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Emodialisi

E QUANDO NON BASTA LA CONSERVATIVA? NON DIMENTICHIAMO LA TERAPIA COMBINATA

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INTRODUZIONE - SCOPO DELLO STUDIO

In passato è stato proposto un tipo di trattamento combinato (integrated diet dialysis program: IDDP) che prevedeva, anche in pazienti con funzione renale estremamente ridotta, ma ottima compliance dietetica, una sola dialisi la settimana integrata i restanti giorni, con la sola terapia conservativa ("Mitch W E. - [1]1981 [1]; Mo [2]relli E - 1987 [2];Locatelli F- 1994 [3]Cardelli R - 1991 [4]"). I risultati ottenuti con questo tipo di trattamento sono stati buoni, ma l’IDDP in passato non ha avuto fortuna sia per motivi organizzativi sia per disponibilità di risorse economiche. Ad oggi invece, in considerazione del costante incremento della CKD il problema si ripropone perché le risorse economiche, rispetto al passato, sono diminuite ed è aumentata l’incidenza della dialisi. Quindi, tenendo conto della non sempre ottimale compliance dietetica del paziente, del costo della dialisi, dei problemi organizzativi dei Centri Dialisi e non dimenticando i Paesi con scarse risorse economiche, bisognerebbe tentare di ridurre, in pazienti selezionati, la frequenza del trattamento sostitutivo. In pazienti selezionati e non ottimale compliance alla LPD (Low-Protein Diet) abbiamo valutato, piuttosto che iniziare la dialisi trisettimanale, la possibilità di proseguire, per 6 giorni la settimana, la terapia conservativa con la LPD, aggiungendo una sola dialisi settimanale, così da poter migliorare il compenso metabolico di questi pazienti.

MATERIALI E METODI

Popolazione studiata

Abbiamo selezionato da Settembre 1998 a Febbraio 2013 sessantotto pazienti seguiti presso i nostri ambulatori nefrologici. 38 pazienti (13 donne e 25 uomini: età media 64.6 ± 13 anni, range: 39-85 anni) hanno eseguito l’IDDP; i criteri di inclusione sono stati i seguenti: filtrato glomerulare (GFR) tra 10 e 5 ml/min/1,73 m², età > 18 anni, assenza di compliance alla sVLPD, diuresi sufficiente ad evitare segni di ritenzione idrosalina e non ottimale controllo metabolico. Sono stati esclusi pazienti con neoplasie, insufficienza cardiaca severa (Stadio IV NYHA), insufficienza respiratoria, malattie sistemiche trattate con farmaci immunosoppressori o steroidi, malnutrizione, anoressia, ipertensione mal controllata, rapidi peggioramenti della funzione renale, completa assenza di compliance alla LPD e idoneità alla dialisi peritoneale. La CKD era secondaria a: Ipertensione arteriosa (n = 12), Causa non nota (n = 7), Diabete tipo 2 (n = 6), Malattia renale policistica (n = 5), Glomerulonefrite di Berger (n = 2), Nefropatia ostruttiva (n = 2), Monorene chirurgico per tubercolosi renale (n = 1), Nefropatia interstiziale da farmaci (n = 1), Monorene acquisito per infezioni urinarie recidivanti (n = 1) e Glomerulonefrite membrano proliferativa (n = 1). Il gruppo di controllo era composto da 30 pazienti (11 donne e 19 uomini) in dialisi trisettimanale; al momento dell’arruolamento avevano un GFR compreso tra 10 e 5 ml/min/1,73 m². Questi avevano uguale età (65.2 ± 11 anni, range: 41-80 anni) e follow-up rispetto ad altrettanti pazienti del gruppo in studio. I pazienti del gruppo di controllo non seguivano alcuna prescrizione dietetica né prima né con l’inizio del trattamento dialitico. Le cause di CKD erano: Diabete tipo 2 (n = 12), Ipertensione arteriosa (n = 8), Malattia renale policistica (n = 3), Diabete tipo 1 (n=2), Glomerulonefrite membrano-proliferativa (n = 1), Vasculite ANCA-correlata (n = 1), Nefropatia tubulo-interstiziale (n = 1), Monorene acquisito per Calcolosi renale (n = 1) e Glomerulonefrite membrano proliferativa (n = 1).

