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Emodialisi

IL PIEDE ISCHEMICO: UNA PATOLOGIA EMERGENTE DELL’EMODIALIZZATO

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INTRODUZIONE

Il riscontro nella nostra pratica clinica quotidiana di un incremento della incidenza e prevalenza del piede ischemico nell’Emodializzato, trova riscontro in numerosi studi epidemiologici. Negli Stati Uniti il la prevelanza della Peripheral Arterial Disease (PAD) è del 4.3 % nei soggetti adulti quarantenni e raggiunge il 15% sopra i 70 anni (Selvin, 2004 [1]). Il fumo di sigaretta abituale (OR 4.46, 95% CI 2.25 to 8.84), il diabete (OR 2.71, 95% IC 1.03 to 7.12) e la malattia renale cronica (CKD) (OR 2, 95% CI 1.08 to 3.13) sono positivamente associati con la prevalenza della PAD (Selvin, 2004 [1])). Riguardo il rapporto tra PAD e CKD Studi successivi hanno mostrato che l’insufficienza renale grave, dopo il fumo di sigaretta abituale, è il fattore di rischio che più correla con la prevalenza della PAD, più del diabete stesso, dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia (Ostchega Y, 2007 [2]). Le possibilità di intervento sono molteplici: dalla prevenzione primaria e secondaria al trattamento farmacologico e fisico della disabilità deambulatoria alla rivascolarizzazione fino alla amputazione degli arti nei casi più avanzati. L’approccio a tali problematiche non è univoco ed è ovviamente legato alla manifestazione clinica, quindi allo stadio, della PAD. Negli stadi III e IV di Fontaine, gli stadi che prevedono la sintomalotogia dolorosa e le lesioni necrotiche, l’impiego dell’iloloprost sembra garantire dei buoni risultati (Kharazov AF, 2010 [3]) (Fiessinger JN, 1990 [4])  anche in associazione alla terapia chirurgica (Coppolino G, 2009 [5]). Nel nostro centro, in considerazione dell’elevata incidenza di PAD in stadio III e IV nei soggetti emodializzati, la maggior parte dei quali senza indicazione alla rivascolarizzazione angioradiologica o chirurgica, abbiamo avviato un protocollo diagnostico-terapeutico finalizzato alla risoluzione o attenuazione della sintomatologia legata al piede ischemico ricorrendo alla terapia con iloprost.

MATERIALI E METODI

Il protocollo diagnostico terapeutico è stato avviato nel gennaio 2011. Abbiamo incluso nel protocollo tutti i pazienti dializzati con manifestazioni ischemiche severe (ulcere e necrosi ischemiche) pervenuti alla nostra osservazione. Tutti i pt sono stati sottoposti ad angio TC e solo dopo aver escluso possibilità terapeutiche chirurgiche o angioradiologiche sono stati reclutati. L'iloprost deve essere impiegato sotto stretto controllo medico presso strutture ospedaliere ed ambulatori adeguatamente attrezzati. L'eventualità di una gravidanza in atto dovrà essere esclusa prima del trattamento di donne in età fertile. L'iloprost deve essere somministrato, dopo diluizione, per infusione venosa. Il dosaggio dovrà essere adattato sulla base della tollerabilità individuale del singolo paziente nell'ambito di un range di infusione compreso tra 0,5 e 2 ng di iloprost/kg/min, per la durata di 6 ore giornaliere. Il nostro protocollo prevedeva l’infusione di 1 f di Iloprost (0.5 in 250 ml di glucosata al 5%). All’inizio del trattamento si è utilizzata una velocità di 10 ml/h, aumentata dopo 30 minuti ad un massimo di 50 ml/h per pazienti con peso corporeo superiore a 75 Kg. Nei pt i dialisi il trattamento veniva effettuato nei giorni di interdialisi per 10 giorni; il ciclo veniva ripetuto dopo 20 gg. Oltre all’evoluzione delle lesioni ischemiche, è stato valutato il fabbisogno di terapia analgesica. Sono stati reclutati 8 pt, 5 M e 3 F, con età media di 70 ± 7 anni; uno dei pt era in predialisi, uno in dialisi peritoneale e 6 in HD. L’anzianità dialitica era di 40 ± 28 mesi.

