Login




Nefrologia clinica

TRATTAMENTO CON RITUXIMAB IN PAZIENTI CON GLOMERULONEFRITI PRIMITIVE E SECONDARIE : RISPOSTA TERAPEUTICA IN SEGUITO AD UNA SINGOLA SOMMINISTRAZIONE

Questo Abstract è stato accettato come Poster. Clicca qui per visualizzare

Razionale

Il Rituximab è efficace nel trattamento di alcune glomerulonefriti primitive e patologie sistemiche con coinvolgimento renale. Solitamente viene utilizzato in più somministrazioni. Rimane ancora poco chiaro se una singola somministrazione sia sufficiente ad indurre una risposta significativa.

Casistica e Metodi

Studio retrospettivo monocentrico di 9 pazienti (M/F = 4/5; età media 57.7 ± 14.7 anni) trattati con Rituximab in mono-somministrazione (Glomerulonefrite Membranosa = 2, Vasculiti ANCA-associate = 1; Nefrite Lupica = 2; Crioglobulinemia HCV positiva = 4), tra giugno 2009 e dicembre 2012 (follow-up medio 18.9 mesi, range 2-42 mesi).

Risultati

In base alla necessità clinica e ai livelli di linfociti B CD19+, i pazienti sono stati sottoposti a terapia con Rituximab, da 1 a 4 infusioni (media 1.66). Tra 2 somministrazioni consecutive del farmaco, è trascorso un tempo medio di 13.3 mesi (range 4.46-23.56 mesi); la dose di Rituximab utilizzata è stata di 375 mg/m2, ad eccezione di un singolo paziente con crioglobulinemia tipo II (singola infusione di 1 g/m2).

La risposta al trattamento è stata dimostrata in 6 sui 9 pazienti. Dopo una somministrazione del farmaco, è stata documentata  deplezione completa dei linfociti B CD19+ in tutti i pazienti. Un incremento >5% dei CD19+ è stato riscontrato in 4 pazienti. L’andamento dei CD19+ era correlato alla recidiva della malattia di base in 2 di questi 4 pazienti.

Due pazienti hanno sviluppato polmonite nella settimana seguente la somministrazione; in un paziente è stato osservato un episodio sincopale due settimane dopo l’infusione di Rituximab.

Conclusioni

Il Rituximab è un’efficace alternativa terapeutica nelle glomerulonefriti primitive e secondarie. In base alla nostra limitata esperienza, la deplezione dei linfociti B CD19+ non sempre è criterio sufficiente per predire la risposta al trattamento e le eventuali recidive.

L. Del Vecchio1, D. Casartelli1, I. Guarnori2, M. Bigi1, M. Corti1, M. Limardo1, S. Longhi1, G. Pontoriero1, F. Locatelli1
(1) Divisione di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale 2) Medicina Trasfusionale Ospedale Alessandro Manzoni, Lecco)
Non sono presenti commenti
Figure
Realizzazione: Tesi S.p.A.

Per assistenza contattare: Lucia Piumetto, Tesi S.p.A.
0172 476301 — lucia.piumetto@gruppotesi.com