Disegno dello studio

Il nostro è uno studio prospettico controllato. Lo studio è stato approvato dal Comitato etico locale ed i pazienti hanno dato il loro consenso allo studio. I costi dei prodotti aproteici e della dialisi sono stati calcolati in base alle spese sostenute dalla Asl8 di Cagliari. I 38 pazienti del gruppo in studio hanno raggiunto un follow-up minimo di 6 mesi. Le cause di inizio dell’ IDDP sono state: sovraccarico idrico (n = 14), iperazotemia (n = 9), iperfosforemia (n = 7), iperparatiroidismo (n = 7) e intervento di Paratiroidectomia (n = 1). All' inizio dello studio e, poi, settimanalmente, sono stati valutati clinicamente; mensilmente è stata verificata la terapia. I pazienti sono stati seguiti regolarmente da un counselling dietetico. I pazienti hanno seguito uno schema alimentare ipoproteico (0,6 gr/kg di peso corporeo/die con prodotti aproteici), ipofosforico (8 mg/kg/die), iposodico (0,19 mEq/kg/die) e a contenuto normo-ipercalorico (30-35 kcal/kg di peso corporeo ideale/die). L'introito dietetico proteico è stato calcolato con la formula di Maroni e Mitch ("Maroni BJ [5]- 1985 [5]"). I pazienti hanno eseguito un trattamento emodialitico monosettimanale della durata di 3,5-4 ore, con un flusso di sangue di 300-350 ml/minuto ed un flusso del dialisato di 500 ml/minuto; sono state utilizzate membrane biocompatibili e ad alto flusso, prevalentemente polisulfone. Tutti i 38 pazienti utilizzavano un accesso vascolare confezionato con vasi nativi. 12 pazienti hanno praticato l'emodiafiltrazione ed i restanti la dialisi bicarbonato. L'incremento interdialitico medio é stato < 1 kg, ciò ha consentito di praticare una dialisi con volumi di ultrafiltrazione molto bassi. Il giorno della dialisi è stata concessa una dieta libera in proteine.

I pazienti selezionati nel gruppo di controllo hanno effettuato l’emodialisi tre volte la settimana. La durata della dialisi, il flusso del sangue e del dialisato erano identici rispetto al gruppo in studio. Anch’essi hanno utilizzato membrane biocompatibili e ad alto flusso. 29 pazienti hanno eseguito la dialisi bicarbonato ed uno l’emodiafiltrazione. All’inizio del periodo di osservazione il 90% dei pazienti utilizzava un accesso vascolare confezionato con vasi nativi, il 6,7% un catetere venoso centrale permanente ed il 3,3% una fistola artero-venosa protesica. Le cause di inizio della dialisi sono state: sovraccarico idrico (n = 8), iperazotemia (n = 7), iperparatiroidismo (n = 8), iperfosforemia (n = 5) e sintomi uremici (anoressia, nausea e vomito n = 2).

I dati ematochimici e antropometrici sono stati considerati e riportati al tempo zero (nel gruppo in studio prima di iniziare la terapia combinata e nei controlli prima di iniziare l’emodialisi), a cadenza semestrale e se necessario all’ ultimo controllo precedente il drop-out. Abbiamo esaminato nei due gruppi:

  • Parametri di laboratorio: bicarbonato, azoto ureico (BUN), creatinina (Crs), sodio, potassio, calcio, fosforo, emoglobina (Hb), ematocrito (Ht), linfociti, CRP (proteina C reattiva. Valori > 5 mg/dl erano al disopra dei limiti di normalità), GFR, paratormone (PTH), proteine totali, albumina, colesterolo totale, trigliceridi, HDL, LDL, acido urico, transferrina, complemento (C3, C4) e immunoglobuline totali (IG). La calcemia è stata corretta per l' albumina. Il GFR é stato ottenuto calcolando la media aritmetica della clearance della creatinina (ClCr) e dell' urea (ClUr): GFRm = (ClCr + ClUr)/2, corretta per la superficie corporea ("Brauer JH - 1982 [6]"). La raccolta urine per il calcolo del GFRm è stata effettuata il giorno precedente la dialisi. Pur non essendo stata validata per bassi livelli di funzione renale, abbiamo utilizzato inoltre per il calcolo del GFR, la formula MDRD eGFR (Modification of Diet in Renal Disease-derived equation) ("Levey AS [7] [7]-1999 [7]; Krediet RT.- [8] (full text)2006 [8] (full text)"). L’azoturia e il protein catabolic rate (PCR) sono state calcolate nel gruppo in studio, mentre nel gruppo di controllo abbiamo valutato l’introito proteico mediante l’equilibrated protein catabolic rate (ePCR), derivato dall’eKt/V (Kt/V equilibrato). La dose dialitica (eKt/V) è stata calcolata utilizzando la formula logaritmica di Daugirdas ("Daugirdas J -1993 [9] (full text)");

