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Emodialisi

MALATTIA PARODONTALE E MORTALITA’ CARDIOVASCOLARE E PER TUTTE LE CAUSE IN PAZIENTI IN EMODIALISI: STUDIO MULTINAZIONALE TRASVERSALE E DI COORTE PROSPETTICO

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Razionale

Nella popolazione generale la malattia parodontale è associata con un incremento della mortalità cardiovascolare. Abbiamo valutato l’associazione tra periodontite e mortalità cardiovascolare e per tutte le cause nei pazienti con insufficienza renale terminale in trattamento sostitutivo emodialitico.

Casistica e Metodi

ORAL-D è uno studio multinazionale trasversale e di coorte prospettico nel quale sono stati coinvolti pazienti di  75 cliniche ambulatoriali in una rete di centri di emodialisi in Italia, Ungheria, Polonia, Argentina, Portogallo, Spagna e Francia. Un odontoiatra ha valutato la presenza di periodontiti con metodologia standard, definita come un CPI (Community Periodontal Index) ≥3 durante l’esame orale. Abbiamo valutato la mortalità a 12 mesi usando dati di mortalità centralizzati. Le analisi sono state condotte utilizzando una regressione di Cox aggiustata per età, sesso, eventi cardiovascolari precedenti, reddito, misure di performance clinica, prescrizione dialitica ed indicatori di performance, sintomi depressivi.

Risultati

3672 pazienti in emodialisi con almeno un dente in trattamento nei centri partecipanti hanno ricevuto una valutazione parodontale completa. Abbiamo registrato un follow up di 19.9 mesi (17.0-28.0). 1516 pazienti (42%) hanno riportato presenza di periodontite e 339 (10%) sono deceduti durante il follow up. L’associazione tra periodontite e rischio di mortalità cardiovascolare (HR 0.85 [95% CI 0.63-1.15]) e per tutte le cause (HR 0.86 [95% CI 0.68-1.10]) risulta incerta.

Conclusioni

Contrariamente ai dati disponibili per la popolazione generale, l’associazione tra periodontite e mortalità per tutte le cause e cause cardiovascolari nei pazienti in emodialisi è incerta. Le analisi dello studio ORAL-D saranno completate alla fine del 2013.

M. Ruospo1, S. Palmer2, V. Saglimbene1, P. Natale1, M. Sciancalepore1, L. Gargano1, M. Petruzzi3, M. De Benedittis3, R. Gelfman1, J. Frazão1, M. Török1, J. Duława1, A. Bednarek, D. Del Castillo1, P. Stroumza1, Gelfman1, N. Dambrosio1, M. Sambati1, V.A. Cagnazzo1, G. Giannoccaro1, E. Boccia1, R. Di Toro Mammarella1, P.F. Steri1, A. Flammini1, M. Murgo1, S. Pagano1, G. Montalto1, B. Salamone1, D. Rallo1, M. Fici1, R. Fichera1, J.C. Craig4, F. Pellegrini5, G.F.M. Strippoli(1,4,5,6)
(1Diaverum Medical, Scientific Office, Lund, Sweden, 2Department of Medicine, University of Otago, Christchurch, New Zealand, 3Dental clinic, University of Bari, Italy 4School of Public Health, University of Sydney, Sydney, Australia 5Department of Clinical Pharmacology and Epidemiology, Consorzio Mario Negri Sud, Santa Maria Imbaro, Italy and 6Department of Emergency and Organ Transplantation, University of Bari, Bari, Italy. )
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