Le Cure Palliative sono rivolte alla persona malata e al nucleo familiare quando la malattia di base, in evoluzione e con prognosi infausta, non risponde più ai trattamenti specifici. Riconoscono il ruolo centrale del malato nelle decisioni sulle cure, affrontandone i disagi sanitari e psicologici, sociali e spirituali, per raggiungere la migliore qualità di vita possibile, favorendone la permanenza a domicilio o in hospice.
Attraverso un questionario composto di 32 domande a risposta multipla, si indagava il “modus operandi” di medici e infermieri, impegnati nelle Strutture di Nefrologia e Dialisi Pugliesi, quando il paziente presentava breve aspettativa di vita: le decisioni di sospendere, continuare o non avviare la dialisi, le conoscenze cliniche del “fine vita”, il luogo ideale per viverla, le conoscenze sui temi delle Cure Palliative.
Hanno partecipato 30 medici e 76 infermieri di 10 Centri Dialisi della Regione Puglia.
Gli intervistati dichiaravano che il 90% dei dializzati continuava il trattamento fino al decesso in ospedale, pur se il 48% lo definiva accanimento terapeutico.
Il 55% dichiarava che sintomi e segni, dovuti alla sospensione della dialisi, non richiedevano un ricovero e che il setting ideale di cura sarebbe il domicilio (55%), l'hospice (31%) e, ultimo, l'ospedale (4%), contraddicendo il dato precedente.
Il 93% degli intervistati dichiara incompleta (73%) o nulla (20%) la formazione in Cure Palliative, non conosce i destinatari delle stesse (54%), le Direttive Anticipate (89%), la legge 38/2010 (65%), non ha mai frequentato corsi (86%) e lo stesso numero, ritiene opportuno farlo.
L’80% degli intervistati affermava che la formazione in cure palliative del personale, un’adeguata comunicazione al paziente e alla famiglia, la possibilità di un'organizzazione territoriale domiciliare e residenziale con unità dedicate, possono essere i punti chiave per cambiare l’approccio e le decisioni sul “fine vita”.
