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Emodialisi

MODIFICAZIONE DELLO STATO OSSIDATIVO MEDIANTE OZONOTERAPIA NEI PAZIENTI IN EMODIALISI CRONICA: STUDIO PILOTA

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INTRODUZIONE

Nonostante i progressi degli ultimi anni nel trattamento sostitutivo dialitico, la patologia cardiovascolare (CV) costituisce la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti in insufficienza renale terminale (ESRD) insieme all’infiammazione e alla malnutrizione (Zoccali C 2004  [1] (full text)). Nei pazienti in ESRD è presente uno stress ossidativo cronico, caratterizzato dallo sbilanciamento tra capacità pro-ossidante ed anti-ossidante, al quale è stata associata la patologia cardiovascolare prima fra tutte l’aterosclerosi (Himmelfarb J 2002 [2] (full text)) (Coombes JS 2012 [3]).

Pertanto, nell’intento di correggere questo squilibrio ossidativo , sono state proposte varie terapie a base di antiossidanti, dalla vitamina E alla acetilcisteina, anche attraverso l'utilizzo di membrane di dialisi con vitamina E adesa, con scarsi risultati (Galli F 1998 [4] (full text)) (Bargnoux A 2013 [5]). In molti paesi  nel trattamento di molte patologie caratterizzate da un elevato stress ossidativo ed infiammatorio e in particolare nelle vasculopatie viene ampiamente impiegata da molti anni la ozonoterapia. Anche se la somministrazione di un agente altamente ossidante come l’ozono possa apparire paradossale negli stati di stress ossidativo cronico come l’uremia, è possibile che l’ozonoterapia infusionale, chiamata grande autoemoterapia (GAET) prolungata nel tempo e condotta in modo razionale possa ripristinare la bilancia redox rendendo la cellula più resistente al danno da radicali liberi (ROS) attraverso anche la produzione di determinate proteine da stress tra cui la proteina dello shock ossidativo (OSP) e l’emeossigenasi I (HO-I) (Bocci V 2001 [6]). 

Lo scopo dello studio è stato quello di valutare un possibile effetto dell’ossigeno-ozonoterapia verso alcuni markers di stress ossidativo e sulla qualità di vita nei pazienti emodializzati.

MATERIALI E METODI

Sono stati selezionati 30 pazienti in emodialisi cronica suddivisi in 2 gruppi confrontabili per età, sesso, stato nutrizionale e indice di comorbidità; 15 pazienti (gruppo O3), 9 maschi e 6 femmine, età media di 65 ± 21 anni, età dialitica di 5.4 ± 3.2 anni, nei quali  è stata praticata la grande autoemoterapia (O3-AHT) e 15 pazienti  di controllo (gruppo 2), 10 maschi e 5 femmine, età media di 64 ± 19 anni, età dialitica di 5.8 ± 3.6 anni. Tutti i pazienti erano portatori di fistola artero-venosa nativa, senza processi infiammatori o neoplastici in atto ed erano sottoposti a trattamento emodialitico ad alta efficienza (emodiafiltrazione on line in pre e post-diluizione) 3 volte alla settimana.