  • Peso dopo il trattamento dialitico, indice di massa corporea (BMI) e bioimpedenziometria (BIA) con calcolo dell'angolo di fase;

  • Pressione sistolica e diastolica all' inizio della dialisi:

  • Dose di eritropoietina (EPO: Unità/kg/settimana) ed indice di resistenza all' eritropoietina (ERI: EPO/Hb) ("Locatelli F - 2006 [6]");

  • Fattori di Comorbidita' valutati con il Charlson comorbidity index (CCI) score, aggiustatoper l' età dei pazienti e corretto per l’albumina (" Charlson M - 1994 [10]");

  • Numero e cause di ospedalizzazioni per paziente;

  • Numero e cause di decessi nei due gruppi.

Valutazione statistica

I risultati sono stati espressi come media ± deviazione standard (SD). I singoli dati sono stati confrontati con il test-t di Student. La curva di Kaplan-Meier é stata utilizzata per rappresentare la fine del periodo di osservazione, inteso come inizio del trattamento dialitico trisettimanale o morte. L’end point primario dello studio era l’inizio della dialisi trisettimanale e la morte, l’end point secondario il trapianto renale o il recupero della funzione renale.


RISULTATI

Sopravvivenza a un anno

Le caratteristiche generali della popolazione studiata e i principali parametri ematochimici sono indicati nella Figura 1 e 2. I pazienti del gruppo in studio presentavano importanti fattori comorbidi (CCI>4 nel 62% dei pazienti arruolati) rispetto ai controlli (CCI>4 nel 33% dei casi). Nel corso di un anno la sopravvivenza all’ IDDP e dei pazienti è stata rispettivamente dell’ 86,8% e del 100%.

Stato nutrizionale Nel corso di una anno nel gruppo in studio, la protidemia totale, l’albumina, il complemento, le colinesterasi, i linfociti, l’angolo di fase, i trigliceridi, l’assetto lipidico e le IG sono rimasti stabili (da 8 ± 4 a 7,5 ± 2 gr/24h) ed il PCR (da 0,58 ± 0,2 a 0,57 ± 0,11 gr/kg/die). Il peso medio dei pazienti così come il BMI si sono ridotti in modo significativo, probabilmente a causa del sovraccarico idrico presente in alcuni pazienti. I pazienti del gruppo di controllo presentavano all’inizio dello studio valori di albumina e di colinesterasi più bassi rispetto al gruppo in studio, che durante l’anno però aumentavano in modo significativo. Rispetto al gruppo in IDDP i controlli presentavano inoltre valori di Immunoglobuline, linfociti ed angolo di fase più bassi. L’introito proteico è invece rimasto stabile durante il periodo di osservazione (ePCR da 1,029 ± 0,2 a 1,04 ± 0,3 gr/kg/die).

Funzione renale: I pazienti del gruppo in studio hanno iniziato l’IDDP con un GFR di 7,8 ± 1,9 ml/min (perdita di filtrato glomerulare medio/mese di 0,13 ml/min), mentre i controlli hanno iniziato la dialisi con un GFR di 9,2 ± 4,2 ml/min: la differenza tra i due gruppi era statisticamente significativa. Il 53,3% dei controlli dopo un anno è diventato anurico, la restante percentuale conservava una diuresi residua compresa tra i 300 e 800 ml. Il dosaggio medio del Furosemide è aumentato da 150 ± 154 a 273 ± 201 mg/die nel gruppo in studio e nei controlli da 332 ± 171 a 409 ± 205 mg/die.

