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Accessi vascolari

Formazioni cavitarie aperte (“kissing lesions”) sul lembo anteriore mitralico e sulla continuità mitro-aortica in paziente Uremico cronico portatore di Catetere Venoso Centrale per emodialisi

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Background

Nonostante le raccomandazioni delle principali società scientifiche internazionali (KDOQI, DOPPS, EDTA, IDSA), l’impiego dei cateteri venosi centrali tunnellizzati (CVCt) per emodialisi è incrementato nel corso degli ultimi anni anche in Italia (Lomonte C., 2009 [1]) e ciò in relazione alle maggiori comorbidità dei pazienti incidenti e all’invecchiamento della popolazione prevalente con progressivo esaurimento del patrimonio vascolare utile all’allestimento di una fistola artero-venosa su vasi nativi (Mandolfo S., 2012 [2]).

I pazienti Uremici presentano una maggiore suscettibilità alle infezioni dovuta al deficit dell’immunità cellulo-mediata, della fagocitosi e della produzione di anticorpi. Le infezioni, i particolare quelle da Staffilococco aureo, sono responsabili sino ad un terzo dei casi di morte nei dializzati e rappresentano pertanto la seconda principale causa di morte in questa categoria di pazienti (Vandecasteele SJ., 2009 [3] (full text)).

La presenza di un CVCt costituisce il principale fattore di rischio aggiuntivo per lo sviluppo di batteriemia (Hoen B., 1998 [4] (full text)) che può determinare sepsi e secondaria infezione batterica di siti critici (meningi, valvole cardiache, vertebre).

Il coinvolgimento secondario delle strutture subaortiche (continuità mitro-aortica e lembo anteriore mitralico, LAM), può verificarsi in pazienti con endocardite infettiva a carico della valvola aortica (Karalis DG., 1992 [5]– Figura 1) con due meccanismi: estensione diretta dell’infezione o per un jet rigurgitante aortico infetto che colpisce tali strutture. Quest’ultimo meccanismo determina le cosiddette lesioni “kissing”, rilevate nel 10–15% dei pazienti con endocardite infettiva valvolare aortica (Easaw J., 2001 [6] (full text)). Le lesioni “kissing” sono quindi complicanze dell’endocardite infettiva ed includono gli ascessi, gli aneurismi, la perforazione della continuità mitro-aortica e del LAM in atrio sinistro.

Caso clinico

Paziente maschio di 73 anni, affetto da Uremia cronica secondaria a Nefropatia Glomerulare decorrente come Sindrome nefrosica, Ipertensione arteriosa, Cardiopatia ipertrofica e valvolare con Insufficienza mitro-aortico-tricuspidalica. Nel 2003 aveva subito un intervento di posizionamento di tubo protesico per Dissezione aortica tipo A di Standford, senza coinvolgimento della radice. Negli anni successivi riscontro di progressiva dilatazione del bulbo aortico, peggioramento del rigurgito valvolare e progressione distale della dissezione fino alla biforcazione iliaca.

Nell’aprile 2012 il Paziente veniva ospedalizzato per febbre ed evoluzione ad ESRD della nefropatia; eseguito un ciclo di terapia antibiotica empirica, si provvedeva al posizionamento di un  CVC tunnellizzato in vena giugulare interna destra (02/04/12) per la scarsità del patrimonio venoso nativo. Successivo avvio a trattamento dialitico extracorporeo (03/04/2012).

A Maggio 2012 sviluppo d’infezione dell’exit-site del CVCt,  associata a febbricola serotina e positività del tampone colturale per Stafilococco aureo, trattata con successo mediante ciclo di levofloxacina (terapia guidata dall’antibiogramma). Seguiva l’allestimento di fistola artero-venosa omero-perforante sul braccio sinistro (09/07/12), inaugurata solo nel gennaio 2013 dopo intervento di revisione chirurgica (superficializzazione della v. basilica) ed endovascolare (angioplastica della v. basilica arterializzata). Nei mesi precedenti l’utilizzo della fistola, il CVC determina una lesione da decubito in sede sottoclaveare, ove il tunnel decorre in sottocute di scarso spessore. L’ulcera mostra segni di infezione, sostenuta da Staffilococco aureo e trattata con terapia antibiotica locale e sistemica.

