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AKI e Trattamenti depurativi di area critica

Analisi monocentrica retrospettiva del danno renale acuto (AKI) intraospedaliero con necessità dialitica distribuito tra Terapia Intensiva (TI) e non Intensiva (non-TI)

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Introduzione e scopi

Il danno renale acuto (AKI) intraospedaliero complica fino al 20% dei ricoveri ed è causa frequente di morbidità e mortalità (Goldstein SL). In particolare, quando è necessario avviare la dialisi (AKI-D), si osserva un aumento considerevole della degenza media e dell'incidenza di altro danno d'organo nonché una ulteriore riduzione della sopravvivenza (Hoste EA). I pazienti con AKI-D appartengono all'area critica e la maggior parte di essi è ricoverata in terapia intensiva (TI); tuttavia vi è una proporzione clinicamente rilevante di tali pazienti gestiti al di fuori delle TI (pazienti AKI-D non-TI) su cui vi sono pochi dati in letteratura. In questo studio si è provveduto a quantificare la prevalenza dell'AKI-D non TI all'interno del Presidio Ospedaliero Molinette di Torino, ad analizzarne le cause dell'AKI e identificarne gli outcome.

Metodi

Sono stati analizzati in modo retrospettivo i dati delle cartelle dialitiche di tutti i pazienti ricoverati nel periodo 2010-2012 presso il nostro centro. I pazienti sono stati suddivisi in base alla tipologia di reparto di degenza (TI vs non-TI), si è quindi provveduto ad analizzare i casi di AKI indagando le caratterisstice dei pazienti, la causa del danno renale,la mortalità e la funzione renale alla dimissione.

Risultati

Abbiamo identificato 423 pazienti con AKI (4.242 dialisi). Di questi 301 (71%) sono stati gestiti in TI e 122 (29%) in degenza ordinaria (di cui 28 in gestione mista). Si sono verificati 219 decessi (51.6% del totale, 55.9% dei pazienti TI, 40.2% non-TI, p<0.05); 159 pazienti hanno recuperato una funzione renale almeno parzialmente e sono stati svezzati dalla dialisi (37.8% del totale, TI 37.7%, non-TI 38.5%, p=0.8); 47 pazienti hanno sviluppato una progressione verso l'insufficienza renale cronica con necesstità dialitica (10.6% del totale, TI 6.4%, non-TI 21.3% p=0.05). I pazienti non-TI avevano in media 66.7 anni (SD 7.3), il 64.7% era maschio, il 55,7% aveva GFR<60ml/min all'ingrsesso, il 7.4% era portatore di trapianto renale; sono stati gestiti mediamente da 1.4 reparti (intervallo 1-7, esclusa sala dialisi) con 176 ricoveri (60 chirurgia, 84 medicina, 32 nefrologia). A differenza dei pazienti TI in cui sepsi e cardiochirurgia causano >50% delle AKI, nei non-TI le cause sono eterogenee: 15.7% da NTA postchirurgica, 13.1% urologica, 12.3% cardiorenale, 12.3% sepsi, 9% epatorenale, 5,6% mieloma, 5,6% glomerulare, 3.3% rigetto di trapianto renale.

Conclusioni

I pazienti con AKI-D non-TI, pur mostrando una minor mortalità dei pazienti gestiti in TI testimone della loro minor criticità, sono comunque esposti a una mortalità considerevole (>40%). Pertanto, sebbene si tenda ad associare l’AKI alla TI, esiste una popolazione rilevante di pazienti sub-critici. In tali pazienti si registra una elevata tendenza allo sviluppo di IRC terminale verosimilmente a causa della complessità ed eterogeneità delle cause di AKI; vi è pertanto necessità di impostare percorsi specifici di follow up dedicati a questa tipologia di pazienti.

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pubblicata il  14 settembre 2013 
da Sergio Dellepiane, Vincenzo Cantaluppi, Sara Barbiero, Alberto Boido, Ilenia Merlo, Alessandro D. Quercia, Massimo Gai, Gianluca Leonardi, Cesare Guarena, Patrizia Anania, Giuseppe P. Segoloni, Luigi Biancone
(SCU Nefrologia, Dialisi e Trapianto - Università di Torino- Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino sede "Molinette" - Torino)
Parole chiave: danno renale acuto, emodialisi, insufficienza renale acuta, mortalità intraospedaliera, sepsi
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