Dati biochimici: All’inizio dello studio pur non essendoci eventi infettivi intercorrenti in atto vi era una maggiore percentuale di controlli con valori di CRP>5 mg/dl (36,7 versus 13% del gruppo in studio). Nel gruppo di controllo nell’arco di un anno il potassio tendeva ad aumentare in modo significativo, mentre il sodio si riduceva. I pazienti di entrambi i gruppi presentavano una buona efficienza dialitica (eKt/V: 1,4±0,3 versus 1,3 ± 0,16 dei controlli).

Anemia: L’Hb aumentava in modo significativo in entrambi i gruppi, però si aveva solo nel gruppo in studio, un consensuale decremento della dose di EPO e dell’ ERI: tale differenza era statisticamente significativa tra i due gruppi.

Iperparatiroidismo: All’inizio dello studio una percentuale maggiore di controlli aveva un PTH>300 pg/ml (50% versus il 31,5% del gruppo in studio); la fosforemia al momento dell’arruolamento era più elevata nei controlli e tale differenza era statisticamente significativa tra i due gruppi. L’uso dei Chelanti del fosforo, così come del Paracacitolo e del Cinecalcet era maggiore nei controlli (Figura 3).

Ricoveri: Durante tutto il periodo di osservazione sono stati quattro nel gruppo in studio. Le cause sono state: Fibrillazione atriale, Bronchite acuta, Colecistite acuta ed accertamenti riguardanti una sospetta eteroplasia polmonare.

Nel gruppo di controllo sono stati registrati in 15 pazienti, 24 ricoveri per: Allestimento nuovo accesso vascolare (n = 7), Angioplastica per stenosi fistola artero-venosa (n = 1), Infezione da Staphylococco aureus del catetere venoso centrale tipo Tesio (n = 2), Edema polmonare acuto ed Infarto del miocardio (n = 1), Infarto del miocardio, posizionamento pace-maker e intervento di protesi valvolare biologica (n = 1), Infarto del miocardio (n = 1), Coronaropatia trivascolare trattata con angioplastica (n = 1), Coronaropatia bivascolare trattata con angioplastica (n = 1), Scompenso cardiaco (n = 1), Tachiaritmia da Fibrillazione atriale (n = 2), Iperpiressia (n=1), Crisi ipertensiva (n=1), Coma ipoglicemico (n=1), Ascesso coscia (n=1) e Ittero ostruttivo da Calcolosi della colecisti (n=2). I ricoveri per problemi legati all’accesso vascolare sono stati i più frequenti e questi si sono verificati per la maggior parte entro 9 mesi dall’inizio del trattamento emodialitico (Figura 4 e 5).

Decessi: Nel gruppo in studio tre pazienti sono deceduti per cause cardiache (infarto del miocardio, coronaropatia): uno al 13°, uno al 16° ed uno al 18°mese di IDDP. Nei gruppo di controllo si sono verificati quattro decessi: uno al 9°, due al 13° ed uno al 22° mese dopo l’inizio del trattamento sostitutivo periodico. Le cause sono state: Infarto del miocardio massivo ed Edema polmonare acuto, Sepsi, Emorragia cerebrale ed Ictus cerebri.

Il costo medio annuale pro paziente, si è calcolato ammontare: per gli alimenti ipoproteici a 1.123 euro, per la dialisi bicarbonato a 24.000 euro e per l’ emodiafiltrazione a 37.200 euro.

Sopravvivenza globale all’IDDP

Sopravvivenza dei 38 pazienti alla terapia combinata (Figura 6):

  • 9 pazienti sono tutt’ora in IDDP (sopravvivenza media alla metodica 33,5 ± 23 mesi: range 9-67 mesi);

  • 22 pazienti sono in dialisi trisettimanale (ingresso in dialisi dopo un periodo medio di IDDP di 24,4 ± 21,5 mesi: range: 8-98 mesi). Le cause di drop-out sono state: sovraccarico idrico (n = 10), mancanza totale di compliance alla dieta ipoproteica (n = 6), progressivo peggioramento della funzione renale (n=5) e Nefrectomia dx per neoplasia (n = 1);

  • un paziente è stato trapiantato dopo 23 mesi di IDDP;

  • 3 pazienti sono deceduti;

  • 3 pazienti hanno avuto un recupero parziale della funzione renale: uno al 9°, uno al 15° ed uno al 27° mese. Hanno quindi continuato la solo terapia conservativa.