RISULTATI E DISCUSSIONE

Risultati: 4 pt hanno ottenuto la guarigione completa delle lesioni, e tutti avevano completato il ciclo terapeutico. In figura 1 sono riportate le lesioni ischemiche dei pt che hanno ottenuto la guarigione delle lesioni. In fig. 2 ci sono le lesioni dei pt che non hanno abuto benefici. Due di questi 4 pt hanno interrotto il trattamento dopo 6 e 7 cicli rispettivamente per scarsa compliance. Due pt hanno eseguito solo il primo ciclo subendo entrambe l’amputazione del 5 dito. In tutti i casi si è ottenuto un miglioramento della sintomatologia dolorosa. Gli effetti collaterali erano legati alla vasodilatazione (rush, cerfalea, cardiopalmo) ed in genere sono regrediti rallentando la velocità di infusione. Dei due pazienti che hanno sopeso il trattamento, uno, che era di un altro centro dialisi, non si è più presentato dopo 7 cicli, l'altro non tollerava la cefalea ed ha rifiutato il trattamento dopo 6 somministrazioni. Nessun effetto collaterale cardiovascolare (angina, ipotensione, tachicardia) si è presentato, ed in nessun caso abbiamo dovuto sospendere un'infusione terapeutica già avviata. D'altra parte studi di farmacocinetica (Hildebrand M, 1990) hanno dimostrato che il profilo farmacocinetico dell’iloprost in pazienti con insufficienza renale (non soggetto ad emodialisi) era simile a quello osservato in pazienti con PAD senza insufficienza renale e volontari sani. In caso di emodialisi la clearance era ridotta ¼. È necessaria, in ogni caso, una titolazione personale del farmaco in base alla risposta individuale, intervenendo sulla velocità di infusione. I risultati, considernado la severità delle lesioni, sono da considerare incoraggianti. Particolarmente eclatante è il caso illustrato in figura 3, dove sono evidenti le lesioni prima del trattamento, dopo il primo ciclo e a 18 mesi dal trattamento. Osservando le lesioni dei pazienti che non hanno tratto benefici dal trattamento con iloprost (figura 2), appare evidente che le lesioni sono particolarmente avanzate. È pertanto ioptizzabile che il ritardo nell'avviamento della terapia possa aver concorso al risultato negativo. D'altra parte, alcuni autori hanno evidenziato che la gestione clinica di questi pazienti non sempre è ottimale, sia nella tempistica che nei trattamento medico. Si è visto, infatti, che la gestione medica ottimale al momento della presentazione della PAD, può ridurre in maniera significativa il rischio di amputazione o morte del pt (Chung J, 2013 [6]).

CONCLUSIONI

Anche se il numero di casi risportato è da considerare aneddotico, l'aver ottenuto un esito positivo nel 50% dei casi, considerando la gravità dei quadri clinici su cui siamo intervenuti, è da considerare incoraggiante. Non è da sottovalutare l'effetto positivo sulla sintomatologia dolorosa. Nell'ipotesi più sfavorevole, che il pt debba comunque andare incontro ad amputazione, gli effetti positivi ottenuti con la somministrazione di iloprost nel perioperatorio (Coppolino G, 2009 [5]devono incoraggiarci a continuare questa nostra esperienza.

release  1
pubblicata il  19 settembre 2013 
da E. Montagna, C. Ambrosino, M. Lefons, E. Sozzo, S. Stefanizzi, M. Napoli
(UOC Nefrologia e Dialisi. PO S. Caterina N. Galatina)
Parole chiave: dolore, emodialisi
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