era relazione fra differenze pressorie ed il eGFR. La prevalenza dei fenotipi è risultata: MHT 13.4%, WCH 19,2%, SH 23,5%, normotesi 43.8%. La prevalenza di malattia CV è risultata minore nei pazienti WCH rispetto ai SH (29.2% vs 47.0% p = 0.001), e nei normotesi rispetto ai MH (34.8% vs 46.9 % , p =0.033).
Questi risultati confermano che la PA clinica non è sufficiente per definire lo status del paziente con CKD per un inquadramento prognostico e quindi un intervento terapeutico corretto. La sistematica implementazione della misurazione della PA domiciliare dovrebbe rappresentare un elemento centrale del management del paziente con CKD.