DESIGN DELLO STUDIO

La GAET è stata effettuata al termine della seduta dialitica secondo la seguente procedura: aspirazione di 250 ml di sangue dall’ago fistola in una sacca sterile contenente citrato di sodio dove veniva miscelata una soluzione di gas ossigeno-ozono in egual volume alla concentrazione di 50 µg/ml con restituzione del sangue dopo circa 5 min. I pazienti hanno effettuato in 9 mesi 40 sedute in due cicli di trattamento di 3 mesi (2 sedute alla settimana per i primi 2 mesi e 1 seduta alla settimana nel mese successivo) con 3 mesi di interruzione. È stato valutato l'effetto del trattamento sulla percezione soggettiva del dolore mediante la scala visiva del dolore (VAS) e sulla Qualità di vita (QdV) attraverso il questionario SF - 36 raccogliendo le informazioni al tempo 0 e dopo 9 mesi e sullo stato di ossidazione della albumina e la produzione di ROS da parte dei polimorfonucleati su campioni di sangue al tempo 0 (T0), dopo il primo ciclo (T2) e all’inizio (T3) e alla fine del secondo ciclo (T4). Dato che i gruppi - SH delle proteine, e in particolare della albumina, costituiscono la prima linea di difesa contro gli ossidanti neutralizzando dal 10 al 50% delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) abbiamo valutato lo stato ossidativo cronico  attraverso l’uso di una sonda biotinilata in grado di legare specificatamente il gruppo tiolico (SH-) della cisteina in posizione 34 dell’albumina. In caso di ossidazione tale residuo viene convertito, in modo irreversibile a sulfone (SO3) che non è più in  grado di reagire con la sonda biotinilata. In chemioluminescenza  viene valutata la quantità di  SH- marcato. Maggiore è il segnale (O.D.) minore è la quantità di SH-ossidato (Bruschi M 2009 [7] [7]) (Candiano G 2009 [8]) In soli 6 pazienti è stata valutata sui polimorfonucleati (PMN) CD16+ la produzione di perossido di idrogeno al tempo T0 e T2, utilizzando come sistema di rivelazione la diclorofluoresceina-diacetato (DCF-DA), che in presenza di perossido di idrogeno emette fluorescenza alla lunghezza d’onda di 532 nm e quindi quantificando  la produzione di ROS al citofluorimetro mediante la misura dell’emissione specifica di fluorescenza (MFI) (Figura 1 Valori del VAS nei 2 gruppi al tempo 0 e dopo 9 mesi) (Bertelli R 2010 [9] (full text)).

RISULTATI

Non si è avuto nessun effetto collaterale, mentre 9 paz. del gruppo O3 hanno riferito un netto miglioramento della cenestesi con una sensazione di benessere, di euforia e di aumentata energia nelle ore successive e spesso anche il giorno seguente. In una paziente affetta dalla sindrome delle gambe senza riposo si è avuta la scomparsa completa della sintomatologia dopo circa tre settimane di trattamento e in un paziente di a. 62, affetto da disfunzione erettile, si è verificato un netto miglioramento con ripresa della attività sessuale dopo quattro trattamenti.

Dopo 9 mesi il gruppo O3 ha avuto una riduzione del valore  della scala VAS da 7.5 ± 1.5 a 4.5 ± 1.0, mentre nel gruppo 2 non si è osservata alcuna significativa variazione, da 7.0 ± 2 a 6.5 ± 2 (Figura 2). 

Danno ossidativo

Alla fine dei due cicli in tutti i pazienti trattati non si è rilevata una variazione significativa della albumina ossidata, mentre nel gruppo di controllo l’albumina ossidata aumentava statisticamente in modo significativo (p = 0.002) (Figura 3).

La produzione di perossido di idrogeno             

I risultati hanno evidenziato nei PMN una alta produzione di ROS (3.300 MFI) all’inizio della terapia (T0)  in 3 dei pazienti trattati (50%) seguita da una consistente diminuzione nella produzione  al  T2 (-300%). Nei restanti 3 pazienti trattati e nei controlli la produzione di ROS era modesta al T0 (< 1000 MFI) con modeste variazioni al T2.Questi risultati ottenuti su un piccolo numero di pazienti dimostrano che la terapia con ozono mediante la GAET può indurre un significativo miglioramento del danno ossidativo sia pure soltanto nel 50% dei pazienti soprattutto in quelli con alta produzione di ROS. Si tratterebbe di uno squilibrio voluto in grado di attivare il sistema antiossidante intracellulare con un adattamento allo stresso ossidativo cronico (ozormesi) (Ristow M 2011 [10]). A questo studio pilota dovrebbe seguire un trial prospettico randomizzato con un appropriata numerosità.

release  1
pubblicata il  18 settembre 2013 
da GM. Ghiggeri*, G.Candiano*, M. Bruschi*, R. Bertelli*, L. Santucci*, A.Zollo**, S.Galli**, F.Ardu***, F. Cavatorta**
(** IRCCS Istituto Giannina Gaslini - Genova, *S.C. di nefrologia e dialisi Ospedale di Imperia - Asl1 imperiese, *** S.S.D. di nefrologia e dialisi Ospedale di Sanremo- Asl 1 imperiese)
Parole chiave: albumina, emodialisi, ozonoterapia
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