Sei pazienti (età media 66 ± 16 anni), 2 donne e 4 uomini, hanno effettuato la terapia combinata per un più lungo periodo di tempo (66 ± 17 mesi: range 47-98). Questi, rispetto al gruppo in studio, che non ha raggiunto questo lungo periodo di osservazione, avevano al momento dell’ arruolamento, un GFR maggiore (8,4 ± 2 vs 7,7 ± 1,9 ml/min) e maggiori comorbidità (5 pazienti avevano un CCI>4); riguardo gli altri parametri non vi erano significative differenze.

DISCUSSIONE

Questo tipo di trattamento a nostro avviso, ha un valore decisamente positivo. La maggioranza dei pazienti è riuscito a proseguire il trattamento integrato per un anno, abbiamo ritardato l’inizio del trattamento dialitico periodico, i pazienti hanno mantenuto un buon stato nutrizionale e hanno conservato la funzione renale residua (FRR) nel tempo.  

In letteratura sono riportati tre importanti studi, in cui è stata descritta l’esperienza con l’IDDP in giovani pazienti ("Mitch W E. - [1]1981 [1]; Mo [2]relli E - 1987 [2];Locatelli F- 1994 [3]Cardelli R - 1991 [4]"). I risultati cui sono giunti hanno dimostrato che in pazienti molto motivati era possibile posporre il trattamento dialitico trisettimanale senza compromettere lo stato nutrizionale del paziente e preservando la FRR nel tempo. Tali conclusioni sono in accordo con il nostro studio. La discordanza rispetto al nostro lavoro, nasce dal fatto che i pazienti degli studi sopra menzionati, avevano un GFR molto più basso (< 5 ml/min/1,73 m²), praticavano un trattamento nutrizionale differente, ovvero la sVLPD, sicuramente maggiormente adatto ad una bassa FRR ed avevano ottima compliance alla dieta. Noi abbiamo utilizzato la LPD perché, pur essendo stata proposta la sVLPD, questo tipo di trattamento dietetico non è stato accettato dai nostri pazienti; se fosse stato scelto, avendo i nostri pazienti una diuresi residua ed un discreto controllo metabolico, questi avrebbero potuto proseguire la terapia conservativa ed evitare l’IDDP.

Una delle maggiori preoccupazioni quando il GFR scende al di sotto di 10 ml/min/1,73 m², rimane sicuramente la possibile comparsa di malnutrizione. Secondo uno studio del 2004 i pazienti al di sotto di questo GFR in LPD, rispetto a quelli in sVLPD, hanno un più alto numero di malnutrizione (45% versus 27%) BUN più elevata e bicarbonato più basso ("Cupisti A - 2004 [11]"). Proseguire il solo trattamento conservativo con la LPD in pazienti come i nostri con GFR di 8 ml/min/1,73 m², potrebbe non essere privo di rischi dal punto di vista nutrizionale. I nostri pazienti invece pur proseguendo, durante l’IDDP, l’LPD conservavano un buon stato nutrizionale ed erano meno infiammati.  L’infiammazione cronica presente nel paziente uremico è stato dimostrato infatti determinare una soppressione midollare dell’eritropoiesi ed accelerare la distruzione degli eritrociti ("Stenvinkel - 2002 [12] (full text)"). La riduzione dello stato infiammatorio con l’inizio dell’IDDP, potrebbe aver inciso positivamente sulla correzione dell’anemia e sulla riduzione dell’ ERI (" Sciffl H- 2001 [6]; Schouten WE- 2000 [13]; Maduell F - 2002 [14]; Vanholder R - 2010 [6]"). 

La correzione dell’Iperparatiroidismo secondario, con l’inizio dell’IDDP, grazie anche all’utilizzo di chelanti del fosforo, del paracalcitolo e del cinecalcet, non prescrivibili in conservativa, potrebbe essere uno degli altri fattori che ha inciso positivamente sulla correzione dell’anemia e sulla miglior responsività all’EPO.   Come riportato in letteratura nei controlli, la perdita della FRR si correlava a una più severa anemia a causa di una ridotta produzione di eritropoietina ("Wang AY - 2002 [15] (full text)").