Un ecocardiogramma transtoracico eseguito a gennaio 2011 aveva mostrato un ventricolo sinistro di volumi lievemente aumentati con una frazione d’eiezione stimata del 60%, dilatazione moderata del bulbo aortico con secondaria insufficienza valvolare di grado severo, con jet eccentrico diretto verso il LAM, lieve insufficienza valvolare mitralica, corretta posizione del tubo protesico aortico. Nell’ottobre 2012 viene decisa una rivalutazione della cardiopatia e della vasculopatia aortica. L’ecocardiogramma transtoracico (TTE) eseguito confermava i parametri del 2011 ma evidenziava una ampia cavità sul versante atriale del LAM, in assenza di perforazione verso l’atrio sinistro (Figura 2). In quel periodo il paziente negava febbre e le emocolture seriate per la ricerca di germi aerobi, anaerobi e funghi erano risultate negative. Il successivo ecocardiogramma transesofageo (TEE) mostrava come le cavità fossero due (Figura 3), la prima di più piccole dimensioni a livello della continuità mitro-aortica e l’altra sul LAM, entrambe aperte però sul versante ventricolare e senza segni di perforazione in atrio sinistro (Figura 4). La cavità sul LAM presentava una piccola apertura che permetteva l’ingresso e l’uscita di sangue; quella sulla continuità mitro-aortica presentava invece un’ampia apertura con la porzione corrispondente alla base della cavità stessa ampiamente mobile. Non erano evidenti lesioni da endocardite attiva o pregressa a carico della valvola aortica; il tubo protesico non risultava valutabile nell’intero decorso; per il tratto prossimale esplorato non mostrava alterazioni significative. Tali cavità dovevano essersi formate tra il gennaio 2011 e l’ottobre 2012. Considerati i precedenti episodi febbrili, l’infezione dell’exit-site del catetere venoso centrale tunnellizzato, le periodiche sedute emodialitiche, la presenza di una severa insufficienza valvolare aortica con jet diretto verso il LAM, la nostra prima ipotesi diagnostica è stata quella di cavità ascessuali aperte complicanti un’endocardite infettiva. Considerata la stabilità clinica del paziente, l’elevato rischio operatorio, l’assenza di perforazione delle formazioni cavitarie in atrio sinistro, non viene posta indicazione a trattamenti invasivi.

Discussione

Di fronte alle lesioni descritte, in assenza di una documentata diagnosi di endocardite infettiva, sono state considerate altre ipotesi diagnostiche quali cisti a contenuto ematico, cisti idatidee, mixomi, altri tumori, trombi. Tuttavia, la posizione e la morfologia delle stesse cavità e le caratteristiche cliniche del paziente ci hanno portato a considerarle in prima ipotesi come complicanze di un’endocardite infettiva. In assenza però di immagini ecocardiografiche compatibili con endocardite a carico delle cuspidi valvolari aortiche, possiamo invece ipotizzare che la sede primaria dell’infezione sia stata il tubo protesico aortico; da questa sede il sangue rigurgitante infetto diretto verso la continuità mitro-aortica e il LAM potrebbe aver contribuito allo sviluppo di tali “kissing lesions”.

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pubblicata il  14 settembre 2013 
da S. Cenerelli, A. Patrignani*, A. Mariani*, L. Fattori, G.M. Giacchetta, F. Ippoliti, R. Boggi
(U.O. Nefrologia, ASUR Marche, Area Vasta n° 2, Senigallia (AN); *U.O. Cardiologia, ASUR Marche, Area Vasta n° 2, Senigallia (AN))
Parole chiave: accesso vascolare, endocardite, sepsi
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