Il 50% dei controlli all’inizio dello studio aveva un PTH>300 pg/ml con livelli di fosforemia rispetto al gruppo in studio, significativamente più alti rispetto al gruppo in studio. I livelli di fosforemia nel corso di un anno rimanevano comunque più elevati nel gruppo di controllo, malgrado il maggior utilizzo di chelanti del fosforo. Probabilmente questo alterato metabolismo minerale ha inciso negativamente sugli eventi cardiovascolari, che si sono verificati nel gruppo di controllo. Le ospedalizzazioni nel gruppo in studio si sono verificati per motivi indipendenti all’uremia: non abbiamo avuto episodi nè di iperpotassiemia né di grave acidosi metabolica né di edema polmonare. I pazienti in IDDP pertanto non hanno presentato né urgenze dialitiche né necessità di dialisi supplementari eppure mantenere un corretto equilibrio della volemia nel paziente in trattamento dialitico è, come noto, spesso difficile. 

Al fine di preservare la FRR con l’IDDP abbiamo prestato particolare attenzione al mantenimento dell’ euvolemia evitando sia le ipotensioni intradialitiche sia gli eccessivi incrementi interdialitici settimanali. La produzione di urina ha consentito infatti di controllare il volume extracellulare ed evitare l’eccessiva deidratazione intradialitica che porterebbe all’anuria e di conseguenza alla perdita della funzione renale. Il controllo pressorio dei pazienti pertanto, migliorava in modo significativo grazie a un miglior controllo dell’ acqua extracellulare. Grazie all’IDDP si è assistito a un notevole risparmio economico sia in termini di spesa dialitica (per paziente c’è stato un risparmio annuo di circa 16000-24800 euro), sia di consumo di farmaci (eritropoietina, chelanti del fosforo, paracalcitolo, cinecalcet) sia dei ricoveri sia dei mezzi di trasporto utilizzati dai pazienti per raggiungere i Centri dialisi. Abbiamo notato che questo tipo di approccio ha permesso al paziente un migliore adattamento psicologico al trattamento dialitico, lo ha aiutato a non sentirsi “malato”, a ridurre la sensazione di dipendere da una macchina per vivere e gli ha consentito di conservare l’autonomia lavorativa. Il paziente ha inoltre migliorato la compliance alla LPD grazie anche alla minor monotonia della dieta, il giorno della dialisi poteva infatti assumere una dieta a normale contenuto proteico.

CONCLUSIONI

Il razionale del trattamento conservativo della CKD stadio 5 è dare meno tossine uremiche, ridurre il carico acido, ma questo è possibile solo con un trattamento dietetico congruo; se però questa terapia nutrizionale non è attuabile, una possibilità può essere iniziare l’ IDDP, in pazienti che altrimenti sarebbero destinati alla dialisi trisettimanale o alla peritoneale. I risultati del nostro studio ci portano a concludere che l’ IDDP è una metodica sicura da un punto di vista nutrizionale e ha numerosi vantaggi:

  • consente di "preservare l’ accesso vascolare"  e ridurre il rischio di infezioni;
  • i pazienti possono essere inseriti in lista trapianto;
  • può essere preservata la funzione renale;
  • da proporre in Paesi, come l’ Africa, dove la CKD è frequente e le cure, quando disponibili, risultano troppo costose.

BibliografiaReferences

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[2] Morelli E, Baldi R, Barsotti G et al. Combined therapy for selected chronic uremic patients: infrequent hemodialysis and nutritional management. Nephron 1987;47(3):161-6

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[15] Wang AY, Wang M, Woo J et al. A novel association between residual renal function and left ventricular hypertrophy in peritoneal dialysis patients. Kidney international 2002 Aug;62(2):639-47 (full text)

release  1
pubblicata il  19 settembre 2013 
da Stefania Caria¹, Adamasco Cupisti², Giovanna Sau³, Piergiorgio Bolasco¹
(¹Nefrologia e Dialisi S.C. Territoriale ASL 8 Cagliari;²Dipartimento di Medicina Interna, Università di Pisa, Pisa;³Nefrologia e Dialisi, Ospedale "G.Brotzu" Cagliari)
Parole chiave: anemia, calcificazioni vascolari, funzione renale residua
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